24 dicembre 2021

“Admirabile signum. Il presepe tra arte antica e contemporanea” a Fondazione Carispezia, La Spezia

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La mostra 'Admirabile signum. Il presepe tra arte antica e contemporanea', promossa da Fondazione Carispezia, unisce Presepi genovesi del Settecento e creazioni contemporanee di Roberto Almagno, Maria Lai, Marco Lodola, Fausto Melotti, Michelangelo Pistoletto e Guido Strazza (fino al 30 gennaio). Ne abbiamo parlato con Lara Conte e Alberto Salvadori, curatori della mostra

Fondazione Carispezia, Marco Lodola

A La Spezia, nei propri spazi espositivi di via D. Chiodo 36, Fondazione Carispezia presenta la mostra “Admirabile signum. Il presepe tra arte antica e contemporanea”, a cura di Lara Conte e Alberto Salvadori.

«La mostra – ha spiegato la Fondazione – mette in relazione importanti esemplari di presepe di produzione genovese e lombarda del XVIII secolo con un nucleo di opere e installazioni contemporanee, creando un ponte tra presente e passato, tra figurazione ed evocazione. Attraverso media e linguaggi diversi, nel corso del XX secolo e nella contemporaneità gli artisti hanno continuato a confrontarsi con uno dei temi maggiormente rappresentati nella storia dell’arte occidentale, fornendone interpretazioni che vanno oltre l’iconografia e la dimensione figurativa tradizionale. Accanto ai presepi settecenteschi il visitatore troverà creazioni di Roberto Almagno, Maria Lai, Marco Lodola, Fausto Melotti, Michelangelo Pistoletto e Guido Strazza».

Guido Strazza, Presepe blu notte  (installation view)

Le parole di Lara Conte e Alberto Salvadori, curatori della mostra

Come è nato il progetto che unisce la produzione storica del presepe e quella più contemporanea? Con quali aspetti della tradizione dialogano maggiormente i lavori contemporanei? 

«La mostra “Admirabile Signum. Il presepe tra arte antica e contemporanea” è nata da un’idea di Emanuele Martera, che ha coordinato l’immagine e l’allestimento, ed è stata da noi curata lavorando alla costruzione del percorso espositivo per la parte relativa all’arte antica in dialogo con Simonetta Maione e Giulio Sommariva, con il contributo di Andrea Marmori.
La mostra ripercorre la storia e il significato del presepe attraverso la visone di artisti che nel corso dei secoli, dall’antichità all’epoca contemporanea, si sono confrontanti con questo tema. Dal primo presepe allestito a Greccio nel 1223 – la cui realizzazione è attribuita a San Francesco d’Assisi – ogni anno a Natale si rivive la tradizione occidentale di allestire la scena della natività come incontro con il divino nella povertà, come momento di resistenza e di forza interiore nella rinascita spogliata dalla ricchezza, come miracoloso calato nella quotidianità. Creando un ponte tra passato e presente – tra figurazione e astrazione – l’esposizione articola un percorso di luce e di spiritualità, di poesia ed evocazione».

Roberto Almagno, Presepe foresta, 2001 (installation view)
Come sono stati selezionati i presepi esposti, da dove provengono e come sono stati posti in relazione, in mostra, presepi storici e contemporanei? 

«L’esposizione mette in relazione prestigiosi esemplari della tradizione del presepio genovese e di produzione lombarda del XVIII secolo, con un nucleo di opere e installazioni contemporanee. I Musei civici genovesi conservano importanti nuclei di figure da presepe, databili fra fine Seicento e prima metà dell’Ottocento, provenienti da collezioni aristocratiche e altoborghesi. La messa a disposizione di tale patrimonio, proveniente appunto dal sistema museale della città, è occasione per mettere in luce una tradizione artistica di cui la Liguria è stata officina primaria. Il Museo Giannettino Luxoro custodisce alcuni tra i più straordinari esempi di quest’arte: la raggiunta disponibilità al prestito di un consistente numero di opere, arricchite dalle scenografie a “cartelami” realizzate appositamente dagli allievi dell’Accademia Ligustica di Belle Arti, rende ancora più preziosa la possibilità di mostrarne una ragionata silloge, che include uno straordinario presepe settecentesco a sagome dipinte su carta di produzione lombarda. Per la parte relativa all’arte contemporanea abbiamo selezionato opere e installazioni di artisti che si sono confrontati in epoche diverse e con linguaggi diversi con il tema del Presepe e della natività. Il nostro attraversamento oltre i media e i linguaggi, ha coinvolto protagonisti cruciali dell’arte del XX secolo, come Maria Lai, Fausto Melotti e Michelangelo Pistoletto. Grazie alla collaborazione con il Museo Internazionale del Presepio “Vanni Scheiwiller” di è stato possibile arricchire il percorso della mostra con il Presepe foresta di Roberto Almagno e con il Presepe blu notte di Guido Strazza. È stata inoltre commissionata a Marco Lodola un’installazione luminosa installata all’ingresso della Fondazione Carispezia». 

Presepi genovesi, XVIII sec.
Come è articolato il percorso espositivo? Quali tecniche e materiali è possibile incontrare?

«Il percorso si articola in sale tematiche che vaporizzano il rigido ordinamento cronologico. Abbiamo pensato a ogni sala come a uno scrigno prezioso, che possa coinvolgere il visitatore in una differente atmosfera, incontrando forme espressive diverse, in una moltiplicazione di linguaggi, materiali e formati. Le filiformi creazioni metalliche di Melotti attivano, ad esempio, un dialogo intenso con il Paesaggio (1965) di Pistoletto facente parte della serie degli Oggetti in meno. Per Melotti la dimensione del presepe e del Natale così poco monumentale è anche l’unico modo di raccontare le vicende personali e il tema universale della natività senza retorica. Si rabbrividisce e ci si commuove di fronte a una raffigurazione così semplice del dolore e della gioia. “Mago Melotti” (così lo chiamava Lisa Ponti) è capace di riacciuffare in ogni istante la leggerezza. Il Paesaggio di Pistoletto è definito dall’artista come “l’ultimo presepe”. Si tratta di una piccola opera di cartone e carta colorata, materiali che danno vita a un paesaggio montano, dove sono posizionate statuine di gesso che raffigurano pastori e pecore. L’artista connette la realizzazione di questo Oggetto in meno al suo desiderio di realizzare qualcosa con la carta; un desiderio che gli ricorda un’azione compiuta nell’infanzia con il padre, quando insieme allestivano il presepe. Sulla scia di quel ricordo l’artista recupera alcune statuine di gesso dell’infanzia che aveva conservato e le inserisce nel suo paesaggio di carta, esplorando una relazione con l’oggetto e con i materiali oltre il sentimento religioso, come momento di vita e memoria che dà vita a quello che lui stesso definisce “l’ultimo presepe”». 

Maria Lai, Presepio 1956-2006
Potete farci un paio di esempi di lavori esposti particolarmente significativi in questo contesto?

«Nucleo centrale della mostra è la sala dedicata ai Presepi di Maria Lai. Durante la sua lunga vicenda creativa, l’artista sarda ha fatto della natività uno dei temi centrali della sua ricerca, reinterpretandola con materie diverse, come stoffe, sabbia, pane, pietre e terracotta, tra favola ed epica, nella relazione continua tra terra e cielo. Ogni suo presepe, realizzato esplorando antiche tradizioni artigianali e l’essenza di materiali poveri, costituisce l’avvicinamento al sacro come manifestazione di rinascita e rigenerazione. In mostra prende vita un percorso che attiva lo stupore infantile ed esplora la dimensione della favola e del sogno, svelando un senso di miracoloso calato nella quotidianità. “Amo il presepe” – raccontava l’artista – “come esperienza di qualcosa che, più ne indago l’inesprimibile, più trovo verità, più divento infantile e ingenua, e più rinasco. Amo il presepe perché ci raccoglie intorno alla speranza di un mondo nuovo. Amo il presepio perché si propone a tutti i linguaggi del mondo e come l’arte anche il presepe ha la possibilità di infinite interpretazioni personali”.
Il presepe costituisce per Lai l’immediata connessione tra la dimensione del sacro e quella delle origini, dell’identità, della nascita. Lai del resto diceva esplicitamente che nei suoi lavori “l’uomo di tutti i tempi guarda alla propria vita interrogandosi sul mistero del prima e del dopo. Come un bambino gioca, inventa, propone, dà voce ai fantasmi che popolano la sua ansia di assoluto. Nella vastità del viaggio nascono le religioni e le ragioni dell’arte”. Il presepe nella sua genesi e rappresentazione rimanda concretamente ad un’idea di sacro che si colloca nel principio della condivisione – principio vicino ai temi fondanti l’umanità, che supera i precetti e l’osservanza delle grandi religioni immergendoci nella dimensione della spiritualità, tanto cara all’artista.
Una sala di forte coinvolgimento per il visitatore è inoltre quella dedicata al Presepe foresta di Roberto Almagno. La sua scultura di Almagno nasce in continuità con la spiritualità della natura. Nei boschi l’artista sceglie i rami di legno che poi lavora con il fuoco e l’acqua, levigandoli e incurvandoli sino a ottenere forme essenziali e sinuose, che come un disegno ritmano lo spazio, danzano nell’aria quasi a infondere la loro musicalità all’ambiente. Per Almagno la scultura è un “lento esercizio di meditazione”, una pratica solitaria, lontana dalle mode e dalle tendenze». 

Fausto Melotti, Presepe, 1972

 

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