02 dicembre 2022

Armin Linke, Image Capital – Fondazione MAST

di

Una visione allargata della fotografia e dei suoi valori: al MAST di Bologna, va in scena una mostra che approfondisce la complessa ricerca di Armin Linke sullo statuto dell’immagine

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Armin Linke, Kunsthistorisches Institut in Florenz – Max-Planck-Institut, Fototeca, Firenze, Italia, 2018. Courtesy: l'artista e Vistamare Milano/Pescara

L’occasione per una riflessione sull’opera di Armin Linke nasce dalla mostra in corso dell’artista pensata in tandem con la studiosa Estelle Baschke al MAST di Bologna, intitolata “IMAGE CAPITAL” e curata da Francesco Zanot. È una mostra da vedere in prospettiva e mettere in relazione con le mostre di Linke dell’ultimo torno d’anni. Infatti, come queste, ruota attorno a una problematica vasta e complessa, di cui la fotografia è un elemento all’interno di un sistema stratificato. Per questo parlo di visione allargata della fotografia, in quanto strumento attraverso cui documentare una rete di relazioni sociali, economiche, politiche, culturali in cui il mondo è organizzato. Pertanto la fotografia viene interpretata in quanto tassello fondamentale della tecnologia dell’informazione, Linke la chiama anche “prova” commentando le fotografie strumentali al processo di Norimberga di Ando Gilardi.

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Pubblicità Kodak per il Recordak Miracode System, 1966. George Eastman House, Legacy Collection

Ma credo che questa definizione possa essere un riferimento guida in generale per la pratica di Linke. Vi è nell’artista una fiducia nella funzione di documentazione della fotografia che risale alle figure di riferimento della sua formazione milanese: oltre a Gilardi, il suo “maestro” Enzo Nocera, il fotografo e curatore Cesare Colombo e infine il fotogiornalista Federico Patellani, tutti esponenti di spicco di una fotografia intesa in senso documentario e anche di denuncia sociale, dove spesso la fotografia veniva unita alla didascalia, che contestualizzava in senso spazio-temporale e critico la stessa.

A oggi quindi la mostra “IMAGE CAPITAL” possiamo intenderla come punto d’arrivo di una pratica iniziata negli anni Novanta e che negli ultimi anni ha prodotto delle mostre complesse e affascinanti. “IMAGE CAPITAL” ruota attorno ai significati dell’immagine e in primo luogo al suo valore economico (Currency), in quanto l’informazione visiva è un valore strumentale a vari usi tecnologici, industriali, geopolitici, commerciali, scientifici, culturali. Maggiore è il grado di dettaglio con cui si restituisce l’oggetto dato da una tecnologia altamente sofisticata attraverso la lettura in rete dei dati, l’intelligenza artificiale, la robotica, più alto sarà il valore dell’immagine.

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Armin Linke, CERN, Large Hadron Collider (LHC), Ginevra, Svizzera, 2019. Courtesy: l’artista e Vistamare Milano/Pescara

Di fatto si passa da una più tradizionale, e tuttavia indispensabile, lettura del passato ad uno strumento visuale che è in grado di determinare le scelte industriali, commerciali e strategiche del futuro. Questa sezione chiamata “Mining” (estrarre) fa riferimento all’estrazione di informazioni basate sulle moderne “machine learning” e la cosiddetta “fotografia computazionale”.

Le altre sezioni della mostra sono: “Memory” per la sua classica e primaria funzione di memoria, la sua capacità di raccogliere ed immagazzinare informazioni viene restituita attraverso l’illustrazione di archivi e grandi data-center con stoccaggi enormi di immagini come quello di Iron Mountain, Boyers (PA), USA (2018).

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Fortune Magazine, vol. 62, no. 3, Settembre 1960. Courtesy: Estelle Blaschke & Armin Linke

Fondamentale è anche “l’Accesso” alle informazioni dove si affronta il problema dell’archiviazione, indicizzazione e reperimento delle immagini quindi proprio i server, l’hardware e il software che processa e immagazzina le immagini costituendo oggi un ecosistema digitale che scandaglia le risorse. Esemplare in questo senso è la fotografia dell’Hadron Collider (LHC), cablaggio, CERN di Ginevra (2019). Di seguito, la “Protezione” dei dati è un problema di grande attualità e ancora comprende i siti fisici dove le immagini sono conservate. Infine “Imaging” riguarda la visualizzazione dei dati, la loro registrazione e restituzione. Le informazioni possono servire ancora a fini industriali e ingegneristici, ma anche scientifici e tecnologici. Si tratta della mappatura attraverso la fotografia aerea come delle particelle in fisica, che porta alle pratiche sofisticate del rendering e della modellazione 3D.

Linke quindi opera come un ricercatore dei vasti campi gnoseologici e esperienziali della nostra contemporaneità, vista anche in una prospettiva storica, affiancato da studiosi e ricercatori, che egli stesso chiama in causa attraverso collaborazioni, interviste, percorsi paralleli all’immagine fotografica e video. L’immagine insomma accompagna le narrazioni filosofiche, storiche, antropologiche, scientifiche degli specialisti e quindi illustra, mette in evidenza, sottolinea e rende visibile tematiche complesse e stratificate e luoghi spesso inaccessibili ai più.

Armin Linke, Ter Laak Orchids, linea di produzione delle orchidee, Wateringen, Paesi Bassi, 2021. Courtesy: l’artista e Vistamare Milano/Pescara

Due sono i progetti importanti che Linke ha portato avanti negli ultimi anni. Uno si riferisce a una mostra che poi è approdata anche al MAST, alla IV Biennale di Fotografia dell’Industria e del Lavoro del 2019, intitolata “Prospecting Ocean”, curata da Stefanie Hessler e che è stata mostrata per la prima volta a Venezia nel 2018 presso l’Istituto di Scienza Marine del Consiglio Nazionale delle Ricerche su commissione della TBAZI Academy e che ho visto anche alla Biennale di Istanbul del 2019 curata da Nicolas Bourriaud in una location magica, a Yrmiüç Nisan nell’isola di Büyükada sul Bosforo. La mostra bolognese era collocata nella maestosa Biblioteca Universitaria dei Musei Universitari, a Palazzo Poggi di Bologna, ed era arricchita da videoinstallazioni, immagini, testi, pubblicazioni storico-scientifiche in collaborazione con la Biblioteca e un team di scienziati del CNR-ISMAR (Istituto di Scienze Marine).

Il progetto si riferisce alla problematica ecologica degli scavi marini e oceanici, in particolare allo sfruttamento delle risorse oceaniche messe in relazione con il quadro normativo antico (partendo dal trattato “Mare Liberum” del 1609 di Huig de Groot) e contemporaneo disatteso dai feroci appetiti degli stati e delle multinazionali. Inoltre si fa riferimento a ricerche scientifiche che hanno analizzato i gravi danni prodotti dallo sfruttamento sui fondali marini. Si documentano anche gli sforzi di resistenza allo sfruttamento minerario degli attivisti in Papua Nuova Guinea. Infine si riportano le nuove frontiere della ricerca computazionale che analizza i ghiacci e gli oceani (CRIOS).

Questi sono alcuni degli esempi degli argomenti del progetto. Infatti mappe e trattati storici completano la ricerca, con l’inclusione anche dello scienziato, collezionista e fondatore della moderna oceanografia, il generale bolognese Luigi Ferdinando Marsili. La ricerca di Linke scandaglia ed illustra i molteplici aspetti che ruotano attorno alle problematiche relative all’idrosfera globale, ma mostra anche i limiti delle immagini tecnocratiche e quelli dell’informazione sugli oceani guidate dagli interessi geopolitici complessi in gioco nella contemporaneità.

Fotografo sconosciuto, deposito sotterraneo della Recordak a Iron Mountain, Boyers (PA), 1964. Università di Rochester, Libri Rari, Collezioni Speciali e Conservazione (RBSCP), Kodak Historical Collection

Il secondo progetto, che vorrei brevemente illustrare, ha vinto il concorso dell’Italian Council nel 2019, presentato dal Museo della Fotografia Contemporanea di Cinisello Balsamo, a cura di Matteo Balduzzi, il cui catalogo è intitolato “Modalities of photography”. In questo caso, al centro è l’imponente archivio di fotografie dell’artista stesso, in dialogo con gli archivi di Cinisello Balsamo, l’archivio fotografico riguardante la storia dell’arte del Kunsthistorisches Institut di Firenze e l’IGMI – Italian Geographic Military Institute di Firenze. Qui Linke ha messo in relazione storici, archivisti, curatori con dialoghi, interviste e performance dove gli specialisti venivano chiamati a operare delle scelte nell’archivio personale dell’artista, per metterlo in relazione con i loro archivi di riferimento.

Il tema dell’archivio è centrale in un’epoca di moltiplicazione infinita di immagini: come conservare, catalogare e indicizzare, rendere fruibile un archivio e il suo ordine ha diverse implicazioni estetiche, storiche, culturali e scientifiche. Riguarda come sistemiamo l’immagine del mondo – il sapere – e implica non solo una visione ma anche questioni di potere, come sappiamo già da Foucault e dalla critica istituzionale in poi. Il tema dell’archivio quindi solleva la questione di apporre un sistema di valori, ma anche come questi sono interpretati dai pubblici che accedono alle fonti. Questo progetto mostrava nell’illustrazione del sistema dell’archivio, con esempi che andavano ben al di là dei partner del progetto, sia l’attitudine riflessiva e autocritica dell’artista, sia l’ampiezza della ricerca sistematica sullo scibile umano e ambientale di Armin Linke attraverso la fondazione di una nuova ecologia dell’immagine.

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