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Ascoltare vuole dire riconoscersi: la mostra di Fabrizio Dusi a Brescia
Mostre
Le parole da usare e le parole da ascoltare. Dialogo, attenzione ecura sono i temi al centro della nuova mostra, Le parole degli altri di Fabrizio Dusi a Brescia, a Palazzo Martinengo di Villagana di BPER Banca fino all’11 gennaio 2026.
Installazioni e neon, bassorilievi e sculture per riflettere su come comunichiamo oggi. Secondo l’artista spesso si affastellano le parole senza capirsi. Ce lo raccontano i suoi personaggi iconici che si ripetono in quasi tutte le sue opere: uomini con la bocca aperta in cerca di farsi sentire per dire la loro, a volte urlano, e talvolta invece guardandosi in faccia si spiegano. Per Dusi il linguaggio è strumento di comunicazione, ma anche identità. E così accogliere le parole degli altri diventa atto di cura e attenzione al mondo che ci circonda.

Da qui prende forma la trama dell’esposizione dove spiccano due opere centrali: la Torre di Babele e l’Annunciazione. La prima racconta l’intreccio dei linguaggi e qui l’impossibilità di comprendersi, ma suggerisce anche un ribaltamento del mito perché in realtà ora il multilinguismo è una risorsa, l’incontro di culture. La seconda è l’irrompere della parola possibilità di scelta. Materiali diversi – neon, ceramica, legno, coperte isotermiche sono i suoi mezzi espressivi per raccontare.

L’inizio del percorso è l’opera All that glitters is not gold sullo scalone d’onore del palazzo che accoglie il visitatore, un monito contro la seduzione del linguaggio spettacolare. Le parole possono ammaliare senza dire. Si sale al primo piano e si trova un quadro con una figura immersa nella folla, con la scritta Ascoltami sulla maglietta. Poi arriva la grande installazione in ceramica sulla Torre di Babele colta nel momento della rottura comunicativa. Personaggi su più livelli, scritte in lingue diverse: l’umanità smette di comprendersi.

Eppure, Dusi restituisce il racconto della Torre di Babele come possibilità. «Una decina di personaggi disposti su più livelli, con magliette con scritte in lingue diverse, restituiscono l’istante esatto in cui l’umanità ha smesso di capirsi», spiega. «La molteplicità linguistica, se rifiutata, diventa incomunicabilità. Ma quella punizione che Dio ha inflitto con forza alla superbia umana è in realtà una occasione di relazione. Nella molteplicità delle lingue, delle visioni, delle culture, si apre la possibilità di un nuovo ascolto reciproco, forse meno immediato, ma più consapevole».

Con l’opera It’s time to make a decision c’è una reinterpretazione contemporanea dell’Annunciazione perché con questa frase Maria diventa soggetto. Fa riferimento al saggio di Michela Murgia Ave Mary. E la chiesa inventò la donna (2011), che propone una lettura alternativa della figura di Maria di Nazareth, rendendola protagonista del suo stesso destino.

Il tema del linguaggio come ponte tra individui e culture si intreccia con la missione della Galleria BPER, che promuove la trasmissione del sapere e la crescita personale come educazione civile.












