20 aprile 2023

Cavea Marini: il primo spazio nel cuore di Milano dedicato al Ceppo di Gré® e al Nuvolato di Gré

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Con l’idea di creare cultura con e attraverso la pietra, Cavea Marini inaugura il suo spazio per l’arte, l’architettura e il design con Francesca Piovesan, artista che da anni misura e registra con la propria pelle il mondo esterno

Eco, Francesca Piovesan. Blocco, Cavea Marini, Milano

Cavea Marini porta nel cuore di Milano, a pochi passi dal Duomo (Via Alberico Albricci 1 –  Missori) uno spazio nuovo, interamente dedicato al Ceppo di Gré® e al Nuvolato di Gré, disegnato dall’architetto Giorgio Rava, sotto la direzione artistica di Sabino Maria Frassà e con la collaborazione con CRAMUM. 

«La Lombardia è stato il primo mercato della nostra cava. Milano racconta ed è raccontata dal Ceppo di Gré. Apriamo questo spazio a Milano con l’idea di creare cultura con e attraverso la pietra: da una collezione di opere d’arte realizzate ad hoc, al cibo, all’architettura. Oggi più che mai è importante creare contenuti di qualità e noi vogliamo fare la nostra parte in dialogo con la città», ha dichiarato Giulio Marini, Amministratore Delegato della Marini Marmi. 

Marini Marmi

Dall’analogia tra le pietre della Marini Marmi e l’epidermide umana impiegata nel lavoro di Francesca Piovesan, è lei l’artista scelta per inaugurare questa nuova dimensione piena di arte, architettura e design. Francesca Piovesan utilizza il corpo come strumento di conoscenza e decodificazione della realtà per misurare e registrare con la propria pelle il mondo esterno: i suoi lavori non rappresentano mai la realtà, sono essi stessi scorci di realtà. Nelle sue opere c’è il suo corpo: i grassi e i sali minerali dell’epidermide, reagendo con i sali d’argento, danno vita a opere fotografiche (off-camera, ovvero senza l’ausilio della macchina fotografica).

Eco, Francesca Piovesan. Blocco, Cavea Marini, Milano

Nello spazio di Cavea Marini Piovesan presenta, sull’installazione Blocco, un cubo-lavabo disegnato dall’architetto Rava, Piovesan presenta alcune opere scultoree della serie Eco, realizzate per l’occasione con la pietra Ceppo di Grè spazzolata. L’artista ha scelto di impiegare questa pietra perché costituisce lo strato esterno della montagna, che custodisce, come lo fa la nostra pelle, un contenuto prezioso: il Ceppo è così inteso come la pelle della montagna, quel sottile strato che unisce il mondo esterno alle viscere della Terra, al Nuvolato di Grè. Non a caso la finitura scelta è stata la pietra spazzolata, che rende il ceppo poroso, come se fosse segnato da rughe e pieghe epidermiche. Questo ciclo di opere nasce dalla serie Specchianti, con cui Piovesan ha catturato le impronte del proprio corpo su vetri che venivano poi specchiati. L’attenzione, a Cavea Marini, è indirizzata alla pelle come strumento di difesa dal mondo esterno. Il titolo, Eco, si ispira al mito della Ninfa Eco che si consumò per l’amore non corrisposto nei confronti del bellissimo Narciso. Tale fu il dolore che di lei rimasero solamente la voce e le ossa pietrificate. Gli specchi, impressi del corpo di Francesca, sono posti all’interno della corazza realizzata in ceppo di Grè, dando forma a un’eco infinita di caleidoscopici riflessi. 

Aniconico, Francesca Piovesan. Figura intera 13032023. Blocco, Cavea Marini

Sulle pareti sono esposti due lavori, i più grandi mai realizzati, della serie Aniconico: sono mosaici in pietra o impronte del corpo dell’artista? L’allestimento restituisce la sensazione, e la visione di un corpo unico. Anche se la fisionomia umana, in questo ciclo, non è mai riconoscibile nella sua soggettività: riusciamo a scorgere nell’opera frammenti di una figura umana, ma non comprendiamo chi sia, nelle opere di Cavea marini Piovesan cattura in e attraverso essi la propria figura intera. Gli apparenti mosaici di corpo derivano dalla mappatura del corpo realizzata attraverso il contatto tra la pelle e il nastro adesivo. Il corpo di ri-composizioni geometriche è universale e non riconoscibile per richiamare e tendere un nuovo ordine trascendente. 

Sia il mosaico che lo specchio si offrono a noi come strumenti di reiterazione e riconoscimento: tante sono le suggestioni quante le interpretazioni, la certezza è che nessuna opera sia risolutiva ma anzi, un invito a continuare a conoscersi, a scoprirsi, a migliorarsi. Piovesan usa la sua pelle per raccontare l’universalità a cui tendiamo, nella gioia e nel dolore che sublimiamo. Lo fa perché il silenzio lasci posto anche solo a un po’ di voce, di fiato, di cuore, in cui trovare riparo e protezione. 

Eco, Francesca Piovesan. Blocco, Cavea Marini, Milano

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