19 marzo 2023

Da Quartz Studio “Potential for a wish (as yet unmade)” di Scott Myles

di

Fino al 22 aprile
Quartz, di Francesca Referza, presenta al pubblico la personale site specific dell'artista scozzese Scott Myles

Scott Myles, Potential for a Wish (as yet unmade). Quartz Studio, Torino

Fino al prossimo 22 aprile a Torino, presso lo spazio espositivo di Quartz Studio di Francesca Referza, è proposta al pubblico una mostra personale di Scott Myles (Dundee, Uk, 1975) dal titolo Potential for a wish (as yet unmade). La mostra presenta un’installazione site specific realizzata dall’artista appositamente per Quartz; un’opera su carta di grandi dimensioni ed alcune piccole opere a parete tra pittura, lavoro concettuale e intervento gestuale.

Scott Myles è un’artista con alle spalle un’ampia esperienza espositiva. Vive e lavora a Glasgow, nel Regno Unito ma, come testimoniano le opere esposte in mostra, vive molto da vicino l’ambiente artistico statunitense, con tutto il suo carico di ricchezze, fascino, glamour e contraddizioni. Myles lavora ricorrendo a vari media espressivi, che vanno dalla pittura alla scultura, alla serigrafia, fino alla realizzazione di opere site specific e veri e propri libri d’arte. Ma qualsiasi sia il medium prescelto al centro del suo lavoro è sempre la dimensione del gesto: in qualche modo, ogni volta diverso, l’opera rimanda sempre a una sorta di azione performativa collocata temporalmente prima dell’esposizione vere e propria, attingendo nel contempo ad un variegato vocabolario storico-artistico. Le opere sono infatti sempre pensate e realizzate utilizzando tecniche o suggestioni di vario tipo che rimandano alla storia dell’arte contemporanea, fin dai suoi albori negli anni sessanta e settanta, senza disdegnare la tradizione orientale, in particolar modo giapponese.

Scott Myles, Potential for a Wish (as yet unmade). Quartz Studio, Torino

L’aspetto critico rispetto all’artworld statunitense, e in più in generale l’attenzione alla dialettica non sempre virtuosa tra mercato nel senso stretto e finanziario del termine e progettazione artistica concettualmente rilevante, emerge forse in modo particolare dalle piccole opere a parete realizzate utilizzando reali dollari e quarti di dollaro. Il denaro è “operato”, per così dire, dall’artista sovrapponendo ampie pennellate di colore, volutamente disordinate, oppure letteralmente sottoponendo le monete a una sorta di schiacciamento, fino a farle apparire come quelle usate dai ragazzini ribelli, che osano sfidare il tempo e la fortuna lanciando monetine sotto le rotaie dei treni in corsa. Alla fine del procedimento, i dollari sono colorati con grandi gesti improvvisi e inquieti, le monete appaiono irriconoscibili. Il denaro torna così, dalla sua dimensione reificata di scambio e di valore sempre traslato al di là di se stesso, ad una qualità oggettuale e fisica che ne rivela l’essenziale inconsistenza. I soldi, in parole povere, tornano ad apparire per quello che sono: oggetti comunque potenzio inflativi,  cui si attribuisce un valore che non riposa in loro stessi. Nella dimensione artistica ed espositiva, però, il valore di quegli stessi oggetti, però paradossalmente si moltiplica in modo esponenziale, andando ben oltre il singolo dollaro o quartino, trasfigurandoli e creando un vero e proprio sfasamento concettuale che induce alla riflessione. 

Scott Myles, Potential for a Wish (as yet unmade). Quartz Studio, Torino

In mostra, l’opera che più salta agli occhi è forse il lavoro site specific dal titolo Rope, realizzato in sei tele. Si tratta di un lavoro concepito come potenzialmente modulare, adattabile quindi a spazi potenzialmente sempre diversi e infinitamente variabili. L’opera rappresenta una corda vista talmente da vicino da essere ridotta alla sua struttura portante di movimento a spirale. Simile alla colonna continua di Brancusi, ma evocando anche le fughe del primo Cattelan al Castello di Rivara nei primissimi anni ‘90, l’opera si presta ha letture molteplici e sovrapposte. Da un lato è in gioco il tema della fuga, che si declina in una ironica presa in giro dell’artworld ma, dall’altro, l’immagine della corda rimanda a una potenziale situazione drammatica e depressiva.  Il titolo dell’opera, Rope, è lo stesso di un film di Hitchcock del 1948,  noto in Italia con il titolo di Nodo alla gola. Nel film due universitari uccidevano un giovane collega, esercitando poi una sorta di fascinazione nietzschiana e delirio di onnipotenza nei confronti degli invitati a un macabro cocktail casalingo. Il film si svolgeva interamente in un interno ed era realizzato con una telecamera continua, seguendo così visivamente, nella ripresa, l’andamento continua a spirale della corda. Qualcosa di analogo capita con questo lavoro di Scott Myles: la corda ha in sé insieme il senso dell’ironia, della continuità e il rimando a realtà indicibili e scottanti.

Scott Myles, Potential for a Wish (as yet unmade). Quartz Studio, Torino

L’allestimento si completa poi con un’opera pittorica e una a parete realizzata totalmente in carta, che rappresenta una macchina lanciata in una folle corsa, o meglio la traccia visiva che un veicolo velocissimo lascia nella memoria retinica di chi lo vede sfrecciare. Anche qui la simbologia è chiara ed espressa con tratti rapidi di pensiero più ancora che di colore. E il colore, infatti, appare un arancione fin troppo vivace ed uniforme, con l’eccezione di due tondi bianchi che rappresentano le ruote dell’automobile in corsa.

La mostra, apparentemente di semplice lettura, si rivela così altamente complessa dal punto di vista concettuale e della costruzione del pensiero che soggiace ogni singola opera.

Scott Myles, Potential for a Wish (as yet unmade). Quartz Studio, Torino

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