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Del piacere o del bisogno della pittura: Marcia Hafif alla Galleria Tiziana Di Caro
Mostre
La Galleria Tiziana Di Caro ospita la prima mostra personale di Marcia Hafif a Napoli. Il titolo, Tra consapevolezza linguistica e risultati oggettuali, Between Linguistic Awareness and Objective Results, è tratto da un testo critico di Marisa Volpi Orlandini del 1974, in cui la critica d’arte sembra racchiudere con precisione il cuore della ricerca dell’artista statunitense, scomparsa nel 2018: uno studio rigoroso e al contempo intuitivo sull’essenza del dipingere, un atto che attraversa il colore, lo spazio e la memoria.


Nata nel 1929 a Pomona, in California, Marcia Hafif, nata Marcia Wood, scelse fin da giovane di esplorare i confini dell’arte, traendo ispirazione dalle radici della cultura occidentale e orientale attraverso un ricco studio sull’arte dell’Estremo Oriente e sul Rinascimento italiano. Questo spirito di indagine la portò, nel 1961, in Italia, dove entrò in contatto con le tracce del passato e con il fermento artistico del tempo, frequentando artisti come Carla Accardi, Franco Angeli e Toti Scialoja. Proveniente dall’America, durante un passaggio a Napoli, Hafif scoprì le pitture murali di Pompei, rinvenendovi una luminosità tattile e una straordinarietà formale che avrebbero segnato per sempre il suo linguaggio visivo.

Stabilitasi a Roma tra il 1961 e il 1969, diede vita a un corpus di circa 500 opere, tra dipinti, collage e serigrafie. La città divenne per lei non solo una casa ma un laboratorio creativo, un luogo dove sperimentare e riflettere. I lavori di questo periodo, definiti “a figura unica”, si distinguono dal corpus complessivo dell’artista per la presenza di pattern geometrici, segni che evocano paesaggi ondulati e forme astratte di intensa semplicità. Tali produzioni, pur dialogando con le tendenze minimaliste del tempo, rivelano, oggi come allora, una predilezione per l’aspetto coloristico e gestuale che, progressivamente, avrebbe contraddistinto sempre di più la pittura di Hafif.
Tornata negli Stati Uniti, rimase profondamente colpita dal dibattito critico del tempo, in cui la pittura era vista come una pratica ormai superata. Ciò nondimeno, tenace, continuò a dipingere. Rinunciando a ogni artificio, riscoprì il gesto più elementare: prendere un foglio e tracciarvi linee verticali. Da questa semplicità nacque una pratica che avrebbe definito il resto della sua carriera.

Riempire una superficie con pennellate regolari, dall’alto verso il basso e da sinistra a destra, divenne un rituale. Ogni tela monocroma non era solo un’esplorazione del colore, ma una meditazione sul tempo, sul gesto e sull’identità stessa della pittura. Non era affatto una pratica morta, come si sosteneva nel cuore dell’Occidente: l’essenza della pittura non può esaurirsi, perché essa è una domanda infinita, un processo di scoperta costante.
Dal 1974, Hafif iniziò a organizzare le sue opere in serie, creando un inventario che cataloga ogni esplorazione cromatica e tecnica. Ognuna delle serie è descritta per caratteristiche e specificità: l’atto del dipingere, come quello di disegnare semplici linee o impastare il colore non è mai identico a se stesso. Di volta in volta il gesto si rinnova differendo dal precedente e dal successivo per piccolissime variazioni che ci rendono sempre più consapevoli della portata dell’azione compiuta. Nella sua opera più nota, Extended Gray Scale (1972-1973), attraverso una sequenza di 106 tele, sono rese visibili tutte le sfumature possibili tra il bianco e il nero. Questa serie rappresenta un esempio paradigmatico della sua poetica: un’installazione che cattura lo spettatore in un’esperienza immersiva, dove ogni variazione tonale è un invito alla contemplazione.


Nella mostra della Galleria Tiziana di Caro sono esposti Phythalocyanine Green (1974) e Cadium Red Light (1974) appartenenti alla serie Mass Tone Paintings, realizzati utilizzando pigmenti puri con olio di lino senza mescolanze, stesi sulla tela procedendo sempre con lo stesso andamento: dall’alto verso il basso e da sinistra verso destra. In dialogo, disseminati sulle pareti, i Late Roman Paintings, ispirati ai colori pastello delle pitture pompeiane, in cui il bianco aggiunto ai pigmenti crea delicatezza e profondità.


Nei suoi Fresco Paintings, invece, l’artista divide la tela in due campi cromatici distinti, un richiamo alle armonie di Piero della Francesca. Da un lato troviamo il colore indaco, più chiaro, a evocare le tinte del cielo, dall’altro i colori della terra, stesi con un pennello più piccolo, per far emergere la contrapposizione tra la consistenza delle pennellate e l’omogeneità dell’altro riquadro. I Red Paintings, dipinti di piccolo formato di varie tonalità di rosso, e i Black Paintings degli anni Novanta, così come i Glaze Paintings e gli Shade Paintings, dimostrano come ogni serie sia un territorio di sperimentazione, in cui il colore diventa non solo un mezzo espressivo, ma anche una forma di pensiero e un formato materiale.
Infatti, a partire dagli anni Ottanta, Hafif iniziò a lavorare anche su supporti lignei, distanziati leggermente dalla parete, in modo da trasformare la pittura in un oggetto spaziale. L’uso di smalti e colori contrastanti intensifica la relazione tra superficie e ambiente, sottolineando l’idea che ogni opera sia un frammento di un dialogo più ampio con il contesto in cui è inserita.

La mostra presso la galleria Tiziana Di Caro rappresenta un atto di riconoscimento verso una pratica che ha continuamente ridefinito il significato della pittura. Marcia Hafif non ha mai considerato il suo lavoro come conclusivo; ogni opera è un esperimento, un dialogo un discorso più ampio.
Come scrisse Marisa Volpi Orlandini, Hafif isola gli elementi della realtà e li osserva in profondità, fino a trasformarli in un’esperienza pura. In tal senso, questa mostra è una testimonianza di come la pittura possa essere una pratica di consapevolezza, capace di attraversare il tempo e lo spazio, per condurci al cuore stesso dell’arte. Una ricerca che parte da lontano e, lungi dal poter esser dichiarata sorpassata, ci accompagnerà nel futuro.