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Diana Aparo e Cristian Avram: doppia proposta da Boccanera, a Trento
Mostre
Dopo diciotto anni di attività, Boccanera Gallery conferma il suo ruolo come spazio di sperimentazione e piattaforma di dialogo internazionale, e inaugura il programma autunnale con una doppia proposta che porta i nomi di Diana Aparo e Cristian Avram.
Dentro a Uomini e leoni, prima mostra assoluta di Diana Aparo, ci troviamo tutti coinvolti in un confronto intimo, chiamati a dialogare con presenze ambigue e inquiete, sospese tra visione e memoria. Nei suoi quadri Diana Aparo gli uomini osservano immobili, mentre intorno a loro tutto si trasforma: figure, elementi e personaggi – da bambine che tengono un martello in mano a leoni evanescenti, o uomini ben vestiti – affiorano da una soglia altra rispetto alla coscienza, come provenissero ciascuno da un tempo diverso, che non coincide con quello degli altri.
Martello e leoni sono due figure ricorrenti: il primo è per l’artista un simbolo di orientamento, più che di minaccia o distruzione. È un rimando all’inconscio e al percorso personale – «a volte è necessario rompere qualcosa, per superare le paure, per crescere e maturare» – mentre i leoni, evocati già nel titolo – sono l’emblema dell’universo femminile. Questi non hanno peso, si muovono tra macchie e vuoti, nelle zone in cui il colore si ritira, sono spiriti totemici, che non ruggiscono ma vegliano con la consistenza delle visioni che sfuggono e dei sogni che ritornano inattesi, chiedendo forma.

Cristian Avram invece, presentato per la prima volta nella Project Room trentina nel 2018, è al suo terzo solo show, dopo la mostra Dreams never end e Look out, see in (Milano, 2023). La nuova mostra, The journey’s end, si pone come un viaggio intimo tra memoria, immaginazione e pittura e nasce proprio da un viaggio in treno, lo scorso maggio, che ha offerto all’artista uno spazio sospeso, dedicato alla contemplazione, ai ricordi e alle visioni.
«Dal finestrino del treno – racconta Avram – era come guardare un film, un continuo saltare avanti e indietro nel tempo, interrotto di tanto in tanto da un improvviso cambiamento del paesaggio che mi riportava al presente. Quel finestrino assomigliava molto a una tela; le mie visioni somigliavano alle macchie di colore che cerco con tanta attenzione di disporre in perfetto ordine sul quadro. Guardando il futuro e il paesaggio in movimento, vedevo dipinti: alcuni che stavano per nascere, altri già esistenti, che ora cominciavo a collocare in un contesto nuovo e inatteso».















