07 novembre 2021

Domenico Gnoli, l’originale. Da Prada, a Milano

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Alla Fondazione Prada la retrospettiva dedicata a Domenico Gnoli concepita da Germano Celant, che riunisce più di 100 opere e altrettanti disegni. Fino al 27 febbraio

Veduta della mostra “Domenico Gnoli”, Fondazione Prada, Milano. Foto: Roberto Marossi. Courtesy Fondazione Prada. Da sinistra a destra: Bust, 1969; Inverno, 1967; Dormiente n.1, 1966; Due dormienti, 1966; La robe rouge (Buste rouge), 1964

A Milano, nel Podium, austero spazio vetrato della Fondazione Prada, apre a più di cinquant’anni dalla scomparsa di Domenico Gnoli (Roma, 1933 – New York, 1970), pittore, scenografo e colto illustratore, una imperdibile mostra retrospettiva concepita da Germano Celant nel 2020, basata su un’analisi scientifica e rigorosa delle fonti documentarie che riunisce più di 100 opere pittoriche realizzate dell’artista dal 1949 al 1969. I grandi dipinti sono raggruppati in serie tematiche al piano terreno, e al piano superiore sono raccolti disegni, bozzetti per il teatro che documentano la sua attività di poliedrico artista e illustratore, inclusi cataloghi, incisioni, fotografie, un taccuino, grandi separé e altre testimonianze volte a ricostruire il suo percorso biografico e artistico.
Il progetto è stato sviluppato in collaborazione con gli archivi dell’artista a Roma e Maiorca, custodi della storia personale e professionale di Gnoli. L’allestimento progettato dallo studio 2×4 di New York per i due piani del Podium evoca le caratteristiche degli ambienti museali novecenteschi e si snoda su prospettive lineari che dividono lo spazio in sequenze di pareti.

Domenico Gnoli, 1963 (Parigi). Foto: Mimì Gnoli

L’apprentissage di Gnoli si svolge sotto l’egida del padre Umberto, storico dell’arte, direttore dell’Accademia di Belle Arti di Perugia e sopraintendente Belle Arti dell’Umbria.  Alimenta la sua cultura leggendo testi di storia dell’arte da Roberto Longhi a Bernard Berenson, è affascinato da Piero della Francesca, dal Rinascimento e tanti altri maestri del passato. Tutte le sue opere sono un concentrato di storia dell’arte con dettagli visti sotto un altro sguardo e un’altra luce. Carlo Alberto Petrucci gli impartisce lezioni di disegno e acquaforte. Comincia a esporre disegni e incisioni dal 1951, piccole opere in cui si evincono già i tratti distintivi del suo linguaggio: ossessione per l’oggetto isolato, accentramento della composizione, tagli compositivi fotografici; codici che matureranno negli anni successivi. Con questa retrospettiva Domenico Gnoli conferma la sua profonda conoscenza della storia dell’arte e tecniche della pittura, in cui si coglie la sua completezza nel segno della duplicità, da una parte scenografo e dall’altra pittore; linguaggi di un discorso unitario. 

Veduta della mostra “Domenico Gnoli”, Fondazione Prada, Milano. Foto: Roberto Marossi. Courtesy Fondazione Prada. In primo piano, da sinistra a destra: Robe verte, 1967; Fermeture éclair (Zipper), 1967; Finta pelliccia, 1965; Lady’s Feet, 1969; Inside of Lady’s shoe, 1969; Lady’s Shoe, 1968

Nel 1955 le sue scenografie per la commedia pastorale Come vi piace (As You Like It)  di William Shakespeare presentata all’Old Vic di Londra lo fanno conoscere negli Stati Uniti. Dal 1959 vive tra Roma e New York, dove espone con successo di critica e di pubblico in diverse gallerie e lavora come illustratore per riviste e pubblicazioni. Dopo soggiorni a Parigi e Londra, dal 1963 si stabilisce a Deià, nell’isola di Maiorca. I dipinti di Gnoli, benché risalenti agli anni ’50, si affermano nel decennio successivo, quando nel 1964, anno della consacrazione internazionale di Robert Rauschenberg con il Leone d’oro alla Biennale di Venezia, la Pop Art  “colonizza” la produzione artistica italiana e internazionale. In questo contesto culturale, Gnoli dichiara «solo ora, grazie alla Pop Art, la mia pittura è diventata comprensibile». 

Veduta della mostra “Domenico Gnoli”, Fondazione Prada, Milano. Foto: Roberto Marossi. Courtesy Fondazione Prada. Da sinistra a destra: Chair, 1969; Back vieu, 1968; Open Drawer, 1968; Branche de cactus, 1967; Vasca da bagno, Bagnarola, 1966

Etichettato dai critici a lui contemporanei tra gli artisti pop e iperralisti, nelle sue composizioni simmetriche Gnoli si distingue per un taglio fotografico dell’immagine e per l’interesse specifico per oggetti e parti della figura umana. La sua tecnica pittorica è precisa e materica, in cui colori e superfici sono convergenti. La resa tattile di pieghe di tovaglie, dettagli di capelli o altri oggetti quotidiani in ombra o in luce, è il frutto di un’abile mescolanza di colori (olio, tempera e acrilico) più colla e sabbia. Il rigore del dettaglio di un oggetto parzialmente rappresentato diviene la sua cifra distintiva, come la luce fredda e rarefatta che conferisce al dipinto un personalissimo realismo pittorico, un “non so che” di misterioso, in cui l’accessorio e il trascurabile diventano protagonisti. Busti senza volto,  dettagli di sofà, poltrone, sedie, letti, stoffe, cuciture, abiti maschili e femminili, colletti di camicia, texture di doppiopetto, scarpe, polsini di camicia, bottoni, dorsi maschili e femminili, righe in mezzo di capigliature femminili e maschili, tra i soggetti più noti di Gnoli, il protagonista è l’enigma di oggetti intimi, elementi apparentemente semplici derivati dalla vita quotidiana e proprio nell’isolarli e rappresentarli diventano metafisici, silenziosi  presenze che ingombrano lo spazio visivo. 

Veduta della mostra “Domenico Gnoli”, Fondazione Prada, Milano.
Foto: Roberto Marossi. Courtesy Fondazione Prada. Da sinistra a destra: Braid, 1969; Curly Red Hair, 1969; Curl, 1969

Cultura classica e visione fotografica determinano lo snodo della pittura originalissima di Gnoli, come il taglio dell’immagine e l’uso della luce sul singolo frammento nella sua inquadratura fotomeccanica. Straniscono lo sguardo i suoi primissimi piani riempiti per intero di cose ordinarie, di cui non si percepiscono i margini, che alterano la loro proporzione. C’è un filo rosso misterioso tra la Nuova Oggettività tedesca e il Realismo Magico italiano nel saper congelare l’immagine in un’atmosfera di sospensione per raggiungere, attraverso la rarefazione della luce, l’essenza stessa della pittura, inusuali trompe-l’oeil che non vogliono rappresentarle ma ottenere effetti di forte straniamento, in cui tutto a prima vista è magicamente irreale e la prospettiva, come il digradare dei colori, mira all’essenza magica della pittura.

Veduta della mostra “Domenico Gnoli”, Fondazione Prada, Milano.
Foto: Roberto Marossi. Courtesy Fondazione Prada. In primo piano, da sinistra a destra: Personnages (Femme avec Oiseau, Chevalier avec Echecs, Homme avec Buste, Vieille Femme avec Poissons, Jeune Homme avec Tours, Femme avec Coq), 1963; Senza Titolo (Paravento), 1949 circa. In secondo piano, sulla parete, da sinistra a destra: Borsetta da donna, 1968; Schizzi per Open Drawer, S’Estaca, Maiorca, 22 settembre 1968 / Sketches for Open Drawer, S’Estaca, Mallorca, 22 September 1968; Schizzo del Palazzo della Cultura e della Scienza, Varsavia, febbraio 1968 / Sketch of the Palace of Culture and Science, Warsaw, February 1968; Apple, 1968

 

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