29 marzo 2024

E ancora non ci credono: Druid e il suo immaginario relazionale al Gallery Hotel Art di Firenze

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Protagonista del nuovo appuntamento artistico presso il Gallery Hotel Art di Firenze è Emanuele Napolitano, in arte Druid: artista figurativo al contempo ironico e dissacrante, realizza per l’albergo della Lungarno Collection una serie di lavori site – specific che riflettono sulle relazioni umane

DRUID, Piatti in ceramica, 2024. Courtesy l’artista

Negli spazi del Gallery Hotel Art della Lungarno Collection, Gruppo Ferragamo, si rinnova l’appuntamento con l’arte contemporanea, dimostrando nuovamente come il connubio tra hotellerie e un’attenta analisi dello scenario artistico attuale, crei una perfetta sintesi tra esperienza e cultura.

And still they don’t belive it è il titolo dell’esposizione curata da Valentina Ciarallo, che si conferma con questa quinta proposta dalla riapertura della struttura nel 2021, abilissima interprete dei valori della Lungarno Collection e del gusto fiorentino contemporaneo: «Ho immaginato che il vocabolario così ironico e sottile di Druid composto dal binomio di immagine e testo potesse dialogare bene con il pubblico che entra in relazione con le opere nelle aree comuni del Gallery, stimolando così un rapporto anche ironico e immediato».

Druid, Gallery Hotel Art Firenze. Ph. Maria Chiara Russo

Rispetto alla scelta del titolo l’artista ne chiarisce gli intenti rispetto alle aspettative circa questa mostra: «In ‘The Boy With the Thorn in his Side’ dei The Smiths, brano a cui sono molto legato per varie ragioni, Morrissey ripete in maniera abbastanza struggente: ‘Se non mi credono ora, potranno mai credermi?’, facendo riferimento ad un periodo di frustrazione quando la band non riusciva a farsi apprezzare dall’industria discografica. Penso che tutti noi, in diversi momenti della nostra vita, ci siamo sentiti respinti o non compresi nelle nostre azioni o sentimenti. Si tratta della medesima frustrazione che ho avuto anche io varie volte nei confronti della scena dell’arte nazional-popolare. Ma c’è anche un risvolto positivo in questo titolo, poiché quel ‘faranno fatica a crederci’ è anche rivolto a chi non si aspettava una tale esplosione di forme e di colori all’interno di una struttura come il fantastico Gallery Hotel Art».

DRUID, Leo, 2024. Courtesy l’artista

Il riferimento ad una nota canzone del gruppo britannico indie – rock si fa chiaro nella lettura delle opere presenti nella Lounge del Gallery: ad accogliere il visitatore è la serie dei segni zodiacali realizzata appositamente per l’occasione, nella quale si stagliano figure umane solo abbozzate ed immerse in campate di colore vermiglio e blu di reminiscenza kleiniana. Il dualismo tra le due tonalità, che riprende i colori del sangue arterioso e venoso, nonché la matita utilizzata nei contesti scolastici, è effimero solo all’apparenza, in quanto ad essere interpellati nella lettura dell’opera vi sono numerosi riferimenti alla storia dell’arte non solo occidentale, che spaziano dalla reinterpretazione di elementi figurativi come le figure dello zodiaco tanto in voga in epoca rinascimentale, fino alle sperimentazioni coloristiche degli anni sessanta e al segno grafico aperto della tradizione giapponese. Rispetto all’immaginario a cui attinge, l’artista racconta: «Le mie influenze creative si allargano su di un vasto spettro di contaminazioni artistiche, infatti non mi limito all’arte visiva bensì traggo numerosi spunti dal cinema, dalla letteratura e dalla musica come appunto si diceva. Sono un uomo del Novecento che tenta di rovesciare stilemi e comportamenti del secolo scorso in quello attuale, le mie influenze primarie sono quindi le grandi avanguardie passate. Gauguin, Matisse, e Cocteau si fondono con Pennac, Tondelli, Calvino e Conrad passando per Tarkovskij e New Order. Tutto viaggia su di una linea temporale squisitamente postmoderna. Si tratta del grande, meraviglioso inganno della pratica pittorica che lascia entrare qualsiasi cosa al suo interno, sia esso un suono o una parola scritta o una pennellata vibrante. Questi sono i miei monumenti».

DRUID, Aquarius, 2024. Courtesy l’artista

A far riflettere circa il retaggio colto dell’artista è il suo stesso pseudonimo; il nome “Druid” deriva dalle figure sacerdotali celtiche, depositarie di un sapere mistico che consentiva di accedere a quella saggezza insita nel termine stesso. L’intento perseguito da Napolitano non è molto dissimile da coloro i quali mutua il suo nome de plume, data l’incisività delle massime che cristallizza su tele e disegni. “Non inseguire chi sa dove trovarti” e “Ti ci devo portare-migliore frase d’amore di sempre” sono solo alcune delle sentenze che l’artista concepisce come suggello all’intervento pittorico, rivelando una profonda attenzione alle dinamiche che regolano i rapporti sociali, scevre da qualsiasi pregiudizio sociale o di genere. Ciò che emerge dalla produzione dell’artista romano è la predilezione per il femminile, che viene presentato come emancipato dall’oggettificazione del pensiero maschile ed emerge con un’autonomia dissacrante, consapevole di celare a volte una malinconia che comporta solitudine. La profonda consapevolezza del panorama relazionale moderno induce Druid a semplificare senza banalizzare dinamiche complesse, che quasi sempre celano una molteplice lettura, in virtù di quella saggezza antica a cui si richiama, mediano tra complessità e vulgata. 

DRUID, Ti ci devo portare, 2021. Courtesy l’artista

Oltre alle opere su tela e carta, viene esposta per la prima volta negli spazi del Gallery Hotel Art la serie di piatti di ceramica vintage su cui Napolitano interviene pittoricamente: «Già in epoca etrusca in Toscana si producevano ceramiche di grande pregio. Con Valentina Ciarallo abbiamo pensato di rovesciare il concetto in chiave contemporanea, inserendo la parola scritta a fare da contrappunto ai soggetti ritratti. Ne è scaturita un’installazione site-specific di incredibile vivacità, all’interno della quale si possono ravvisare dei rimandi a personaggi e forme del secolo scorso».

Druid, Gallery Hotel Art Firenze. Ph. Maria Chiara Russo

A emergere prepotentemente su questo supporto sono i volti, ricordo di esperienze e sensazioni passate, che rendono il ricordo e la nostalgia estetica oltre che mnemonica il fil rouge di tutta l’esposizione.

È possibile concepire le opere di Emanuele Napolitano come profezie contemporanee, squarci di vissuto di ci stimolano alla riflessione sul nostro interiore, alla stregua delle dichiarazioni degli oracoli che inducevano sempre alla profonda introspezione. Riferendosi alla figura del mago, Masilio Ficino lo descrive come colui che «regola e adatta le cose inferiori del mondo a quelle superiori»: in questo senso Druid regala strumenti pratici per rileggere il quotidiano con semplicità e ironia, insieme ad  uno sguardo sempre rivolto al nostro Io più recondito. 

DRUID, Piatti in ceramica, 2024. Courtesy l’artista

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