18 ottobre 2019

Egger-Lienz e Otto Dix. Immagini di un mondo tra le due guerre | Tiroler Landesmuseum Ferdinandeum

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Fino al 27.X.2019
Egger-Lienz e Otto Dix a confronto a Innsbruck. Dalla guerra all'infanzia, per una grande mostra che è anche la più ampia mai realizzata in Austria per Ottoi Dix

Die Mütter
Die Mütter

“Egger-Lienz e Otto Dix. Immagini di un mondo tra le due guerre” mette a confronto per la prima volta i due artisti in un percorso attraverso oltre duecento opere, nella più vasta presentazione dei lavori di Otto Dix in Austria. La guerra è il tema intorno a cui ruota la produzione artistica di Otto Dix (Gera, 1891- Singen 1969) e Albin Egger-Lienz (Dölsach 1968- Bolzano, 1926) negli anni venti. E con immagini di guerra si apre la mostra: guerra combattuta sul campo di battaglia, guerra subita con composto dolore nei volti delle vedove, nelle Stuben tirolesi; e ancora guerra da cui riposarsi sulle brandine nel giorno di Natale, quella rappresentata da Albin Egger-Lienz.

Nessuno e tutti i destini sono racchiusi nei grandi dipinti a olio del pittore austriaco: figure plastiche, monumentali, con le spalle sempre chine sotto un peso – se non della battaglia, del lavoro, del dolore, della vita. Svuotate di ogni individualità e quindi universali, capaci di rappresentare l’umanità. Decomposizione, strazio, visioni da incubo e odore di morte e ogni inimmaginabile miseria umana è raccontata invece nella serie di incisioni di Otto Dix, “Der Krieg“ (1924).

Egger-Lienz e Otto Dix. Immagini di un mondo tra le due guerre
Egger-Lienz e Otto Dix. Immagini di un mondo tra le due guerre

La guerra finisce, ma non gli orrori: lascia vedove, malati, invalidi. La seconda parte della mostra è dedicata a loro, ed è concepita, nell’ottimo allestimento di Juliette Israël, come uno spazio urbano, un incrocio di strade e vie, che i quadri di Dix popolano di figure sinistre e inquietanti. Come i veterani nei disegni “Kriegskrüppel”, 1920, (storpi di guerra): una sfilata di moncherini plurimedagliati, la cui iconografia predice sinistramente quella del regime nazionalsocialista. O come il capolavoro “Die Irrsinnige”, la pazza, dipinto nel 1925.

Le figure femminili sono ambivalenti nell’arte di Dix, che le rappresenta vedove, ma costrette a prostituirsi per disperazione: donne inquietanti, sgargianti e sguaiate, pervase più da Thanatos che da Eros. Rassegnate, il viso composto in un asciutto dolore: così sono invece le contadine rappresentate da Albin Egger Lienz („Kriegsfrauen“, 1918–22). Da segnalare però che il percorso labirintico proposto dalla mostra apre prospettive inusuali e “cornici” inaspettate sui dipinti di grande formato di Egger-Lienz, che ne rivelano costruzioni e tagli compositivi arditi. Merito della curatrice della mostra, nonché curatrice capo del Ferdinandeum, la trentottenne spagnola Helena Pereña.
C’è spazio anche per il tema dell’infanzia nei dipinti di quegli anni: la realistica delicatezza negli studi di teste di lattante di Egger-Lienz è spazzata via dalle smorfie distorte dei neonati nei dipinti di Dix, più agglomerati umani doloranti che tenere creature. Tra i pezzi particolari della mostra, la serie di acquerelli con scene bibliche, che Dix realizza nel 1925 per la figliastra Hana, solo recentemente riscoperti.
Albin Egger-Lienz muore nel 1926. La sua arte è apprezzata post mortem dal regime, che lo rivendica come il Bauernmaler, pittore dei contadini. Com’è noto, l’arte “degenerata” di Otto Dix non è invece gradita al regime (“Zum kotzten” – fa vomitare), che lo priva della cattedra alla Kunsthoschule di Dresda nel 1933, e arriverà addirittura a imprigionarlo per un presunto attentato a Hitler. In questo senso, la mostra riporta alcuni dipinti dell’artista a partire dalla fine degli anni ’30 dopo la sua forzata uscita di scena dalla vita artistica ufficiale. Il registro cambia, la rappresentazione delle miserie umane lascia il posto a innocui paesaggi e motivi di religiosi, che alcuni critici hanno definito come una “emigrazione interiore”. Otto Dix muore nel 1969. Aveva affermato “konservativ war ich immer, aber wie!“: io sono sempre stato conservatore, eccome.

Simone Wild

mostra visitata il 5 ottobre

Tiroler Landesmuseum Ferdinandeum

Museumstraße 15, Innsbruck, Austria

Da martedì a domenica, ore 9 – 17

2 Commenti

  1. Nessuno può pretendere di imporre i propri criteri agli altri, può solo suggerirli quando sono richiesti, per poi continuare a viaggiare con il proprio vagone di esperienze e cultura, tanto più se quelli suggeriti da altri sono accademici , scolastici , saputi , cioè acquisiti e consolidati, perché ognuno respira coi propri polmoni e vede la realtà di tutte le cose che sono e che non sono con i propri occhi, perché da sempre e soprattutto oggi, nel contemporaneo l’arte è libera , spontanea .
    Il genio, se è veramente tale, sente di essere gravido della propria immagine, senza sapere come, e sente avvinarsi il parto senza poter più rimandare: come ha sostenuto B. Croce, il più eminente e insuperabile critico della storia dell’estetica moderna e contemporanea.

  2. L’artista intuisce soltanto, e l’intuizione è la prima forma della coscienza-conoscenza teoretica pura. Il filosofo invece riflette, e la riflessione o filosofia è la seconda forma teoretica della conoscenza, conoscenza per concetti.
    Dapprima davanti alle opere artistiche si sono soffermati curiosi, commercianti, collezionisti incapaci di intendere con serietà l’arte, ora devono essere i filosofi.
    L’arte non è effetto, estensione, ma manifestazione, rappresentazione dell’intuizione.

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