14 luglio 2022

‘Escaptura’: Simone Pellegrini a Villa Torlonia – Parco Poesia Pascoli, a San Mauro Pascoli

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La mostra personale di Simone Pellegrini “Escaptura” segna un nuovo appuntamento con l’arte contemporanea a Villa Torlonia – Parco Poesia Pascoli e sarà visitabile fino al 4 settembre. Il 16 luglio si svolgerà un incontro l'artista

Simone Pellegrini, Setsa farsía, 2022, tecnica mista su carta da spolvero, 144x375 cm, dettaglio

A San Mauro Pascoli, tra Forlì e Cesena, sorge Villa Torlonia, antica tenuta un tempo amministrata dal padre del poeta Giovanni Pascoli, oggi legata al Museo Casa Pascoli dal progetto Parco Poesia Pascoli, dove la mostra “Escaptura”, a cura di Arianna Bargellini per Atlantide, porta otto opere di Simone Pellegrini (1972, Ancona) nella Sala delle Tinaie.

Il 16 luglio, alle 18.30, il pubblico potrà ascoltare Simone Pellegrini in dialogo con il critico e studioso di teatro, danza e arti visive Michele Pascarella, anche caporedattore di Gagarin Orbite Culturali.

Nel percorso espositivo è presente «tra le altre, l’ultima grande opera 2022 e i suoi storici libri utilizzati come taccuini di schizzi e studi, accompagnati dal video documento 2020 Une circonstance imparfaite, firmato da Disforme, che ricostruisce l’elaborato processo di creazione delle opere nella casa studio di Pellegrini a Bologna. Le opere di grande formato sono tutte realizzate con tecnica mista su carta da spolvero, a partire da matrici disegnate con carboncino e trasferite in monotipia tra olio e pigmenti su grandi superfici, e da carta a carta, composte da suture collose. Recto e verso delle grandi carte si mostrano come un prodotto esposto a stagionatura, a conservazione del tempo di un dialogo filosofico, di una visione poetica», hanno spiegato gli organizzatori.

La mostra è organizzata da Atlantide e Sillaba per Villa Torlonia Arte, con il patrocinio del Comune di San Mauro Pascoli e in partnership con Santarcangelo dei Teatri.

Ne abbiamo parlato con Simone Pellegrini e Arianna Bargellini nell’intervista qui sotto.

Simone Pellegrini, Del divelo, 2020, tecnica mista su carta da spolvero, 72×141 cm

Come è nata la mostra “Escaptura”, come si collocano le opere esposte nella tua ricerca e come è articolato il percorso espositivo?

Simone Pellegrini: «La mostra nasce da una iniziativa della curatrice Arianna Bargellini che mi ha contattato qualche tempo fa. Ci siamo dati appuntamento a Villa Torlonia che è stata per me una rivelazione. In secondo luogo sono stato colpito dall’entusiasmo di chi mi aveva cercato per poi essere catturato dal silenzio carico di memoria che avvolge la tenuta oltre che dalla sua austerità.
Ci siamo concentrati sulla Sala delle Tinaie. Abbiamo discusso di Buzzati, dei miracoli di Val Morel, di Klossowski (non di Pascoli che era inevitabilmente presente) e quando sono rientrato in studio ho scoperto che tra le tante scritte presenti sulle pareti, circa un anno fa, appuntai un passo tratto da Fontamara di Ignazio Silone: “In capo a tutti c’è Dio, padrone del cielo. Questo ognuno lo sa. Poi viene il principe Torlonia, padrone della terra. Poi vengono le guardie del principe. Poi vengono i cani delle guardie del principe. Poi, nulla. Poi, ancora nulla. Poi, ancora nulla. Poi vengono i cafoni. E si può dire ch’è finito.“
La questione del triplice nulla, quella che emerge tra tanto abbaiare mi sembra davvero degna di attenzione. Proprio qui, in questa sconsiderata vastità, in questa separatezza, in queste fauci che si spalancano, l’immaginazione si fa girovaga e operativa; tanto che, a voler parafrasare una sentenza di Lacan si può certamente affermare che noi siamo dove non immaginiamo e immaginiamo dove non siamo.
Ho pensato nuovamente a Buzzati, a qualche fuoco che sembra annunciare quel che non viene, al fatto che certi deserti sono solo a misura d’animale.
La sala ospitante non è che una porzione di nulla, perimetrata da pareti aventi stratificazione incerta, con sparute emergenze rosso vinaccia; il figurale di importazione, in fermento, tra queste bordure, ondeggia un poco come miraggio che non può acquisire diritto di permanenza.
È questo un accampamento in cui il recto e il verso della menzogna, si alternano improvvisando postazioni da cui poter vedere e parimenti scorgere. C’è anche, tra tanto esporsi, un negarsi, una sorta di ostentata ritrosia che è più precisamente un desiderio torbido di appartarsi in una atmosfera ancora sufficientemente ebbra.
In fondo, su uno dei lati corti è proiettato il breve documentario “una circostanza imperfetta” girato da Disforme.net nel mio studio nel 2020.
Ed è questa forse una finestra su un secondo nulla.
Escaptura è parola barocca, contraddittoria; contiene in sé un quanto di venatorio questo esser stati sulla fatta per poi ritrovarsi le mani depredate.
La lingua, da queste parti, è imbrigliata, in un linguaggio non più denotativo ma compositivo, che nei titoli si gioca le sue ultime carte ed è costretto a cedere il passo».

In mostra saranno esposti anche i tuoi taccuini di schizzi e studi. Che dinamiche segue il tuo processo creativo?
Simone Pellegrini: «L’immagine sorge sul limitare della parola, venga essa prima o dopo, poco importa. Gli schizzi abbozzati sui libri derivano da una pulsione reattiva, sono uno scavo effettuato alla fine di ogni storia, il pollone che non vuol saperne e ricomincia da capo».
A quali progetti stai lavorando? 

Simone Pellegrini: «A partire da fine settembre sono previsti diversi impegni espositivi a cominciare dal Museo Gugging di Vienna, una personale nella Galerie Hachmeister di Munster, poi a Milano in una galleria privata, pressi i Musei Civici di Reggio Emilia e infine, grazie ad un progetto itinerante le opere faranno tappa a Barcellona, Madrid, Parigi, Merida…».

Una domande per Villa Torlonia: quali saranno i prossimi progetti espositivi nei vostri spazi?

Arianna Bargellini: «Villa Torlonia intreccia anime e voci di storia e contemporaneità in un dialogo che traghetta i progetti dalla scena allo spazio museale, nel nuovo credo di un luogo sociale che parla registri diversi. E l’arte ci spinge essa stessa a nuovi incontri, ci affama di racconti muti che crescono su un terreno bonificato dalla poesia. Da queste visioni e immanenza muove Villa Torlonia Arte, verso legami ancora da serrare, su rotte che increspano l’atlante ma non sono ancora tracciate».

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