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EXTRA a Perugia: quando l’arte contemporanea incontra le pergamene medievali
Mostre
Ci sono mostre che si limitano a esporre. Altre, più rare, che interpretano. Extra. Segni antichi / Visioni contemporanee, il nuovo progetto espositivo di Fondazione Perugia curato da Marco Tonelli, rientra decisamente nella seconda categoria: non è solo un ritorno materiale — quello delle pergamene della Collezione Albertini alla città dopo oltre 170 anni — ma un ritorno concettuale, un’operazione che mette in scena la possibilità del tempo di ripensarsi attraverso i linguaggi dell’arte.
La mostra, allestita nelle sale di Palazzo Baldeschi, nasce nel 2024 all’indomani della straordinaria acquisizione da parte della Fondazione Perugia di circa 1700 copertine in pergamena risalenti tra il XIII e il XV secolo. Rivestimenti finemente decorati di antichi registri civici e giudiziari — appartenenti a podestà, capitani del popolo, sindaci e giudici del Comune di Perugia — che custodivano annotazioni sulla giustizia, la vita amministrativa, gli approvvigionamenti alimentari e la quotidianità concreta della città tardo-medievale. Da un frammento di queste pergamene, dalla parola Extraordinariorum, il curatore ha tratto non solo il titolo della mostra ma la sua intenzione più profonda: creare un evento extra-ordinario, che esca dalle consuetudini del racconto museale per offrire un’esperienza visiva e intellettuale in cui antico e contemporaneo non si spiegano l’un l’altro, ma si interrogano reciprocamente.

La mostra si articola in un dispositivo a doppia elica: da un lato il repertorio medievale delle pergamene, dall’altro oltre 40 opere di 18 artisti italiani e internazionali — tra cui Alighiero Boetti, Emilio Isgrò, Maria Lai, David Tremlett, Gianni Dessì, Mimmo Paladino, Luigi Ontani — chiamati a confrontarsi con i temi iconografici, araldici, simbolici e materiali di questi documenti antichi. Non si tratta di illustrare o spiegare ma di instaurare relazioni visive, formali, tipologiche o anche solo evocative, come fossero “rebus” temporali. È la mostra stessa, nella sua architettura, a proporre questo dialogo fra passato e presente attraverso cinque sezioni tematiche: Figurazioni, Astrazioni, Motivi, (Ri)scritture e Simboli.

In Figurazioni, gli stemmi araldici delle pergamene, grifoni, unicorni, leoni rampanti, cigni intrecciati, entrano in risonanza con le ceramiche iperrealiste di Bertozzi & Casoni, le visioni ermetiche di Luigi Serafini o le costruzioni iconiche di Wim Delvoye e Gabriele Arruzzo. Figure che, pur mutate, mantengono il loro potere di suggestione ancestrale.
Astrazioni indaga invece la geometria come linguaggio condiviso. Le bande colorate e gli scudi araldici medievali si rifrangono nelle cromie rigorose di David Tremlett, nei pattern di Maurizio Cannavacciuolo e nelle forme essenziali di Beverly Pepper. Qui il segno si fa struttura, ritmo visivo, ordine simbolico.

Nella sezione Motivi, la ripetizione del segno come traccia dell’umano diventa protagonista. Le pergamene, nella loro essenzialità decorativa o nella reiterazione di elementi visivi, trovano un’eco nel lavoro di Boetti, Griffa, Bianchi e Dessì, autori che fanno del segno astratto una scrittura altra, una grammatica del silenzio.
(Ri)scritture è forse il momento più intimo: le pergamene mostrano i loro strappi, le cuciture, le cancellature, le note a margine. Sono “ferite” del tempo che diventano poesia visiva nel confronto con Isgrò, Novelli, Maria Lai. Scritture che non descrivono ma evocano, che parlano attraverso l’assenza.

Infine, Simboli affronta l’enigma. Stemmi privi ormai di significato originario dialogano con gli universi fantastici di Luigi Ontani, le mappe esistenziali di Joe Tilson, i fogli totemici di Mimmo Paladino. Simboli che riemergono dal fondo della memoria collettiva, portatori di senso in potenza.
Marco Tonelli definisce l’arte come una «Condizione extratemporale» ed è esattamente questa l’esperienza che EXTRA offre: una sospensione del tempo lineare in favore di un tempo intrecciato, stratificato, in cui la storia si riattiva non come nostalgia ma come potenziale.

«Con EXTRA Fondazione Perugia riafferma il proprio impegno nella tutela e valorizzazione del patrimonio storico, ma anche nella costruzione di nuovi linguaggi, di nuove visioni», dichiara Alcide Casini, presidente della Fondazione. E mai come in questa occasione l’antico non è monumento ma organismo, non è passato ma sorgente. Il merito del progetto sta nel superare ogni retorica celebrativa, nella capacità di restituire le pergamene non come reperti chiusi ma come segni aperti, capaci di generare senso nel presente. L’accostamento con l’arte contemporanea non è un orpello ma un atto critico. Un invito a guardare non con nostalgia, ma con radicale attenzione.
«L’arte è la traccia dell’uomo nel tempo. Dove non arriva la parola, arriva il segno», scriveva Maria Lai, che non a caso rientra tra le artiste in mostra. E la mostra EXTRA, in fondo, è proprio una celebrazione della durata del segno. Sul suo potere di attraversare i secoli, modificandosi ma non spegnendosi. Un progetto che dimostra come l’arte, nella sua essenza più profonda, sia un continuo ritorno dell’origine, un modo per abitare il tempo anziché subirlo. E in questo, più che mai, extraordinarium.














