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Francesco Somaini. Alle origini del sacro, a Milano
Mostre
Francesco Somaini ha attraversato diverse fasi nel corso della sua carriera artistica. Dall’informale all’interesse per le sculture monumentali, talvolta inserite in contesti urbani, lo scultore originario di Lomazzo ha inoltre cercato di interpretare il tema del “Sacro” da una prospettiva rinnovata e poetica. La prima sala della mostra alla Fondazione Somaini è infatti dedicata ai Martiri, strutture in ferro, piombo e atri materiali lavorati sapientemente fino a restituire l’idea del panneggio, del sudario attorno a una piaga. Presenza e vuoto, matericità e non finito danno vita a elementi spigolosi che a tratti respingono l’osservatore.
La serie dei crocifissi si caratterizza per la costante assenza del Cristo, il corpo del protagonista è sostituito da una sensazione di vuoto che forse ancor più del corpo martoriato di Gesù riesce ad evocare una sensazione di morte, di assenza. Il costato di Cristo viene identificato nelle grandi punte che sporgono dalle strutture in bronzo le quali, bagnate del piombo e poggiate su targhe in ferro e velluto, danno luogo ad un interessante contrasto tra lucentezza e opacità.
Nelle croci a piede, Somaini riprende la scenografia del monte su cui era montata la croce. Piombo dolce lavorato a caldo che mostra ancora i segni e le gocce scaturite dalla lavorazione. L’idea della piaga e della torsione rendono le grandi croci paragonabili a dei corpi appesi, la sensazione del dolore è evocata in una simbologia percorsa nel dopoguerra da altri artisti della materia – basti pensare ai tagli e ai concetti spaziali di Fontana o agli squarci di Burri. Il Grande Martirio Piagato racchiude tutte queste caratteristiche e conclude la sezione dedicata ad una serie coeva a quella dei Feriti, in cui Somaini esegue un’ulteriore lettura laico-esistenziale di soggetti e archetipi sacri.
Il tema religioso in Somaini non scade mai nel pietismo o in alcun tipo di accademismo e le sue opere non hanno committenza o destinazione liturgica. Le tecniche e i linguaggi dell’informale vengono esplorate in modo da “trascendere” e “incarnare” le sofferenze dell’uomo contemporaneo. In questa sezione è esposta anche un’opera rinvenuta presso la Veneranda Fabbrica del Duomo e oggi conservata presso a Sala dei Milanesi.
La Biennale di San Paolo del Brasile del 1959 consacra Somaini come miglior scultore straniero. Il premio gli spiana la strada nel mercato americano, che lo accoglie per la sua originalità e per la sua capacità di conferire plasticità a materiali statici quali l’acciaio, il piombo, il bronzo. Emblematica in questo senso è la capacità dell’artista di fondere le sculture in ferro, come accade in alcune delle croci su targa che Somaini fonde a temperature altissime, affidando il compito a fonderie industriali (le sole in grado di adempiere ad una richiesta a cui una qualsiasi fonderia artistica non avrebbe potuto ottemperare). La “grafitatura”, tecnica anti-ruggine, permette infine alla struttura di assorbire la luce; alcune parti vengono poi lucidate in modo tale da inscenare un chiaroscuro luministico, con la luce che va a depositarsi negli squarci interni delle croci.
Negli anni americani, Somaini riflette sul rapporto tra scultura, architettura e contesto urbano. La scultura monumentale diventa “ammonimento”, carnificazioni e martiri di monumenti che devono rifarsi non più a personaggi storici o politici quanto piuttosto a tematiche e concetti di riferimento per la popolazione. Il non-finito di alcune opere in mostra è propedeutico al recupero di forme squadrate architettoniche. Alcuni fotomontaggi offrono una contestualizzazione di questo ammonimento, particolarmente rivolto al tema della guerra e dell’imperialismo americano perpetrato nei confronti del popolo vietnamita.
Inchiostri dilavati messi a parete mostrano le fasi preparatorie del lavoro di Somaini. Il tema del martirio, non più di Cristo ma dei Ladroni, torna prepotentemente in altri disegni dilavati in cui i soggetti protagonisti sono i Prigioni di Michelangelo.
Infine, una serie di bozzetti preparati per un progetto di una chiesa nel Gallaratese. Le Deposizioni simultanee accolgono più scene in una sola opera, dalla deposizione di Cristo alla ripresa di una sorta di Sacra Sindone Plastica. Un’altra storia inizia nell’ultima sala della mostra. Somaini si confida con Enrico Crispolti, curatore del Catalogo ragionato della scultura dell’artista. Le lettere scambiate tra i due sono state quindi rimesse insieme dalla Fondazione, che ha ricostituito il Grande Retablo della vita e della morte secondo la piantina originale del progetto. L’installazione si configura come un luogo sacro, la lettera esposta aiuta a comprendere le fasi dell’ideazione del grande allestimento. Tra le opere che fanno parte della composizione vi sono i Trionfi, le Impronte, i Piccoli Troni – o anche detti “Fonti” della vita – e i Portali, che avrebbero dovuto aprire la visione sull’opera finale dell’installazione, mai portata a termine da Somaini, la cosiddetta Vita Trionfante.