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Luogo di sperimentazione multifunzionale che affaccia su via Catalani, nel cuore di Casoretto, Spazio Martín è una vetrina, quasi nascosta, dietro la quale si celano uno spazio espositivo che funge anche da atelier, in cui si respira una magica atmosfera di casa. Universo unico e del tutto nuovo nel panorama milanese, nasce dalla comunione di interessi e idee di Flavia Monguzzi, pittrice, Roberto Aponte, designer, Francesco Pizzorusso, architetto ed Eugenio Crifò, producer e autore. Alla base, oltre che una grande passione, la volontà di dar vita ad un progetto legato al territorio con l’ambizione di promuovere ogni forma d’arte e di espressione. Fotografa e artista visiva, Sara Scanderebech espone qui per la prima volta i propri lavori.
Così, la lucidità e trasparenza della sua visione, in cui la dimensione sottomarina risulta indissolubilmente legata a quella umana e terrestre, si impossessano del candore delle pareti di Spazio Martín. Opere site specific, come Waterspell 1 e 2 (2022), stampate su vinile, si accompagnano a Water Signs 1 e Song to the Siren (2022) realizzate su plexiglass. Una scelta curatoriale che permette di sperimentare con materiali diversi, che non costringono l’opera all’interno di una cornice ma le donano vita nuova e aprono la possibilità di un’installazione insolita.
Le fotografie restituiscono, grazie al plexiglass, una condizione di iper-visibilità e di estrema nitidezza, che ricorda quella creata degli schermi, attraverso i quali la fruizione di immagini risulta oggi predominante, ma anche una sensazione di immersione e bagnato.
Elemento dinamico fondamentale nella biografia dell’artista, di origini pugliesi, l’acqua assume il potere di risignificare la realtà e ogni soggetto sembra appartenerle, costituendo un immaginario quasi onirico, senza tempo, dall’energia aliena, che sfugge a qualsiasi sistema normativo caratterizzante l’esperienza quotidiana.
Una realtà organica in continuo divenire, un mondo creativo inedito che coniuga elementi noti in modalità completamente nuove grazie al mezzo fotografico, dove la modularità di un tubo della doccia permette una coesistenza e un rimando ad animali quali lombrichi oppure aragoste.
Percepita come strumento per realizzare una verifica sulla qualità sensibile e insieme astratta dell’esperienza visiva, la fotografia di Sara Scanderebech vede influenze derivanti dalla pittura e dal cinema, che ne definiscono lo stile, e si muove sulle note di canzoni che ispirano spesso i titoli delle opere e che traducono, in questo caso, la potenza di un incantesimo creato dall’acqua.