08 ottobre 2022

‘Kingdom of the Ill. Il secondo capitolo di Techno Humanities’ a Museion, Bolzano

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A Museion è in corso la mostra "Kingdom of the Ill", a cura di Sara Cluggish e Pavel S. Pyś, secondo capitolo di TECHNO HUMANITIES, programma di ricerca a lungo termine avviato dal Direttore Bart van der Heide. Fino al 5 marzo 2023

K̶i̶n̶g̶d̶o̶m̶ of the Ill, 2022, exhibition view, MUSEION Museo d’arte moderna e contemporanea di Bolzano. Foto: Lineematiche/Luca Guadagnini

Decidere di non rimuovere, di non far finta di niente, di non aver voglia di affrontare il dolore, la polemica e il conflitto. Un grande merito e un’ottima dose di coraggio. La mostra “Kingdom of the Ill. Il secondo capitolo di Techno Humanities” a Museion a Bolzano fino al 5 marzo, affronta il tema della salute, come malattia e come cura. E anche mettendo in campo indagini su come ci si ammala e si come si può essere mal curati. Ecologia, economia, cronaca e politica si intrecciano a tessere trame di narrazione spesso inquietanti. Che in alcuni casi sollecitano giustizia. I venti artisti che hanno partecipato mettono in mostra opere da loro prodotte negli ultimi cinque anni. Alcuni di loro sono malati e raccontano aspetti della loro esperienza nella pratica artistica. Altri sono attivisti e non temono di portare alla vista le loro battaglie. E anche loro stessi, Salute, malattia hanno in realtà un solo protagonista, il corpo. Che entra prepotentemente in molte opere. Il corpo e delle sue condizioni. Dipendenze lutti e problemi dell’assistenza: non manca nulla. Ruota intorno a un pensiero epocale, quello espresso da Susan Sontag nella Malattia come metafora, la scrittrice americana sostiene che noi abbiamo una doppia cittadinanza quella del regno dello star bene e dello star male. E noi cerchiamo sempre di sottrarci a «questa divisione binaria». “Kingdom of the Ill”, è il secondo capitolo del programma di ricerca a lungo termine, dal titolo “Techno Humanities”, che vuole indagare sulle più urgenti questioni che emergono oggi: affrontandole attraverso l’economia, l’ecologia e la tecnologia. 

Patrick Staff, Acid Rain for Serpentine North Gallery, 2019. Steel drums, galvanised steel pipes and fixtures, mild steel tanks, fibreglass, acid, various materials, dimension variable. Exhibition view: “P. Staff: On Venus”, Serpentine North Gallery, London, 2019. Image courtesy of the artist and Commonwealth and Council, Los Angeles. Photo: Hugo Glenndinning

La forza di questa mostra sta anche nella grande varietà e intensità delle opere che sicuramente colpiscono a fondo lo stomaco e il cuore. Nel lavoro dei Brothers Sick (i due fratelli Benus), il braccio come icona ripetuta avvolta dal laccio delle trasfusioni al laccio di cuoio tese come a chiedere cura e attenzione. Non possono non farci tornare alla coscienza questi anni di pandemia e anche il tema dei vaccini e l’ingiusta distribuzione. Nuovi materiali aiutano la rappresentazione: gli arazzi dell’americano Erin M.Riley tesse storie di tossicodipendenze e terapie come in Narcan in Hell 2, e invece la serie di piccole pezzi di argilla rossa con le impronte delle mani, di Ingrid Hora, di Berlino, Collective Effort, sono quelle di chi aiuta. L’impegno collettivo del volontariato. Lyn Herschman Leeson, da decenni usa arte e tecnologia insieme per affrontare questioni di genere, sorveglianza, intelligenza artificiale biotecnologia e ingegneria genetica. L’opera Twisted gravity è stata sviluppato con Wyss Institute for biologically Inspired engineering per indagare il problema dell’inquinamento idrico. Sullo stesso tema, un lavoro fotografico di Mattia Marzorati documenta con The Land of Holes, una delle zona più inquinate d’Italia vicino a Brescia. e invece una potente installazione che attraversa i corridoi di Patrick Staff ci ricorda l’inquietante fatto delle piogge acide. L’opera site specific Acid rain for the Museion è una rete di tubi metallici sospesi che fanno gocciolare degli acidi in barili di acciaio. 

Non manca Nan Goldin pluricelebrata fotografa che ha permesso di comprendere con i suoi lavori la situazione LGBTQ, la crisi dell’Hiv/Aids e la diffusione degli oppiacei. Che racconta in Memory lost. Fondamentale il lavoro di P.A.I.N. (Prescription Addition Intervention Now) un collettivo fondato negli Stati Uniti nel 2017 da artisti e artiste e attivisti vittime della dipendenza che protestano per l’epidemia di overdose in corso. Mettono sotto accusa la famiglia Sakler che ha diffuso l’Oxy contin che crea forte dipendenza. In mostra altre opere fondamentali di Enrico Boccioletti, Shu Lea Cheang, Heather Dewey-Hagborg & Phillip Andrew Lewis, Julia Frank, Sharona Franklin, Barbara Gamper, Johanna Hedva, Adelita Husni-Bey, Ian Law, Carolyn Lazard, Lynn Hershman Leeson, Juliana Cerqueira Leite & Zoë Claire Miller, Mary Maggic, e Lauryn Youden. Il coraggio dell’arte contemporanea di entrare dietro il sipario chiuso per essere sempre voce del suo tempo. Per coprire assenze, come quella dell’informazione, in molti casi. 

Ian Law, The wait is over. Exposed waiting room chair backs with picked home-dried flower shadows, 44 x 310 x 44 cm, 2015. Installation view, Ian Law: you’re adjusting, Rodeo, London, 2015. Photo: Lewis Ronald

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