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L’infinito volgere del tempo di Carlo Zoli approda a Milano
Mostre
di redazione
Dopo la mostra personale conclusa ad aprile a Firenze, nella sede della regione Toscana, (ne avevamo parlato qui) Carlo Zoli – già vincitore della categoria ceramica alla XIV Florence Biennale – presenta al pubblico milanese le opere della nuova serie L’infinito volgere del tempo; una selezione di ventotto pezzi unici e irripetibili, realizzati negli ultimi anni, che parlano di mito e passioni umane per rappresentare il mondo e le sue infinite danze. Sculture forgiate con la maestria propria di un demiurgo contemporaneo che dona la vita “a immagine e somiglianza delle idee” alla materia umile della terra, l’argilla, poi terracotta policroma, rifinita con patine, smalti, resine, metalli preziosi.
L’esposizione a Milano, nello spin-off di HUB/ART, è un’occasione per entrare in contatto con l’originalissima ricerca dell’artista faentino che, spiega la curatrice Greta Zuccali, «testimonia in ogni istante la necessità dell’esplorare, dello scavare nel senso dell’umanità, e trasforma ognuno di noi in moderni argonauti alla ricerca di nuovi significati racchiusi in antiche forme». È la stessa Zuccali che, nel presentare la nuova mostra, afferma che «Zoli modellando la materia viva dell’argilla, provi a dare anima e forma a un paesaggio popolato da figure, talvolta enigmatiche e fantastiche, altre volte ancorate al mito classico, alla letteratura cavalleresca o alle tradizioni cristiane, immaginando un mondo parallelo a quello reale».
Tutto, si legge nel testo che accompagna L’infinito volgere del tempo a firma della curatrice «inizia da un minutissimo granello, testimone di storie antiche, minerali, e altre ricchezze della terra. Un chicco adagiato nelle crepe vicino ai torrenti che respira l’acqua e ad essa ambisce, disvelando in quel desiderio le sue grandi qualità plastiche. Per l’artista produrre è come una preghiera, un esercizio spirituale di auto bilanciamento che prende avvio nella solitudine del suo laboratorio, nel momento in cui le mani, con la loro unica capacità di modellare l’argilla fino a darne le fattezze del bronzo, affondano in quei sacchi densi di materia creativa. Come in una moderna genesi, il suo è un lavoro al tempo stesso concreto e mistico, di forgiatura e introspezione, dove ogni elemento ricopre un ruolo fondamentale nella sinfonia della creazione».
Da sempre Zoli indaga i due volti di quella medaglia tanto preziosa quanto effimera che chiamiamo “esistenza”, tra “Quiete”, creature eteree e armoniche, e “Tempesta”, soggetti viscerali e battaglieri, e da ultimo ha trovato una sintesi nella serie al centro di questa esposizione.
Sono opere plastiche in cui l’elemento del cerchio diventa primario a sottolineare la presa di distanza dalla concezione lineare del tempo, per cui ogni cosa ha un inizio e una fine, un senso e uno scopo, e affermando piuttosto il concetto di ciclicità. I personaggi inseriti nelle loro orbite richiamano citazioni che da Pitagora a Eraclito arrivano fino a Nietzsche e a uno dei capisaldi della sua filosofia: “l’eterno ritorno dell’uguale”. Zoli segue il Kairos dei greci, opposto a Kronos, ovvero l’idea di ripetizione costante degli eventi secondo una personalissima visione della vita che talvolta diviene inferno senza speranza, altre volte si innalza verso le armonie celesti più pure. Sono Titani, angeli, eroi, divinità dell’Olimpo, spesso associati al cavallo, tema da sempre prediletto da Carlo, in quanto simbolo di forza e potenza vitali; ognuno di essi è l’espressione di un attimo inteso come eterno ripetersi, immortale ed eterno, nel bene e nel male, e che come tale merita di essere vissuto intensamente per sé stesso.
L’Angelo ribelle (2021), per esempio, diviene emblema di tracotanza, la stessa che Dante cita immerso nella palude Stige accompagnato da Virgilio: «Questa lor tracotanza non è nova». Un angelo, inscritto in un cerchio, viene colto in un urlo strozzato, privo della capacità di volare perché le sue ali si sono spezzate nel tentativo di avvicinarsi al sole. La fiamma del desiderio di ciò che è proibito lo ha spinto incautamente a travalicare le regole, mettendo in discussione l’ordine prestabilito, e lo ha portato quindi a cadere. Il manifestarsi dell’esistenza è invece rappresentato ne Il sangue vitale (2023) dove la protagonista, forse una maga o forse una sciamana, emerge dal profondo blu dell’universo e porta in dono la linfa vitale, quel seme che proviene dalle stelle, genitrici degli elementi primari da cui ha avuto origine il tutto, i pianeti, la nostra terra, la natura, gli esseri umani, e che continuamente e incessantemente si rigenera.