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La discontinuità come fattore di trasformazione. Le metamorfosi di Enrico David al Castello di Rivoli
Mostre
La visione di Enrico David (Ancona, 1966) è una delicata ma incisiva materializzazione della metamorfosi creativa. Con la mostra Domani torno, progettata appositamente per lo spazio della Manica Lunga del Castello di Rivoli, realizza una scenografia di oltre ottanta opere appartenenti al suo fervido immaginario. Un mondo ibrido prende forma attraverso la scultura, il disegno, la pittura, le opere tessili e installazioni ambientali. Così come per il linguaggio materico, le opere si discostano volutamente l’una dall’altra per astrazione e figurazione. Domani torno potrebbe sembrare una collettiva di più artisti per la varietà di libertà con cui è realizzato ogni singolo lavoro. Si tratta invece di una superlativa sintesi rappresentativa del suo operato degli ultimi quarant’anni.

Le opere rispecchiano la sua fervida fantasia, accomunate da «l’autorità che come artista ho di mantenere il massimo controllo della nostra immaginazione», afferma Enrico David. La sua produzione è caratterizzata dall’elemento della discontinuità intesa come trasformazione. Attraverso il corpo, distorto, potenziato in fattezze grottesche, denuncia l’assurdità della condizione umana. La metamorfosi della sua visione sembra viaggiare tra fiaba, sogno e inquietudine.
La Manica Lunga si trasforma quindi in una scenografia teatrale in cui gli incubi incontrano la realtà, un irrealismo fantastico influenzato da una narrazione folkloristica, mitologica e carnevalesca. Ogni personaggio fa parte della cosmologia personale di Enrico David, risultato di una ricerca aperta, volta ad esplorare il potere della creatività. La diversità si rivela l’ingrediente basilare per costruire una narrazione autentica.

Attraverso le sue creature, Enrico David esplora la dimensione interiore dell’essere umano contemporaneo. Le sue sculture e i suoi disegni sembrano abitare un limbo culturale in cui, sebbene le credenze della tradizione popolare siano relegate a leggende, le possibilità e le implicazioni della tecnologia trasformano questi immaginari fittizi in potenziali e preoccupanti scenari futuri. Come accettare la fine di un’epoca, accorgersi che l’ingenuità di certe credenze si riveli un inganno alla luce della scienza? E contemporaneamente come ci si sente nel realizzare che gli esseri umani stessi siano in una fase di trasformazione verso l’ibrido, costantemente sotto la minaccia di una fine del mondo? Queste sono alcune delle riflessioni che il percorso visivo tra le opere di Enrico David accende, in un misto tra meraviglia e turbamento.

La mostra Domani torno è stata anche l’occasione per presentare in Italia l’opera Il centro dei miei occhi è 160 (1995-2025), prodotta dal Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea in collaborazione con Kunsthaus Zürich grazie al sostegno della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura nell’ambito del programma Italian Council 2025. L’installazione luminosa suggerisce l’altezza del raggio visivo di Enrico David, ovvero la misura ideale per collocare le opere alla parete in relazione alla sua statura. Ma l’opera sembra metaforicamente alludere all’ingresso di una dimensione immaginativa in cui il neon diventa un portale luminoso tra corpo, tecnologia e astrazione.












