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Con l’avvicinarsi dei Giochi Olimpici Invernali di Milano Cortina 2026, Milano si prepara a diventare un grande palcoscenico sportivo, animato da eventi e iniziative che scandiranno il conto alla rovescia e accompagneranno l’intera durata dei Giochi. In questo clima vibrante, anche la Fondazione Luigi Rovati fa la sua parte, scegliendo di raccontare la lunga storia delle competizioni sportive con la mostra I Giochi Olimpici™. Una storia lunga tremila anni, un viaggio dalle prime gare dell’Antica Grecia all’eredità simbolica dei Giochi moderni. Curata da Anne-Cécile Jaccard, Giulio Paolucci, Lionel Pernet e Patricia Reymond, l’esposizione nasce dalla collaborazione con il Museo Olimpico e il Musée cantonal d’archéologie et d’histoire di Losanna.

La Tomba delle Olimpiadi di Tarquinia
Fra le opere più attese spicca la cosiddetta Tomba delle Olimpiadi di Tarquinia, un tesoro che raramente abbandona le mura domestiche, una timida protagonista che, prima di questa occasione, aveva lasciato la propria città soltanto una volta dalla sua scoperta, avvenuta nel 1958. Il nome le fu attribuito a causa della coincidenza con l’imminente apertura delle Olimpiadi di Roma del 1960, ma trova conferma nelle raffigurazioni che decoravano le sue pareti. Gli affreschi – oggi staccati e applicati su pannelli per ragioni conservative – riproducono, in una sorta di sequenza cinematografica, vivaci scene sportive.
Da un lato, una gara di cavalli e bighe: il conducente vittorioso, colto nell’attimo in cui si volta all’indietro, sembra misurare il vantaggio sugli avversari, o forse reagire a un incidente improvviso che sta accadendo alle sue spalle. Dall’altro, scorci di competizioni atletiche, un discobolo, un topolino che fa capolino nell’angolo vicino all’ingresso e, cosa ancora più strana, una figura femminile, un dettaglio che introduce il tema dell’assenza delle donne dai Giochi fino al Novecento. Sono immagini vive, in movimento, che ci riportano direttamente in quell’epoca, tanto che sembra quasi di sentirlo l’odore della polvere che i carri sollevano.

Le opere in mostra
La Fondazione amplia lo sguardo dall’Etruria e dalla Grecia alla modernità, creando un dialogo tra antico e contemporaneo. All’ingresso, come due sentinelle che sorvegliano l’accesso al giardino e al padiglione esterno, la tuta indossata e autografata da Alberto Tomba in occasione delle Olimpiadi Invernali del 1998 a Nagano, e la tuta di Dainese indossata dai pattinatori per i Giochi di Torino 2006. Diverse torce olimpiche si mostrano nel loro design innovativo, poster che raccontano la storia della grafica e della sua evoluzione nel corso del tempo, come quello di Armando Testa, protesi, scarpe autografate da Michael Jordan, piccole e preziose fiale in vetro per i medicamenti, e ovviamente anfore, raffiguranti gli sport più disparati, dalla lotta, alla corsa, dal lancio del giavellotto, al salto in lungo.
Le forme del trionfo
Al piano ipogeo della Fondazione, una sezione è dedicata ai premi dei vincitori. Tra le medaglie di Torino 2006, attestati, corone di alloro e il prezioso trofeo realizzato da Fabergé per il decathlon, spiccano le anfore panatenaiche, raffiguranti da un lato la dea Atena e dall’altro la disciplina praticata dal campione. Realizzate per i giochi che a partire dal 556 a.C. si tenevano ad Atene in onore della dea, queste anfore avevano un pregio particolare: venivano riempite con olio proveniente dagli ulivi sacri ad Atena, accrescendone così il valore simbolico e commerciale.

Lo spirito dei Giochi alla Fondazione Rovati
Nonostante la loro lunga storia, le Olimpiadi non si sono svolte con continuità ma hanno subito una lunga interruzione. Dopo il divieto imposto da Teodosio nel IV secolo, le competizioni ripresero nell’Ottocento grazie all’intervento di Pierre de Coubertin, che ne riconobbe il potenziale educativo e simbolico. Nelle sue parole, i Giochi dovevano essere «un luogo d’incontro felice e di fratellanza» per i giovani di tutto il mondo, uno spazio in cui la conoscenza reciproca disinnesca i conflitti, trasformando la competizione in un esercizio di rispetto e di libertà. La combinazione di rigore storico e scientifico con un linguaggio accessibile rende questa mostra un’occasione ideale per esplorare il tema dei Giochi attraverso un percorso adatto ai curiosi, siano essi grandi o piccoli, agli appassionati di storia, agli sportivi e a chiunque voglia scoprire come tremila anni di cultura sportiva continuino a modellare il nostro presente.














