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La pittura di Pietro Moretti, in equilibrio tra perturbante e meraviglioso
Mostre
Pietro Moretti (Roma, 1996) presenta Selve, la sua prima mostra personale nella città natale, curata da Simone Zacchini presso 1/9unosunove. Un universo visivo intimo e straniante: una selva urbana in cui l’uomo non può che smarrirsi per ritrovarsi. Aperta fino al 14 giugno 2025, la mostra indaga la vita urbana come territorio sospeso tra realtà e surrealtà, tra l’ordinario e il perturbante.
Attraverso una serie di opere inedite – acquerelli e olii su tela realizzati tra il 2024 e il 2025 – Moretti trasforma lo spazio espositivo in un microcosmo vibrante e inquieto. Le sale sono abitate da figure umane sospese, adulti e bambini alienati e indisciplinati, protagonisti di scene paradossali che interrogano il nostro presente.

Il progetto prende avvio da una fotografia giornalistica vista casualmente dall’artista: un gruppo di poliziotti in tenuta antisommossa immersi in un paesaggio arcadico appena fuori Berlino. Un’immagine ambigua, quasi distopica, che diventa la scintilla per una riflessione visiva sul conflitto tra potere autoritario e forza della natura. Da qui nasce una narrazione frammentata, abitata da futuri ipotetici e collassi temporali, dove l’essere umano è insieme spettatore e prigioniero di un mondo in trasformazione. Moretti riproduce quella scena su tela, inglobandola nello stesso registro estetico delle altre opere.

Posti tra reale e immaginario, i nuovi corpi morettiani raccontano storie e visioni, evocando passati e futuri, portando il visitatore a porsi domande profonde sulla vita urbana contemporanea. I personaggi sembrano oscillare tra la necessità di evadere e quella di trasformare il reale, indecisi se accettare la sconfitta della società o ribellarsi. L’artista intreccia riferimenti personali e collettivi, rimandi pittorici e letterari, portando alla luce un linguaggio intimo stratificato.

Il percorso espositivo si articola in due ambienti distinti, ciascuno portatore di una diversa visione. La prima sala, animata da dipinti di dimensione quasi umane, accoglie il visitatore in una foresta di segni e simboli, dove il riferimento alla selva oscura dantesca è evidente ma non esclusivo. Si affianca, tra gli altri, anche la memoria letteraria di Vittorio Alfieri con il suo Tacito orror di solitaria selva (1786).
Al centro della sala si impone La forza fragile (acquerello e olio su tela, 450 × 200 cm), opera site specific divisa in tre pannelli. A sinistra, un poliziotto con casco antisommossa; a destra, tre bambini e un corpo maschile nudo; al centro, la testa dell’uomo appare dietro un albero, isolata e sospesa. La scena si svolge in un fitto bosco: due tronchi scandiscono la narrazione orizzontale mentre la luce filtra tra le foglie, generando un’atmosfera rarefatta e quasi irreale.

La seconda sala presenta invece una serie di piccoli acquerelli su carta (32 × 24 cm). Qui la selva non è più un paesaggio reale ma una mappa mentale, un luogo figurato dove si condensano appunti visivi, frammenti e annotazioni. Questi elementi, come suggerisce il curatore, anticipano e rielaborano motivi poi sviluppati nelle tele maggiori.
Selve rappresenta un momento di svolta nel percorso artistico di Moretti, sia per l’attenzione alla composizione pittorica sia per la riuscita trasposizione di un mondo visivo interiore. Ogni dipinto mantiene un equilibrio precario, capace di tenere il fiato sospeso del visitatore.

Pietro Moretti vive e lavora a Berlino. Nel 2020 si è laureato alla Slade School of Art, University College London. Le sue opere fanno parte di importanti collezioni pubbliche e private, tra cui il Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea (Torino) e la Collezione Giuseppe Iannaccone (Milano).














