28 maggio 2022

‘L’altra forma delle cose’: Emilio Vavarella alla Fondazione Zegna, Valdilana

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A Valdilana, in provincia di Biella, Fondazione Zegna presenta un nuovo capitolo di ricerca tra arte, natura e scienza con la mostra del progetto di Emilio Vavarella "L'altra forma delle cose (AAS47692 / Picea abies)". Fino al 13 novembre 2022

Emilio Vavarella per Fondazione Zegna, 2022. Credits: Damiano Andreotti

La Fondazione Zegna, nella biellese Trivero, Valdilana presenta un nuovo capitolo d’arte, natura e scienza con la mostra “L’altra forma delle cose (AAS47692 / Picea abies)”, un progetto appositamente concepito per Casa Zegna dell’artista Emilio Vavarella «la cui pratica artistica si fonde con un approccio interdisciplinare alla ricerca teorica attraverso l’utilizzo di nuove tecnologie nello spazio poetico, in cui il digitale e le sue potenzialità trasformative incontrano la forza della realtà» hanno ricordato gli organizzatori.

«Per Fondazione Zegna – hanno proseguito – il progetto di Emilio Vavarella rappresenta il proseguimento di un percorso sulla relazione tra natura, arte e scienza avviato con il piano di rinnovo boschivo Zegna Forest lanciato nel 2020, come esplorazione scientifica dello stato di salute dell’Oasi Zegna: oggi questo eco-sistema è oggetto di un imponente progetto dirigenerazione che durerà per almeno un decennio. Da qui l’invito a una serie di artisti capaci di interpretarlo e di mostrarne in filigrana le dimensioni filosofiche, visive, emozionali: nel 2021 è stata la volta di Laura Pugno, mentre protagonista di questo secondo episodio è Emilio Vavarella, ribadendo la volontà della Fondazione di aprirsi alle ricerche contemporanee e di dare spazio a talenti emergenti per portare al pubblico nuovi progetti nati specificamente per Fondazione Zegna».

Emilio Vavarella per Fondazione Zegna, 2022. Credits: Damiano Andreotti

La mostra

«Il progetto nasce su invito della Fondazione Zegna all’artista come sviluppo di un lavoro precedente, The Other Shapes Of Me (2019- 2021) in cui Vavarella ha indagato il rapporto tra identità e tecnologia binaria e le sue più recenti applicazioni.
L’opera di Emilio Vavarella attinge alla genetica, alla tecnologia, alla memoria e alle visioni tattili. Per rispondere alla richiesta della Fondazione Zegna ha messo al lavoro tutta la sua sensibilità e la sua conoscenza e ha trasformato in materiale d’arte il DNA dell’abete rosso che punteggia l’intero comprensorio dell’Oasi Zegna.
Con “L’altra forma delle cose (AAS47692 / Picea abies)”, Emilio Vavarella presenta una serie di 6 installazioni e lavori inediti che sorprendono e commuovono per la capacità di condurre il visitatore nella memoria vegetale come materiale pulsante che condivide la stessa matrice vitale con tutti gli altri esseri viventi.
La mostra ruota infatti attorno al DNA dell’abete rosso, il cui codice identificativo dà il titolo al progetto. Vavarella ha estrapolato le informazioni genetiche dell’albero traducendole in elaborazioni grafiche. L’artista mette in scena uno spartito tessile su cui scorre il racconto genetico del Picea abies, questo il nome scientifico della pianta, per poi convertire il DNA dell’albero, attraverso dei software da lui creati, in un intreccio di pixel trasferibile su tessuto.

Emilio Vavarella per Fondazione Zegna, 2022. Credits: Damiano Andreotti

Il progetto investiga lo specifico contesto dell’Oasi Zegna, dove a inizio secolo il fondatore Ermenegildo Zegna mise a dimora migliaia di abeti rossi trasformando un territorio brullo in una rigogliosa foresta. L’aspetto che ha incrociato nel vivo la ricerca artistica di Emilio Vavarella è l’omogeneità genetica che si ottiene attraverso tecniche di riforestazione, che ha portato l’artista a immaginare la foresta di abeti come una distesa di cloni. La foresta appare dunque come una sorta di copia-incolla genetico, in cui lo stesso codice torna e si ripete continuamente, fino a riempire lo sguardo. Il progetto che ne è risultato si lega alle origini e alla cultura tessile di Zegna, quanto al contesto geografico di riferimento e alla sua vocazione e stabilisce un punto di contatto tra tecniche di tessitura e tecniche di digitalizzazione.

Emilio Vavarella per Fondazione Zegna, 2022. Credits: Damiano Andreotti

L’esito è straordinario. Così lo descrive Ilaria Bonacossa, che firma il testo critico: «Lo spazio di Casa Zegna sorprende il visitatore con strutture metalliche nere, solitamente utilizzate come supporto per server informatici, i tipici computer-rack, ergersi su basi specchianti, come telai contemporanei di strani tessuti dai colori tenui. Queste tre strutture alte circa due metri evocano delle presenze fisiche con cui il nostro corpo entra necessariamente in dialogo e presentano sei elaborazioni del DNA».
Per il progetto, Emilio Vavarella ha utilizzato diversi tipi di tessuti. Prima di tutto la collezione di tessuti BielMonteTM prodotti dal Lanificio Ermenegildo Zegna con 100% lane autoctone provenienti da greggi che pascolano nell’ Oasi Zegna e impreziositi da una ricamatrice di “mending for good”, la piattaforma che valorizza l’artigianato tessile di eccellenza ridando vita agli scarti di produzione dei brand della moda.
Il progetto ha anche coinvolto la celebre manifattura tessile BONOTTO, azienda che fa parte della Textile Luxury Platform del Gruppo Zegna, che unisce la dimensione creativa e sperimentale alla cultura della produzione artigianale e delle tecniche tradizionali. I filati sintetici 100% riciclati, intrecciati da un telaio jacquard gobelin, hanno dato vita ad un grande arazzo (320 x 140 cm), cuore visivo del progetto.
Infine, le tele in lino e lana tessute a mano nel laboratorio di Tessitura di San Patrignano hanno consentito all’artista di fissare un design digitale su una trama e un ordito particolarmente materici.

Emilio Vavarella per Fondazione Zegna, 2022. Credits: Damiano Andreotti

La stessa elaborazione grafica del codice genetico dell’abete si ritrova nella serie di lastre di alluminio stampate con tecnica di sublimazione.
Il linguaggio della tessitura e quello informatico hanno uno sbalorditivo senso comune. Lo stesso Vavarella lo spiega così: «Il primo telaio automatizzato di epoca moderna, il telaio Jacquard, può essere considerato come il primo vero computer. L’idea che informatica e tessitura abbiano condiviso per alcuni decenni le stesse tecniche di programmazione è stato il parallelismo che ha catturato da subito la mia attenzione». Un’operazione che amplifica la vocazione della Fondazione Zegna: memoria, tessuto e respiro nel vegetale sono a loro volta nel DNA della storia d’impresa della famiglia Zegna e dei progetti visionari e appassionati che ne disegnano l’identità e l’impegno nel tempo», ha raccontato la Fondazione.

Emilio Vavarella per Fondazione Zegna, 2022. Credits: Damiano Andreotti

 

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