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Le Visioni Metafisiche di Vasco Ascolini al Bagatti Valsecchi di Milano
Mostre
La casa museo Bagatti Valsecchi apre le proprie porte alla fotografia “metafisica” di Vasco Ascolini. Dapprima impegnato nella documentazione fotografica di spettacoli di prosa e danza nei teatri, il fotografo nato a Reggio Emilia nel 1937 si avvicina alla tematica dei reperti museali e dell’architettura del passato. Oltre settanta scatti di statue la cui dimensione interiore si palesa all’osservatore come si trovasse davanti a immagini di persone reali. I lavori di Ascolini restituiscono la ricchezza interiore di reperti inanimati, grazie all’abilità del fotografo che riesce a catturare momenti di vita e di quotidianità appoggiandosi alla magnificenza della scultura. Le fotografie in mostra appartengono alla Fondazione Pasquale Battista di Triggiano, in provincia di Bari.
Il Bagatti Valsecchi, sempre più propenso alla creazione di un dialogo attivo tra antico e contemporaneo, propone un percorso affascinante alla riscoperta delle proprie maestose sale, allestite in modo permanente e altresì adatte al confronto con l’arte, la fotografia, il teatro. La mostra si apre con un calco in gesso che accoglie il visitatore nella prima sala della casa. Si viene subito condotti verso la camera da letto di Fausto Bagatti Valsecchi, in cui ci si imbatte nelle prime fotografie di Ascolini. In esse, alcune statue sono ritratte mentre “osservano” il tramonto, altre sembrano quasi meditare mentre sono assorte nei pensieri. Nella biblioteca il dialogo è triplice: un autoritratto di De Chirico, realizzato con pennellate simil-divisioniste e una tavolozza pastello, è messo a confronto con il busto di Canova e il calco in gesso di Giuseppe Bossi, sempre dello scultore di Possagno. In mezzo ai due gessi, due lavori di Vasco Ascolini realizzati all’interno di musei archeologici e gipsoteche, nella fase primordiale della sua carriera in cui si appassiona agli atelier degli artisti e alle aule in cui sono conservati modelli e sculture in gesso.
Il percorso procede nella Camera da letto di Fausto, dove trova posto un dialogo tra una Maddalena Penitente fotografata magistralmente da Ascolini nel 1996 al Musée d’Orsay e un modello in gesso di Canova che ritrae lo stesso soggetto. In questo caso, il tema del peccato e del perdono è strettamente collegato agli oggettini che Fausto era solito collezionare: posizionati di fianco al letto, rimandano al tema dell’invocazione del perdono e della consapevolezza di essere peccatore dinnanzi a Dio. La scena che si viene a creare nella sala in questione è suggestiva e decisamente teatrale. Nella Sala da Bagno è il turno di scatti di nudo. Figure colte in emotivi dettagli risultano al contempo fragili ma fortemente sensuali nelle loro espressioni oniriche. Veniamo nuovamente incontro ad una tela di De Chirico nella Galleria della Cupola. Tra importanti manufatti in ceramica e figure allegoriche sulle sovrapporte, L’aragosta (1922) mette in luce la precarietà della vita attraverso l’espressione rattristata del busto raffigurato. Altri scatti conducono alla Sala della Stufa Valtellinese, in cui sono collocati gli scatti che più di tutti mostrano la capacità di Ascolini di evidenziare l’umanità delle sculture. I soggetti sembrano quasi in movimento, si affacciano alle finestre e sono imprigionati in giochi di luci e ombre che trasmettono un senso di isolamento, come fossero soggetti realmente rinchiusi in mura domestiche e separati dalla libertà solo da ampie vetrate e sbarre di cemento.
Oltrepassando la Camera da letto di Giuseppe (Camera Verde) e la celebre Piazza d’Italia dechirichiana, si giunge all’ultima parte dell’esposizione. Lo spogliatoio della Camera Verde, aperto eccezionalmente per la mostra, accoglie una ricostruzione immaginaria di uno dei depositi che Ascolini fotografava in Francia e in Italia, alla ricerca di solitamente immagini nascoste al pubblico e di wunderkammer da cui emergono reperti di scaffali, depositi, gallerie. Altre immagini mostrano interni di scuole d’arte, depositi e aree in manutenzione dei musei e le sculture ricoperte dal pluriball rimandano a figure teatrali atipiche, a dimostrazione della forte componente visionaria e “metafisica” che pervade l’esposizione. Dopo che la mostra ha raggiunto l’apice della meraviglia, nella Galleria delle Armi – l’ambiente più scenografico della casa museo – alle armi e armature rinascimentali della collezione sono affiancate opere degli anni ’90 che Ascolini realizza fotografando sculture ai Giardini di Boboli, ai Musei Vaticani, a Versailles e in altri suggestivi musei europei. Il Trovatore di De Chirico correda la sala e conclude un percorso che va oltre la percezione immediata degli oggetti e delle opere, che la casa museo ha allestito sapientemente in relazione alla storia dei propri spazi, degli arredi e del significato che essi hanno avuto per chi la casa l’ha abitata e vissuta.