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Mario Airò, riscrivere il mondo con armonia: la mostra da Tucci Russo
Mostre
In sintonia con l’esercizio del “co-mondo”, manifesto silenzioso che dà il titolo a una mostra – visitabile fino al 31 gennaio 2026 alla Galleria Tucci Russo di Torino – coerente anche con la scienza attuale, Mario Airò invita ancora una volta a forzare i limiti stretti del sé, delle realtà soggettive, delle definizioni di generi. Naviga nella dimensione nomadica del “co-autore” in un vagabondaggio che accomuna incursioni in brani letterari, poetici, musicali di autori cui lo legano temperatura emozionale, goethiane affinità elettive. Attraverso forme e espressioni di universi culturali diversamente attraenti per umori, urgenze, ansietà Airò ha la felice capacità calcolatoria di rimanere se stesso. Fermandosi su una soglia dove affida la cifra identitaria al richiamo combinatorio creativo di media variabili pittura, objects trouvés dal regno vegetale e animale, gestualità.
Nel cuore vellutato di Torino in lustre Chambres d’Art dai parquet scricchiolanti come pavimenti giapponesi segnaletici di arrivi, la tensione vitale a un armonico “co-mondo” carica di senso opere ultimissime e non a partire dal 1989. Viene in mente per omofonia il nome “Macondo” dato da Marquez al paese colombiano in cui gli abitanti tessono da generazioni ripetute solitudini e conseguenti tragici errori.

Alienazione e incomunicabilità nel romanzo utilizzato da Mario Airò anche nel titolo Le voci della sera di Natalia Ginzburg. Alla storia di “persone che cercano di sotterrare i pensieri e finiscono per ritrovarsi stretti in una morsa di assurdità e di dolore” (Calvino) restituisce “una cromatografia” (2022) emozionale, traduzione in bande a gradazioni di colori contrastanti. Le pagine del libretto squadernato come un leggio a parete sono state immerse in strati ricchi spessi di inchiostro, hanno assorbito tonalità chiare sovrapposte a scure per snaturarne le qualità. I timbri cupi miscelati mimetici di stati d’animo e sentimenti congelati trasformano l’esperienza esistenziale in tenebra luminosa. Per il suo carattere rabdomantico l’oggetto cartaceo divarica e si biforca dalla cancellatura concettuale con cui Emilio Isgrò ricopre la scrittura seguendo una teoria sistematica.

L’altezza a cui è posizionata la Trilogia della devozione (2024) porta a elevare lo sguardo anche senza un altare sottostante. Intuizione di una Ierofania che nell’opera omonima del 2011 estrapolava una dotta citazione, il manifestarsi del sacro sul foglio trafitto come una stimmata dal neon wood. Una epica delle cose umili quotidiane, la forza gravitazionale di lana, canapa, alluminio, polietilene espanso ancorano e proteggono le basi del trittico. Sugli schermi in legno affiorano orme labili che si materializzano in una luce dalla leggerezza senza paragoni. Emanazioni incomprensibili da rimirare e in cui perdersi per effetti più tenui delle macchie di Rorschach.

Come non sposare lo sdegno malinconico di Pasolini a commento della composizione musicale di Ennio Moricone Musica per una fine nell’opera omonima di Airò (2025) che riproduce a stampa il testo iniziale e la amara considerazione sulla “viltà avvezza a vedere morire nel modo più atroce gli altri, con la più strana indifferenza”. Antidoto a una società guerresca disumana, un segno etico di pietà, l’impronta cangiante di una rosa sullo spartito a suggellare lo spirito di resilienza dell’artista.
Nei quadri accostati Pareidolia capillare (2025) un polittico sciorinato, gli inchiostri acrilici assecondano i disegni delle venature del legno di pioppo, forme familiari alla natura, i tronchi d’albero, gli ossi di pelle animale su cui poggiano più che nelle illusioni ottiche di chi li osserva.

Mario Airò racconta dell’attenzione al “co-mondo” ispirata, l’etimo è il soffiare dentro, dal trombettista jazz Marquis Hill. In una sua esecuzione intrattiene gli ascoltatori con l’eloquio della parola, un intermezzo sulla permeabilità del fiato, sul respirare in cui tutto avviene trasformandosi in relazione all’Altro.
Possiamo aggiungere, simile tappeto sonoro di Miles Davis coinvolto «Nell’attimo dell’adesso… una nota fatta di labbra saliva…il fiato si infila e ne sfodera i colori argentei…», per l’incantamento estetico di Silvio Perrella nel libro Ore incerte (2024). E personale per il Markus Stockausen delle improvvisazioni Beetween earth and sky, matter and spirit.
Le passioni sono come le stelle in una notte nuvolosa, accomunano in una “osmosi metabolica” purificata anche se subito non si vedono.














