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A Thiene, la scultura tra metamorfosi e sogno di Nicolas Deshayes invade gli spazi di un’ex chiesa
Mostre
Varcare l’ingresso di Fondazione Bonollo significa attraversare una soglia temporale e immergersi in una stratificazione di memorie. L’eco delle educande, delle voci spezzate dei malati, dei passi rapidi delle infermiere di guerra, vibra ancora tra i marmi policromi dell’altare e le statue della Fede e della Speranza. Una volta convento seicentesco, convitto nobiliare, ospedale psichiatrico, rifugio di guerra, oggi, dopo un accurato restauro, questo stesso spazio barocco si apre al contemporaneo, accogliendo la personale di Nicolas Deshayes (Nancy, 1983), artista francese con base a Dover, la cui pratica scultorea intreccia materia organica e processi industriali.
Lungo il percorso espositivo, guidato dal testo critico di Kyla Mcdonald, dodici opere si dispongono come presenze in ascolto, con la leggerezza delle conchiglie e il peso delle ossa, riverberando nell’architettura e con la storia del luogo. Rivestimenti ceramici riflettono la luce come membrane porose che lasciano intravedere vene, costolature, abissi.

Lo sguardo di Deshayes, come racconta lui stesso, nasce da una curiosità onnivora: dai musei di storia naturale alle botteghe ceramiche di Nove, dai mercati popolari del Bassanese ai capolavori di Canova. Così un unicorno prende forma da una scarpa vista a Bassano, un agnello candido e distorto omaggia insieme i rilievi dolomitici e la tradizione iconografica cristiana, mentre un cucciolo di leone, posto di fronte all’altare, richiama l’araldica marciana, tessendo un ponte prezioso tra Venezia e Vicenza.
Il titolo Di sotto in su non è solo un omaggio all’illusionismo barocco, ma anche la chiave per un vedere che non si arresta mai. Alto e basso, gravità e leggerezza, corpo e cosmo si rincorrono in un continuo rovesciamento. Le sue opere ribaltano lo spazio, lo mettono in tensione con il soffitto affrescato, trasportando l’ex Chiesa delle Dimesse in un campo visivo instabile.

Il percorso non restituisce un sogno quieto, apre piuttosto un varco per una dimensione liminare, come un crepuscolo in cui le forme esitano tra terra e cielo. Una “sleepy atmosphere” permea le sale, popolate da animali notturni che sembrano affiorare da un dormiveglia collettivo. La scansione in tre ambienti – dedicati rispettivamente all’uomo, al paesaggio e agli animali fantastici – suggerisce un itinerario iniziatico in cui figure, paesaggi e creature immaginarie abitano senza risolversi, lasciando aperta la possibilità di continue trasfigurazioni. I lavori sembrano respirare dentro questa progressione, assumendo un tono via via sempre più visionario.
È qui che la materia si accende di riflessi iridescenti, come se ogni superficie custodisse più strati di tempo e luce. Un movimento arcano e delicato che trasforma la terracotta in pelle cangiante, pronta a mutare al variare dello sguardo. In questo scarto ottico si insinua l’ambiguità del suo lavoro, fragile e corporea, ma anche artificiale, quasi digitale. Una scultura che non si concede mai del tutto e che proprio per questo continua a inquietare e a sedurre.

Nelle colate in terracotta smaltata l’artista sembra inseguire l’idea di una materia che non si lascia mai fissare del tutto, scivolosa, vulnerabile, capace di farsi pelle o architettura, guscio o tessuto. È in questa labilità che la ricerca dell’artista trova una nuova forza espressiva. Lavorando con bolle di sapone e smalti trasparenti, Deshayes costruisce effetti epidermici che rimandano tanto alla carne quanto alla lucentezza di un oggetto di design, rendendole opere enigmatiche protese a molteplici letture.
La relazione con il territorio diventa qui tangibile. Nove e la sua tradizione ceramica offrono al lavoro di Deshayes una genealogia di tecniche, gesti, smalti, forni, plasmando un sapere artigianale in scultura contemporanea. La mostra alla Fondazione Bonollo concretizza per la prima volta questo dialogo, orchestrando una risonanza tra la storia del luogo sacro e un linguaggio che esplora le profondità del corpo e della natura.

Fondazione Bonollo, nata nel 2024 dalla visione dei collezionisti Sandra e Giancarlo Bonollo, dimostra così la sua vocazione: creare a Thiene un crocevia internazionale, portando artisti di respiro globale e al tempo stesso valorizzando il tessuto locale. Si rinnova in questo modo il destino di un luogo già dedicato all’accoglienza, che oggi ospita opere d’arte che parlano di fragilità e metamorfosi in un perpetuo divenire tra umano, animale e vegetale.
Uscendo resta negli occhi un chiarore sospeso, come quando dopo un sogno non si sa più distinguere il corpo dalla nuvola che lo ha attraversato. In questo confine tra intimo e collettivo, sacro e organico, Nicolas Deshayes disegna un atlante etereo e ardente del nostro stare al mondo.
















