06 aprile 2024

Prendersi gioco delle gerarchie: la nuova società di Miranda July all’Osservatorio Prada

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Una raccolta d’archivio degli esperimenti e delle urgenze di una donna ambiziosa, autoironica ed eccentrica, che non ha paura di rischiare.

Miranda July in Things We Don't Understand and Definitely Are Not Going to Talk About, 2007. The Kitchen, New York. Foto: Tim Barber. Courtesy: Miranda July Studio

Fondazione Prada presenta la prima mostra retrospettiva dell’artista americana Miranda July, regista, scrittrice e attrice, dal fino al 14 ottobre 2024 negli spazi di Osservatorio in Galleria Vittorio Emanuele a Milano. Curata da Mia Locks, Miranda July: New Societyripercorre le esperienze poliedriche dell’artista in trent’anni di pratica, dagli anni Novanta ad oggi. Tra oggetti di scena, appunti, cortometraggi, performance, video arte e installazioni multicanale, la mostra si articola sui due piani di Osservatorio e mette in scena le evoluzioni dell’artista, iniziate nei locali punk e grunge di New York nel 1996, fino agli ultimi lavori che indagano le declinazioni dei nuovi social media e come questi modificano le narrazioni contemporanee.

Miranda July e Mia Locks. Foto: Valentina Sommariva. Courtesy: Fondazione Prada.
Miranda July e Mia Locks. Foto: Valentina Sommariva. Courtesy: Fondazione Prada

Una mostra che va osservata a ritmo lento, un percorso rischioso, perché Miranda così si definisce: una donna che ama correre dei rischi, da sempre, continuamente. Quando si presenta, non ha risposte da darci: sembra volersi fermare con noi per riflettere su dove siamo e su perché siamo. New Society del 2015, che dà il titolo alla mostra, è la quarta long performance di July, esperimento teatrale che dichiara la sua preoccupazione prima: l’ambizione – forse utopica – di un nuovo mondo sul piano sociale, in cui è possibile un diverso esercizio del potere e una nuova dinamica relazionale, che ci permetta di giocare il nostro ruolo identitario senza la pressione dei giudizi. L’invito è sentirsi, ancora una volta, vulnerabili, non protetti. Un rischio, appunto, ma solo osando diventiamo consapevoli e presenti a noi stessi, senza predeterminazioni di ruolo. Costantemente sorprendente e prolifica in una gamma di mezzi espressivi, July ha costruito negli anni una carriera insistente, imprevedibile, una missione trasgressiva per affrontare domande come la sessualità, l’amore, la solitudine, il femminismo, il controllo sociale e l’ingiustizia politica: “Ho potuto fare tutto, ho dovuto fare tutto e ho documentato e archiviato ogni mio passo”.

Immagine della mostra Miranda July: New Society, Osservatorio Fondazione Prada, Milano. Foto: Valentina Sommariva. Courtesy: Fondazione Prada
Immagine della mostra Miranda July: New Society, Osservatorio Fondazione Prada, Milano. Foto: Valentina Sommariva. Courtesy: Fondazione Prada

La curatrice Mia Locks ci racconta del processo di selezione delle opere, in una sinergia distintamente femminile: “Il lavoro di Miranda deve necessariamente essere mostrato a partire dagli esordi, a vent’anni. Spingendosi oltre i suoi limiti fisici e teoretici, donna ambiziosa ed elegantemente eccentrica, sin da giovanissima July affronta il tema delle dinamiche dei poteri e della caduta delle strutture gerarchiche precostituite. Iniziata con progetti in collaborazione con artisti e creativi, la pratica di Miranda indaga le seduzioni delle nuove tecnologie e il controllo digitale”.

Le sue performance sono incontri di intenzioni e di azioni, una convergenza di sensazioni che ci permette il contatto fisico ed emotivo con l’altro, una fusione totale tra corpi e pratiche che si riferiscono sempre ai media imperfetti del loro tempo. Chi ha il controllo, quando lo perde, e perché? In che modo la gerarchia potrà sparire? Una mostra che, come spiega Miranda, non esisterebbe senza l’archivio: “Precisamente a 22 anni, quando ero una giovane femminista punk, ho incontrato un archivista che mi ha fatto capire perché era importante iniziare a collezionare subito i propri oggetti. Da quel momento ho conservato tutto, materiali, fogli, appunti: è il solo modo che abbiamo per testimoniare il nostro passaggio terreno, la nostra traccia. Con Mia, oltre ai lavori più noti, abbiamo scelto tra i milioni di oggetti accumulati nel mio studio: inizialmente neanche io avevo immaginato che potessero davvero raccontare la mia storia!”.

Miranda July, July, @enter_laughing (Augusta Dayton), @thongria (Zoë Ligon), and @goatzfoot (Lisa Ziegenfuss) in F.A.M.I.L.Y. Cloud, 2024. Still da video. Courtesy: Miranda July Studio

La mostra di Miranda July e la programmazione al Cinema Godard

Al primo piano dell’Osservatorio vediamo oggetti di scena, abiti, scarpe e annotazioni delle prime performance e cortometraggi indipendenti di fine ’90 nei locali punk, accomunati tutti dall’impellente necessità di comunicare le urgenze del momento, con una forte nota di humor e ironia. Nel 1995, Miranda fonda e dirige per dieci anni Big Miss Moviola, una rete di distribuzione underground dedicata alle registe donne. Love Diamond (1998) è la prima performance di lunga durata che racconta le dinamiche tra una madre e sua figlia, intrappolate nell’orbita attorno a Titano, ruoli tutti recitati dall’artista. I cortometraggi tematizzano i problemi di sorveglianza, identità rubata, guardare ed essere guardati, proposti con un’ironia molto vicina all’orrore e alla satira, ritratti di donne e personaggi bipolari sull’orlo della follia tecnologicamente indotta, come in The Amateurist del 1997.

Immagine della mostra Miranda July: New Society, Osservatorio Fondazione Prada, Milano. Foto: Valentina Sommariva. Courtesy: Fondazione Prada

Durante i suoi primi spettacoli, Miranda coinvolge il pubblico integrandolo nella performance con letture di battute del copione. Nel video The Crows, originariamente installato nella toilette del Whitney Museum of American Art di New York del 2004, July urla alla folla come se fosse sul palco di un concerto rock, ponendo una serie di domande alle quali il pubblico risponde ruggendo e gridando. Il video New Society (2015) è un esperimento sociale dal vivo durante il quale gli spettatori accettano la proposta dall’artista di restare all’interno del teatro per il resto della vita e formare una nuova società. La performance è la traccia della storia di un gruppo di sconosciuti che condivide per vent’anni un ecosistema trasversale e clandestino.

Immagine della mostra Miranda July: New Society, Osservatorio Fondazione Prada, Milano. Foto: Valentina Sommariva. Courtesy: Fondazione Prada. Miranda July, Learning to Love You More: Assignment #43 (2024). Courtesy: l’artista e Miriam Goi e Antonella Cei

Al secondo piano è esposto F.A.M.I.L.Y. (Falling ApartMeanwhile I Love You), l’ultimo lavoro iniziato nel 2020 e realizzato in collaborazione con sette estranei su Instagram. Su richiesta dell’artista, i partecipanti hanno inviato brevi video di azioni poi rimontati sullo sfondo del suo studio usando l’editing di Tiktok suggeritogli dal figlio. Il risultato è un’installazione multicanale su 9 monitor i cui le performance surreali e metafisiche sono proposte il loop e indagano il concetto di sessualità intima, viscerale e libera dal pragmatismo sociale. Gli inquietanti suoni tattili stile ASMR sono realizzati dal sound designer con cui Julycollabora nei film.ù

Immagine della mostra Miranda July: New Society, Osservatorio Fondazione Prada, Milano. Foto: Valentina Sommariva. Courtesy: Fondazione Prada. Miranda July, F.A.M.I.L.Y. (Falling Apart Meanwhile I Love You), 2024. Courtesy: l’artista.
Immagine della mostra Miranda July: New Society, Osservatorio Fondazione Prada, Milano. Foto: Valentina Sommariva. Courtesy: Fondazione Prada. Miranda July, F.A.M.I.L.Y. (Falling Apart Meanwhile I Love You), 2024. Courtesy: l’artista.

All’inizio della mostra, un codice QR ci permette di partecipare al lavoro inviando un breve video che, se selezionato, diventerà materiale per una nuova opera. A fianco dei monitor, una stampa dello stesso poster che vediamo appeso nella camera dell’artista. I’m the President, Baby è un curioso ritratto di Oumarou Idrissa, autista Uber conosciuto casualmente a New York. Quattro tende automatizzate sono collegate all’Iphone e al letto di Idrissa tramite la tecnologia “smart home” che Miranda utilizza per monitorare le attività online dell’uomo su app e chat, trascritte in brevi testi incorniciati. L’opera, originariamente proposta al Victoria e Albert Museum di Londra in tempo reale, testimonia l’impatto psicologico della migrazione e del lavoro occasionale in una delle tante vite solitarie nella metropoli contemporanea.

Immagine della mostra Miranda July: New Society, Osservatorio Fondazione Prada, Milano. Foto: Valentina Sommariva. Courtesy: Fondazione Prada. Miranda July, New Society, 2015. Courtesy: l’artista
Immagine della mostra Miranda July: New Society, Osservatorio Fondazione Prada, Milano. Foto: Valentina Sommariva. Courtesy: Fondazione Prada. Miranda July, New Society, 2015. Courtesy: l’artista

A fine percorso, July ha deciso di rivisitare l’Assignement43 condiviso su Instagram, di Learning to Love You More, sito web nato nel 2002 che raccoglie 70 incarichi creativi: “Realizza una mostra con le opere che trovi in casa dei tuoi genitori”. In collaborazione con Mirian Goi, giovane donna di Milano, l’installazione espone alcuni oggetti dei genitori, dal sapore malinconico del tempo dell’infanzia, mostrati insieme a una breve descrizione del ricordo ad essi legato.

Miranda July: New Society è accompagnata da un nutrito programma di proiezioni al Cinema Godard, una rassegna che comprende talk di presentazione e i tre film e cortometraggi più celebri, Me and You and Everyone WeKnow (2005), The Future (2001) e Kajillionaire (2020), opere inedite su grande schermo e una pubblicazione cartacea che include una conversazione tra July e Cindy Sherman. “Riguardando questa strana mostra”, racconta l’artista, “mi rendo conto che ho sempre cercato di fare la stessa cosa nella vita: vivere profondamente l’attimo e capire il perché della mia presenza nel presente. Concepisco me stessa come una donna libera, un’artista talvolta, mutevole e difettosa”. Una mostra da non perdere e che ci chiede, urlando, perché vogliamo e possiamo essere quello che siamo.

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