-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- Servizi
- Sezioni
- container colonna1
Il circa di allora come un finché è un titolo che potrebbe destare una certa confusione negli occhi di chi lo legge. Eppure racchiude perfettamente lo spirito della ricerca artistica di Peter Downsbrough, una delle figure centrali dell’arte concettuale del secondo Novecento, recentemente scomparso, cui la curatrice Laura Lamonea ha voluto dedicare il titolo della mostra a Palazzo Forti. The Then About As Until propone una selezione di linguaggi video, riunendo una rosa di artisti internazionali come Anouk De Clercq, Nicoletta Grillo, Manon De Boer, Helga Davis, Herman Asselbergs e David Claerbout, in dialogo ideale con l’opera di Downsbrough.
Downsbrough, a partire dai primi anni Settanta, ha sviluppato una ricerca verbo-visuale integrando assieme scultura, video, scrittura, fotografia, e invitando ad indagare la percezione dello spazio, spesso tramite segni verticali come linee, pali e confini della stessa architettura urbana. All’interno di edifici, guida, tramite l’uso della parola, di lettere e linee adesive, alla lettura dell’ambiente, ad una maggiore consapevolezza del tempo e dello spazio che abitiamo. Non è possibile infatti, osservare l’opera di Downsbrough (in mostra Two pipes, one standing e Power/from to with) senza cogliere contemporaneamente lo spazio circostante, una simultanea doppia lettura/assimilazione che invita ad un discorso aperto sul cambiamento continuo e sulla posizione dell’individuo rispetto l’opera d’arte.

Ecco che allora il titolo della mostra acquista una semantica della soggettività più chiara, che si declina in circa, come, un, finchè, proprio in base a chi guarda, e ci presenta tutti i diversi modi in cui possiamo vivere un’opera d’arte, un spazio, un video. Palazzo Forti, in questa occasione, diventa scenografia d’eccezione, capace di amplificare e accogliere con naturalezza questa pluralità di sguardi e di significati.
Più avanti, Anouk De Clercq presenta due lavori video molto diversi tra loro, e ugualmente potenti: il primo, OK, riflette sull’essere neri in un mondo dominato dalla prospettiva bianca. Racconta del desiderio di pace, di tranquillità, di poter godere del sole della lettura di un libro e allo stesso modo non temere per la propria persona. Racconta della necessità di sentirsi davvero OK e della rabbia dell’artista – che, nel video, prende in prestito le parole da Helga Davis al culmine delle proteste di Black Lives Matter nel 2020 – davanti l’indifferenza. In Birdsong, de Clerq sposta l’attenzione sulla natura e sulla cosmologia, indagando il potenziale poetico delle immagini in movimento. Dal giorno alla notte, dalla notte al giorno, sopra un ramo immaginario, due uccelli si posano, cinguettano, ciclicamente. Sullo sfondo, sole, luna e stelle che si alternano, in uno scenario sì minimale, ma che racchiude in sé l’intero universo. Le parole che attraversano il video, immergono lo spettatore in un mondo poetico e cosmico, spingendolo a meditare su tempo, esistenza ed eternità.

Nicoletta Grillo, con Oltremare, racconta la costa tirrenica della Calabria come una soglia blu da cui si parte, si ritorna, per ripartire ancora. Alternando immagini della Calabria industriale a immagini marittime più evocative e naturalistiche, Grillo racconta di una terra segnata dall’emigrazione, restituendo un racconto intimo e personale tramite voci in sottofondo di chi, nativo di quella terra, l’ha poi lasciata. Manon de Boer invece, con il suo video Oumi, From nothing to something, to something else, scava dentro l’introspezione adolescenziale, fatta di svogliatezza, ma anche sperimentazione e novità. Conclude la mostra al piano superiore, David Claerbout con The Pure Necessity: un’opera che reinterpreta il celebre Libro della Giungla della Disney. Nel video, Claerbout rimuove ogni elemento narrativo e antropomorfo, restituendo agli animali la loro vera natura selvaggia. Nessun canto, nessun dialogo, nessuna morale: solo la vita nella giungla, invitando così a un nuovo modo di ascoltare e osservare il vivente, libero da ogni proiezione umana.
Con una pluralità di linguaggi e prospettive, ‘The Then About As Until’ esplora i grandi temi del nostro presente come migrazione, razzismo, ecologia, identità, restituendo al pubblico un’esperienza poetica, coinvolgente e indispensabile di riflessione collettiva.















