06 dicembre 2025

Credere che il mondo possa sollevarsi insieme al proprio desiderio. Nasce a Mantova il Museo Sonnabend


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La nascita della Sonnabend Collection Mantova, dentro il restaurato Palazzo della Ragione — inaugurata il 29 novembre 2025 con 94 opere che attraversano un secolo di linguaggi, da Rauschenberg a Lichtenstein, da Pistoletto a Kounellis, dai Becher a Koons — è una continuità atmosferica

Museo Sonnabend, Mantova. Ph. Giuseppe Gradella

Mantova è una città che conosce l’altezza. È nata per essere “Altezza”.  

Qui l’aria è materia antica, stratificata, un elemento che porta memoria. È la stessa aria che ha spinto Virgilio a immaginare mondi che non poteva vedere, che ha insegnato a Mantegna a forare il soffitto della Camera degli Sposi per aprire un cielo più credibile del reale, che ha permesso a Giulio Romano di deformare la logica fino a farle cambiare postura e lo ha ispirato a disegnare il palazzo degli inganni. Il Rinascimento mantovano è stato uno dei primi studi europei sull’immaginazione ascensionale. Qui si è imparato che la prospettiva è una forma di libertà, che la luce può essere progettata, che lo spazio è costruibile. E quando Giulio Romano piega il Palazzo Te, quando Mantegna apre la volta della Camera degli Sposi, quando Isabella d’Este costruisce lo Studiolo come un dispositivo concettuale, stanno tutti dicendo la stessa cosa, che la realtà è malleabile e può salire. Gaston Bachelard avrebbe riconosciuto in questi gesti una genealogia del volo. Non il volo per fuga, ma per trasformazione. La stessa genealogia che oggi accoglie la collezione Sonnabend. Non come un’aggiunta ma come una prosecuzione.  Un nuovo strato d’aria sopra secoli di aria. Il museo che non arriva, il museo che sale.

Palazzo della Ragione Fronte_Comune di Mantova ph. Giuseppe Gradella

Mantova è una città dove tutto tende verso l’alto, con quella lentezza verticale che appartiene solo a chi è sicuro di sé. Per questo la nascita della Sonnabend Collection Mantova, dentro il restaurato Palazzo della Ragione — inaugurata il 29 novembre 2025 con 94 opere che attraversano un secolo di linguaggi, da Rauschenberg a Lichtenstein, da Pistoletto a Kounellis, dai Becher a Koons — non appare come una frattura. È una continuità atmosferica. Un altro capitolo della stessa spinta ascensionale che qui si esercita da secoli. Bachelard, che dell’immaginazione aerea ha scritto pagine e pagine, avrebbe sorriso nel vedere questa città accogliere un museo così. Nel suo Psicanalisi dell’aria, ci ricorda che il volo non è un gesto fisico ma un orientamento morale-mentale. L’ascesa non appartiene alle ali, ma all’intenzione e “volare” significa credere che il mondo possa sollevarsi insieme al proprio desiderio. 

Ileana Sonnabend. Photographed by Lina Bertucci at the Sonnabend Gallery, New York 1989

Come chiosa il sindaco Mattia Palazzi a fianco della dirigente della cultura Giuli Pecchini e alla responsabile musei civici Veronica Ghizzi durante l’inaugurazione: «Questa inaugurazione rappresenta per Mantova una svolta concreta. Nella storica sede del Palazzo della Ragione, nel cuore della nostra città – già Patrimonio Mondiale dell’UNESCO e prima Capitale Italiana della Cultura – apriamo un nuovo museo di arte contemporanea dedicato alla prestigiosa Sonnabend Collection. Portare qui, a Mantova, una delle collezioni private più significative al mondo per l’arte del XX secolo – omaggiando la figura visionaria di Ileana Sonnabend – significa inaugurare un nuovo capitolo per la nostra comunità: una città dal grande passato rinascimentale, che oggi si proietta con convinzione verso il futuro. Questo risultato è il frutto di un lavoro condiviso, realizzato insieme alla Sonnabend Collection Foundation, guidata da Antonio Homem, al direttore artistico Mario Codognato e a Marsilio Arte. Si tratta di un progetto strategico per Mantova, che ci consente di entrare a pieno titolo nel panorama internazionale dell’arte contemporanea e di consolidare la nostra posizione sulla mappa culturale europea. Questo museo non è soltanto un nuovo spazio espositivo, ma un investimento sul futuro della città: sulla capacità di attrarre turismo qualificato, stimolare creatività, formazione e dialogo, e rafforzare la nostra identità… Con entusiasmo e senso di responsabilità consegniamo oggi a Mantova, e al Paese, un’opera che guarda avanti, valorizzando al contempo la nostra grande storia».

Museo Sonnabend, Mantova. Ph. Giuseppe Gradella

Il percorso espositivo – composto da undici sale, dagli anni Cinquanta ai Duemila – è costruito come una progressione verticale. Ogni stanza toglie un po’ di gravità. Ogni opera sposta la percezione un po’ più in alto. L’ordine delle opere non racconta solo la storia dell’arte contemporanea, racconta la storia dell’ascesa dell’immaginazione, il passaggio dalla materia al concetto, dall’immagine alla luce, dalla superficie all’idea. È un museo che funziona come un respiro. Inspira passato. Espira futuro.

In questo senso, Mantova non tradisce la sua identità ma la dilata. Non rinuncia alla sua storia ma la usa come trampolino. Non teme la contemporaneità ma la integra nella propria verticalità naturale. Materializzando il risultato più puro del pensiero bachelardiano come sogno che non si allontana dalla terra ma la fa diventare più leggera. Mantova è la città che finalmente ammette il proprio volo. E se Mantova oggi ammette finalmente il proprio volo, allora vale la pena entrare nel museo seguendo la stessa traiettoria ascensionale che il percorso espositivo suggerisce. Perché le undici sale della Sonnabend Collection non sono semplicemente un allestimento, sono un racconto. Una progressione mentale, quasi respiratoria, in cui ogni opera solleva o appesantisce, la percezione in modo diverso, come se l’immaginazione contemporanea fosse un organismo che cresce per salti, contrazioni ed espansioni. Alcune opere, più di altre, incarnano questo movimento. Sono punti di frizione, di passaggio, di rivelazione. Luoghi in cui la storia dell’arte si stringe e poi si spalanca. Luoghi in cui Mantova, senza quasi accorgersene, diventa di nuovo verticale.

Museo Sonnabend, Mantova. Ph. Giuseppe Gradella

Il viaggio comincia dalla prima sala, quella in cui si avverte ancora l’eco dell’Espressionismo Astratto mentre già si prepara la frattura della nuova pittura americana, l’opera di Jim Dine apre la strada con una delicatezza spiazzante. I suoi oggetti – cuori, utensili, frammenti di autobiografia visiva – appaiono come una confessione lasciata sulla soglia del museo. Dine è l’artista che permette alla pittura di ricostruire un legame con il mondo reale, dopo anni di puro gesto. È il primo sussulto di concretezza, la prima prova che il linguaggio può farsi più leggero senza perdere profondità. È una porta. Un invito.

Si avanza e, nella quarta sala, il percorso si incrina. Qui compare Bruce Nauman, e la sua presenza è una come una scossa. Con Nauman lo spazio si fa instabile, il corpo diventa un materiale plastico, il suono un mezzo scultoreo, il gesto una domanda senza risposta. È un artista che non rassicura ma sposta, disturba, mette in tensione. Per la Sonnabend Collection rappresenta il punto in cui l’arte smette di essere un oggetto e diventa un atteggiamento. Un luogo mentale, una trappola garbata, una palestra percettiva. È la prima vera curva del percorso, quella che costringe a ricalibrare l’equilibrio.

Museo Sonnabend, Mantova. Ph. Giuseppe Gradella

Poi si entra nella sesta sala, dove la luce pare farsi più tenue (ma è solo la percezione), come se ci fosse il desiderio di spegnere le luci per oscurare un capitolo buio della storia del XX secolo: L’Olocausto. Qui Christian Boltanski apre uno dei momenti più emotivi del percorso. Le sue immagini, le sue fotografie, le sue architetture di volti e assenze parlano di memoria. La memoria di sei milioni di esseri umani uccisi. Ci ricordano che l’arte del Novecento, per rinascere, ha dovuto fare i conti con ciò che era stato perso. Boltanski non mostra, evoca. Non racconta, trattiene. È la forza della lacuna, del non detto, dell’ombra. È il punto del percorso in cui il volo incontra la gravità. Senza questo momento di peso, nessuna ascesa sarebbe credibile.

Si risale nella nona sala, dove la fotografia incontra la pittura e la trasforma nel proprio doppio. Qui la presenza di Matthias Schaller è un’illuminazione lenta. Le sue fotografie delle tavolozze dei grandi maestri – superfici sporche, consunte, attraversate da pigmenti secchi – sono la prova che la pittura sopravvive nei suoi resti, nei suoi strumenti, nei suoi fantasmi. È un omaggio e insieme una sovversione. Schaller rende pittorica la fotografia senza imitarla, la trasfigura. In una città come Mantova, dove la pittura rinascimentale è ancora un organismo vivo, il suo lavoro dialoga in modo quasi metafisico con la storia. La nona sala è la sala della lucidità, della contemplazione, del respiro profondo.

E infine si arriva alla undicesima sala, letteralmente un’esplosione. Qui Jeff Koons governa lo spazio con la sua estetica specchiante, infantile, kitsch e monumentale. È un cortocircuito impeccabile tra piacere visivo e complessità concettuale. Koons qui, seduce la storia. La sua opera riflette tutto – chi guarda, il museo, Mantova – trasformando ogni elemento in parte della scultura. È il trionfo del desiderio come forma artistica. L’atto finale di un percorso che, dalla materia al concetto, dalla memoria alla luce, trova qui la sua deflagrazione.

Museo Sonnabend, Mantova. Ph. Giuseppe Gradella

Chi entrerà nelle sale del Palazzo della Ragione sentirà che qualcosa, in questa città, ha cambiato densità. Gli affreschi trecenteschi continueranno a raccontare ordine e giustizia ma nel museo si avvertirà una frizione sottile, non una conciliazione, ma piuttosto la consapevolezza che qui la storia attraversa il presente. Ed è in questo attraversamento che ritorna Virgilio, così come lo ricorda Bachelard nel Sogno di volare: «primum pedibus talaria nectis aurea», prima di tutto, allaccia ai piedi i calzari alati d’oro. Il volo nasce da un gesto minimo, da una decisione preparatoria, prima ancora che dal cielo. E allora è inevitabile vedere, in quei calzari, il gesto che ha cambiato il destino della città dei Gonzaga con Mattia Palazzi che, allacciati idealmente i suoi calzari alati, vola a New York per tentare ciò che sembrava impossibile cioè convincere la Sonnabend Collection a trovare casa nella sua città. Ha fatto ciò che Virgilio prescrive e ciò che Bachelard riconosce ovvero preparare i piedi prima delle ali.

E quando si esce dal Museo Sonnabend, si scendono le scale del Palazzo della Ragione con i piedi e lo sguardo su Piazzetta delle Erbe, si avverte quella particolare tensione in cui il desiderio smette di essere immaginazione e diventa Altezza. Un istante dopo, tutto sembra più leggero, come se il sogno di volare avesse finalmente trovato un luogo in cui restare: Mantova.

Museo Sonnabend, Mantova. Ph. Giuseppe Gradella

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