07 novembre 2019

Club To Club 2019: da Floating Points a James Blake, tutti gli highlights

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Club To Club 2019 si è concluso con più di 30mila presenze, che si sono raccolte per assistere agli oltre 50 show performati da artisti di tutto il mondo

Club To Club 2019 (courtesy Andrea Macchia)
Club To Club 2019 (courtesy Andrea Macchia)

Club To Club 2019 ha spento le sue luci, riuscendo a superare la non facile prova di confrontarsi con un’edizione, la scorsa, dominata da un nome ingombrante come quello di Aphex Twin. Più di 30mila presenze, 85% dall’Italia e 15% dall’estero, per assistere a oltre 50 show, 16 esclusive e 11 debutti italiani di artisti provenienti da 5 continenti.

Primo aspetto notato nell’edizione di quest’anno è stata una decisa ottimizzazione dell’immagine, dalla pubblicità ai visuals e i palchi, grazie alla collaborazione di Weirdcore (al fianco di Aphex l’anno scorso) e alla produzione di Vittorio Della Casa di Delamaison Production (al lavoro con i Daft Punk, tra gli altri). Secondo aspetto, una radicalizzazione della proposta musicale attorno al concetto di avantpop: più band, più voce, più carne ed ossa per un festival che negli ultimi anni sembrava puntare ad un allineamento con i grandi festival europei di musica elettronica.

Apriamo i nostri highlights con un nome un po’ nascosto nella line-up ma già noto agli addetti ai lavori, Spencer D dei Visible Cloaks. Americano ma dedito ad un ricerca quasi etnografica di sonorità che miscelano ambient, new age ed elettronica dal paese del sol levante, Spencer D si è reso noto con la selezione Kankyo Ongaku: Japanese Ambient, Environmental & New Age Music 1980-1990. Il suo dj set ambient alle OGR si è basato proprio su questa raccolta e ha portato un’elegante ventata di pace e serenità che non ha tradito l’estrazione orientale della sua selezione.

Il 31 ottobre alle OGR si è anche esibita Holly Herndon, americana trapiantata a Berlino, che ha portato un interessante e coinvolgente saggio di quello che potremmo chiamare avant-folk, per rimanere sulla scia della direzione artistica Club To Club. Purtroppo assente un elemento clou del suo lavoro: Spawn, creatura con Intelligenza Artificiale progettata per interagire con la voce umana, evidentemente non ancora pronta per lavorare live. Ciononostante la Herndon ha saputo intrattenere con un efficace mix di polifonie corali folk, a tratti arcaiche, con basi elettroniche danzerecce ma non scontate. Un live ben curato, in particolare sulla presenza di palco con cui il gruppo della Herndon ha saputo toccare dei momenti da pièce teatrale.

Tra i live del 1 novembre ha soddisfatto le aspettative il britannico James Blake, che ha condotto un ottimo live di pop contemporaneo. Una performance pulita nell’esecuzione musicale e vocale che ha testimoniato il passaggio ad una fase più matura della sua attività musicale. A scaldare il Main Stage anche un ottimo Skee Mask, già presente nella line up dell’anno scorso. Classe 1993, il giovane producer tedesco ha condotto un set a tinte scure, ammiccando di tanto in tanto a sonorità dei primi anni 2000 e spargendo interventi di IDM che denotano un promettente potenziale. Promessa mantenuta anche per il C2C, Skee Mask è un nome da tenere d’occhio.

Sul Crack Stage sono passati i Battles, di ritorno al Club To Club dopo 4 anni, freschi del loro nuovo album Juyce B Crypts. Ridotti da poco a duo, i Battles sono riusciti mantenere una massa sonora ed una complessità strutturale davvero notevoli ma non sempre sufficienti a compensare l’assenza dei due ex-membri. Prova comunque superata con un concerto che ha fatto divertire e ballare. Sullo stesso stage sorpresa a notte fonda con il kenyota Slikback, che ha girato e rigirato il sound con salti di tempo, flussi spezzati e cambi di ritmo a catena. Un frullato di martellate fatto di footwork, dubstep, techno, ritmi tribali e tanti ingredienti oscuri per un live davvero da carboni ardenti.

Bello il live dei Chromatics la sera del 2 novembre, che hanno reso omaggio al loro nome con dei visuals estremamente curati (forse anche troppo). Il loro pathos nostalgico e vagamente inquietante si è espresso a dovere, unica pecca la voce di Ruth Radelet che a tratti faticava un po’ ad uscire dal mix. A seguire sul Main Stage il dj set dei nostri compatrioti Nu Guinea, che nonostante la loro residenza a Berlino sprizzano italian vibes da tutti i pori. Il loro set si è snodato attorno a quelle sonorità ottimamente definite nel loro Nuova Napoli, miscelando disco-funk partenopeo con tinte afro-beat alla Tony Allen fino a toccare momenti quasi caraibici, giusti per scaldare il freddo e piovoso sabato sera torinese.

Un salto al Crack Stage per farsi investire dalla tempesta nu jazz dei The Comet Is Coming, che hanno portato a sul palco un concentrato di energia, volume e massa sonora senza lasciare spazio a domande dal pubblico. Gli incroci ritmici dal rock, funk, downtempo e techno dell’impeccabile Max Hallet sono conflagrati con le atmosfere psichedeliche ed elettroniche tessute da Shabaka Hutchings con la sua colonna di fiato al sax e Dan Leavers con i suoi synth. In una parola: power jazz.

Tornando al Main Stage l’aria era vibrante delle frequenze di Floating Points, altro big di quest’edizione. Assieme a Skee Mask, il dj e producer inglese ha mantenuto vivo quel filone di elettronica sperimentale che il Club to Club, nonostante il focus sull’avant-pop, ha seguito spesso e volentieri nelle passate edizioni. Il suo un live senza sbavature ma anche senza eccessi: considerata la sua posizione nella line up avrebbe potuto forse osare un po’ di più. A seguire su questo palco Romy degli xx al suo debutto italiano da Dj, che con il suo set techno a tinte house ha saputo davvero divertire, aprendo la strada al ? della line-up che si è rivelato essere anche quest’anno Kode9. Il suo set Kode9 plays Hyperdub 15 ha rimbalzato dai lenti e gommosi bassi di reminiscenza dubstep ad alte velocità quasi hardtek, mandando tutti a casa con una spassosissima mina.

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