23 ottobre 2003

decibel_dal vivo Real Good Time – Dissonanze 2003 Roma, Cappa Mazzoniana

 
Perversione, narcisismo e sessualità deviata in un viaggio attraverso Borroughs, Warhol e Pasolini. Enzo Cosimi mette in scena, con l’aiuto di Robert Lippok, una provocatoria performance a cavallo fra arte, teatro, danza e musica. Vediamo com’è andata...

di

Non è facile, in realtà, descrivere Real Good Time, la performance pensata e prodotta per Dissonanze 2003 da Enzo Cosimi (coreografo/regista) e Robert Lippok (musicista); perché durante l’esibizione ci sono stati momenti molto diversi fra loro, riconducibili l’uno all’altro solo in funzione di una specie di metafora esistenziale che scorre lungo il filo rosso delle adolescenze di Borroughs, Warhol e Pasolini.
All’inizio Robert Lippok ha trasformato il suono di una decina di chitarre, suonate da un gruppo di ragazzi qualunque, in un flusso coerente e gassoso, ricomponendone un’unità e una coerenza secondaria. Nel frattempo, mentre Lippok continuava a passare al setaccio l’insieme convulso di note stonate, ci si poteva spostare verso il bagno che per l’occasione era stato completamente ricoperto di carta argentata sulle Real Good Time pareti e di terra da giardinaggio sul pavimento, ornato di fiori colorati e di un‘illuminazione alquanto invadente. Al suo interno un ragazzo efebico in mutande si guardava allo specchio e spruzzava nell’aria un deodorante per bagno. Nello spazio antistante, una doppia slide show di diapositive a sfondo sessuale-narcisistico, posta su pareti contrastanti, faceva da cornice ad un altro attore che, con il walkman nelle orecchie, si muoveva a tempo di musica su un materasso.
Finita la performance musicale iniziale, Lippok continuava a produrre un’ipotetica colonna sonora mentre un attore, vestito da football, con una parrucca che ricordava evidentemente l’acconciatura di Warhol, cominciava la sua violenta e provocatoria esibizione. Un monologo attraverso la psiche adolescenziale di un individuo senza tabù, per il quale il corpo, unica cosa conoscibile, non era che uno schermo da eliminare, scoprendolo nella sua brutale e nuda carnalità. In uno spazio immediatamente adiacente, una ballerina, anche lei rimasta completamente nuda, davanti ad uno schermo gigante dove era proiettata la corsa di un’automobile presa da davanti, in modo che sembrasse perennemente in procinto di uscire dallo schermo, si esibiva in un ballo violento e convulso sulle note allungate dell’intensa musica di Lippok. Infine, di nuovo al centro dello spazio performativo, i ballerini attori, contorcendosi, chiudevano l’evento cospargendosi di banane e cioccolato.
Real Good TimeDa una parte Real Good Time è stata una performance (o un insieme di performance?) di sicuro impatto, cosa che ha favorito il rapporto con un pubblico meno abituato a questi eventi, ma dall’altra è mancata un po’ di profondità, perché ha sfiorato solo in parte la complessità della psiche dei personaggi presi in questione, esaltandone cioè il lato provocatorio ed esteriore, ma perdendo di vista i lati più nascosti e perversi. La troppo evidente, e forse un po’ scontata, sessualità deviata ha poi ridotto la portata d’alcuni momenti molto interessanti proprio perché ha condotto la provocazione ad una mera contrapposizione con la presunta ideologia e il costume del pubblico (di un qualsiasi ipotetico pubblico) che, di fatto, ormai, è ben più che smaliziato.

link correlati
dissonanze.it
www.interactv.it

valerio mannucci
performance vista il 30 settembre 2003

decibel è un progetto editoriale a cura di marco altavilla

[exibart]

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui