05 febbraio 2021

Melodie avvolgenti e atmosfere sognanti: intervista ai Sierra

di

Dopo il grande successo del loro singolo “Enfasi” e di “Come mai”, i Sierra ritornano con il nuovissimo “Mezze lune”. Li abbiamo raggiunti per farci raccontare il loro mondo

Sierra musica
ph. Marco Cignitti

Dopo tanta attesa, tornano a farci sognare e a ballare con le loro canzoni i Sierra. L’esordio del duo romano è avvenuto con la partecipazione a X Factor 13, nel quale, sotto l’ala prorettrice di Samuel dei Subsonica, ha potuto raggiungere il grande pubblico. Nonostante non abbiano ottenuto il primo posto, nulla ha fermato la loro ascesa e il loro successo. A sancire la loro fama, il loro primo inedito Enfasi – disco d’oro prodotto da Big. Fish – che ha raggiunto le 23.264.415 visualizzazioni su Spotify e 6.264.818 su Youtube.

Lo scorso 22 gennaio, è stato rilasciato il loro nuovissimo singolo, Mezze lune (Sony Music), prodotto da Mr. Monkey e Niro, un mix di flow elettronici, rap e un pizzico di pop che ci va volare evocando atmosfere sognanti. E ora i Sierra si raccontano a exibart, attraverso metafore e simboli, tra navi in partenza al molo, mezze lune, stelle lontane da raggiungere, in una continua ricerca di una pace e armonia interiore.

Mezze Lune, Cover

Mezze Lune nasce da una riflessione sul periodo difficile che abbiamo vissuto e che continuiamo a vivere. In primis vi chiedo, come state e come state affrontando tutto questo? Da dove è nata l’ispirazione per il nuovo singolo?

«Il periodo in cui viviamo ora fa parte di un lento ciclo di benessere e malessere che si alterna costantemente. Viviamo con la consapevolezza di questo, sperando di aver raggiunto il punto più basso per poter solo risalire. Mezze Lune nasce da questa consapevolezza per infondere speranza attraverso la musica, volgendo lo sguardo verso il cielo, verso il domani, proprio come si volge lo sguardo ad un figlio o ad una vita successiva».

Nel vostro singolo Come mai esprimete il vostro senso di smarrimento e la volontà di trovare una strada e uno scopo di vita. Ora nel nuovo singolo Mezze Lune sembra di percepire che vi sentiate come incompleti, in attesa. Cosa potrebbe essere per i Sierra “l’altra metà della Luna”?

«Inconsapevolmente in ogni brano c’è un’alternanza delle nostre fasi spirituali. Saremo sempre incompleti, così come non saremo mai soddisfatti a livello artistico. Questo ciclo incombe su ciò che andiamo a produrre, creando questo messaggio di costante ricerca, che alla fine è la vita stessa. Se ci si fermasse, se ci si accontentasse, non si morirebbe in un certo senso?

In Come Mai c’è un senso di privazione di un luogo sicuro, una Sierra migratrice in un sistema ormai corrotto dagli stessi umani. In Mezze Lune c’è il senso di appartenenza al sistema naturale, che è alla ricerca di un equilibrio con il sistema materialmente umano con cui è in conflitto.

Per questo motivo l’altra metà della Luna sarà sempre una metà opposta a quella che vediamo, perché si rivolge al verso opposto a noi».

Sierra, ph Marco Cignitti
Sierra, ph Marco Cignitti

Hip Hop, elettronica e atmosfere sognanti e ritornelli pop. Ascoltando questo singolo mi sembra sia difficile inquadrarvi in un genere preciso. Quali sono le vostre influenze musicali?

«È così.  Non ci conosciamo da sempre, ci siamo trovati dopo un lungo percorso musicale fatto di generi ed esperienze diverse. Pur essendo entrambi batteristi e produttori abbiamo gusti diversi, tuttavia come artisti coincidiamo perfettamente. Io, ad esempio, ho suonato Metal con alcuni gruppi da adolescente, ho studiato Jazz, R&B e Black, andavo a sentire ogni sorta di elettronica nei locali ecc. Massimo invece ha una connotazione più cantautoriale, prediligendo più la musica italiana d’autore, il pop americano dei ’90&’00 e il rap in generale. Ci incontriamo nel mezzo.

Non so in quale campionato stiamo giocando, ma di sicuro apparteniamo alla Musica. Questo è l’importante. I sottogeneri da attribuire a qualcuno ormai servono solo alle playlist dei digital e per semplificare i discorsi. I Sierra sono nati dal vasto per rimanere al vasto. Siamo una creatura ibrida».

C’è qualche artista, contemporaneo o non, che suggestiona il vostro lavoro? Che rapporto avete con l’arte?

«Il cinema è sicuramente una fonte infinita di ispirazione. Da Murnau, Hitchcock e Orwell fino ad arrivare a Kubrick, Leone e Fincher. Sono davvero tanti i film dai quali puoi carpire delle immagini da rielaborare musicalmente. Ultimamente Ari Aster è un regista che sembra essere interessante a livello di simbolismo (altra materia alla quale siamo da sempre interessati). Così anche la pittura e la street art sono fondamentali per comprendere come rielaborare la realtà. Lo è anche la fotografia per la sua capacità di riassumere un singolo attimo su pellicola. Per fortuna siamo completamente avvolti da ogni sorta di influenza, a volte anche oltre le nostre stesse capacità di assimilazione. Qualche anno fa infatti eravamo molto più densi di immagini, di figure retoriche e citazioni. Adesso invece stiamo pian piano asciugando l’eccesso, anche senza volerlo. Questo però, stiamo notando, ci fa essere più comprensibili ed aperti verso chi magari non ha i mezzi per tradurci sempre».

Sierra, ph Marco Cignitti

Quanto è importante Roma nella vostra formazione artistica?

«Sierra Romana era il nostro primo nome. Per noi Roma è fondamentale, così come lo sono le nostre radici a Montesacro. É una città che ha un peso specifico imponente per la sua mole di anime e le tante situazioni racchiuse in essa. Artisticamente è la città che più ci rappresenta per la sua tendenza al dualismo tra il sacro ed il profano.

Non per questo è l’unica città o luogo a cui siamo legati. Io, ad esempio, ho vissuto l’infanzia nel Viterbese, così come Massimo ha vissuto in America e in Germania. Il nostro legame con Roma quindi non esiste da sempre, l’abbiamo costruito conoscendola con gli occhi di chi ci approda da fuori».

A un anno dalla vostra esperienza a X Factor cosa ne pensate? Siete felici di aver fatto questo percorso e lo consigliereste ad altri artisti emergenti?

«XFactor ci ha dato un megafono incredibile, e come diceva Fibra l’importante è arrivare a quel megafono. È un’esperienza che ti forma dal punto di vista professionale, ci ha portato a conoscere le persone che gestiscono uno dei palchi più tecnologici d’Europa, tecnici pronti a qualsiasi problema e a gestire dirette nazionali con cambi di palco settati al secondo. Chi vuole suonare sui palchi migliori vorrebbe provarlo almeno una volta nella vita. Noi l’abbiamo calcato dall’inizio alla fine imparando come lavorare con gli altri, ma soprattutto come gestire noi stessi, come controllare le energie e utilizzare i mezzi a nostra disposizione. Una volta finito siamo rimasti con lo stesso mindset in studio, cercando di portare la nostra esperienza ai ragazzi con cui lavoriamo, provando a fare sempre del nostro meglio. Dobbiamo tantissimo a questa esperienza e la consigliamo per chi ha già una gavetta alle spalle. Bisogna uscire da lì con la consapevolezza di non essere Drake e i più giovani possono essere a rischio».

Progetti per il futuro? Cosa dobbiamo aspettarci da i Sierra?

«Abbiamo tante carte da giocarci. Stiamo lavorando quotidianamente ad un progetto più sostanzioso che speriamo possa arrivare il prima possibile. Vogliamo dare un’immagine ampia di chi siamo, mostrando ogni nostro lato e particolarità. Per far questo abbiamo bisogno di più raccolte e di farci sentire ai Live. Aspettatevi una creatura camaleontica».

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