19 dicembre 2020

Pianoforte di Natale: i dischi classici da mettere sotto l’albero

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Se il "live" ne ha risentito e non poco, la sala d'incisione un po' meno: ecco alcune tra le uscite "classiche" più interessanti degli ultimi mesi, soffermandoci sui pianisti italiani, con un paio di doverose eccezioni

In questo sciagurato 2020 che finalmente va a morire, teatro, musica e ogni altra forma di arte performativa han fatto molta fatica a respirare. Ne riparleremo una prossima volta. La discografia, almeno dal punto di vista produttivo, invece sembra non averne risentito. La possibilità di registrare non è mancata al solista e alle piccole formazioni da camera. Se ne vedranno presto i risultati. Intanto segnaliamo alcune tra le uscite più interessanti ricevute in questi ultimi mesi, decidendo, addirittura per generosità di proposte, di circoscrivere il saggio ai pianisti italiani, con un paio di doverose eccezioni.
E proprio da un’eccezione incominciamo. L’anglo-magiaro András Schiff, che però con l’Italia ha un forte legame, risiedendo in Toscana, è uno degli artisti di punta di ECM. Qui si unisce a Jörg Widmann offrendo una versione delle due splendide Sonate per clarinetto op. 120 di Brahms, apprezzabile per l’intesa fra i due esecutori non meno che per la varietà di sfumature espressive del clarinetto ravvisabili per esempio nell’Andante della prima Sonata. Widmann, oltrechè brillante clarinettista, è noto compositore. I suoi Intermezzi, destinati al solo pianoforte di Schiff, che ne è dedicatario, hanno la stessa titolazione usata da Brahms nei piccoli pezzi pianistici della tarda maturità, di cui Widmann evoca il gusto, aggiornandone la lingua con una drammaticità a tratti sopra le righe rispetto al malinconico intimismo del modello.

Dall’ungherese Schiff al napoletano Michele Campanella, ossia da un maestro all’altro, nel nome di un altro ungherese, Franz Liszt. Campanella incide per Odradek il ciclo delle tre Années de Pèlerinage lisztiane, fissando una pietra miliare alla storia dell’interpretazione di questo unicum pianistico, un viaggio musicale in tre tappe che racconta la Svizzera dei paesaggi naturali e l’Italia paradiso di arti e lettere. Celebrato interprete di Liszt e non solo, Campanella si affida a uno strumento storico in grado di offrire sonorità assai evocative, proponendo un Liszt antiretorico, anche nei momenti più altisonanti. Lo fa evitando di forzare le dinamiche, specie nei gravi, e con un parco uso del pedale. Un Liszt meditato come di rado è dato ascoltare, capolavoro di un interprete la cui lucida intelligenza, unita a grande esperienza, non priva la gioia dell’ascolto di straordinarie intuizioni musicali, di cui è costellato l’ascolto dei tre Quaderni del ”pellegrino” Liszt. E se Liszt è stato il composiore/pianista per eccellenza dell’Ottocento, Ferruccio Busoni lo è stato del pari nel “secol breve”. Con tutte le miopie di giudizio che hanno accomunato questi due musicisti, la cui fama di virtuoso ne ha sempre offuscato la statura del compositore. Offre un contributo a “picconare” questo equivoco storico-critico il cd Naxos, protagonista del quale è il pianista veneziano Aldo Orvieto, che associa il suo nome a quello di Marco Rapetti, uniti entrambi nell’apprendistato di uno dei loro grandi maestri, Aldo Ciccolini.

Un bel sodalizio che si traduce nella presenza in disco di un capolavoro busoniano, la Fantasia contrappuntistica – fascinosa cattedrale di polifonie pianistiche in salsa postromantica – la cui preziosa registrazione affianca al pianoforte di Orvieto quello del maestro Ciccolini. Altrettanto interessanti sono le prime registrazioni di pagine giovanili dell’empolese associate a riletture mozartiane (trascrizione dell’Ouverture dal Flauto magico e un curioso Duettino sul Finale del concerto K. 459) che rivelano non solo la grande inventiva dello strumentatore pianistico, ma anche certa originalità nell’approccio compositivo.
Originalità che non è mancata ad Antonio Ballista nel mettere insieme in due cd Brilliant Classics (95615), titolo Shortcuts, qualcosa come 50 pezzi in una sorta di enciclopedia pocket dell’aforisma pianistico. Dai 21 secondi del Klavierstück III di Stockhausen ai 5 minuti del Berio di Erdenklavier, da Rameau a Crumb, dai grandi ai piccini, dagli antichi ai vivi e vegeti in brevi istantanee, saltabeccando fra bagatelle e preludietti. Ci sono chicche come la Marche Funèbre di Gounod che associamo al profilo panciuto di Hitchcock, il citazionismo di Françaix e Sciarrino. Manca Sostakovich ma c’è Prokof’ev. E c’è l’omaggio a Bruno Canino, collega di una vita, in un microritratto dello stesso Ballista.
Dovrebbe meritare molto più di una citazione l’ultima fatica discografica di un altro grande pianista italiano, Andrea Lucchesini, che per l’etichetta Audite completa magnificamente l’integrale delle grandi sonate di Schubert. Presente nel disco, la sontuosa Sonata Fantasia D 894.

Chiudiamo con un altro artista di punta dell’ECM (2700/01). I concerti solistici di Keith Jarrett sono sempre stati appuntamenti imperdibili per tutti gli amanti del pianoforte. Budapest Concert, l’ultimogenito delle magiche mani e della portentosa testa di Jarrett è registrato il 3 luglio 2016, ed esce lo scorso ottobre, proprio quando – ed è un grande rammarico – il grande mago della tastiera, dopo aver sofferto per anni una malattia cronica, rivela di esser anche stato colpito da un ictus che ha compromesso l’uso della mano sinistra. Ancora una volta si ritrova l’unicità del rapporto di Jarrett con il preesistente, non vissuto su un testo, o almeno un testo alloautoriale, ma di propria, immaginata fattura, sorta di canovaccio dell’inimitabile Instant Composer. Dopo una prima parte acida, che pensa forse a Bartok, la seconda traccia chiude con un pacificante sol bemolle maggiore. A seguire, grande epopea blues distillata, alternando sapientemente episodi di carattere sognante a gustosi bonbon di puro timbro pianistico, mai edulcorati, e ancora ad altri brevi, rapidi, trascinanti. Su tutto un sovrano dosaggio di timbri e volumi che viene dalla frequentazione ormai pluridecennale del grande repertorio tastieristico da Bach a Sostakovich.
Stendendo questo scritto mi accorgo di aver parlato solo di pianisti di sesso maschile. Questi i cd ricevuti. Puro caso, dunque. Di pianiste, sempre italiane, giovani, prometto di parlare in un futuro prossimo, e anche lì ci saranno belle cose da dire. Per ora, buoni ascolti e, proprio con il Liszt degli anni di pellegrinaggio, Sursum Corda!

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