27 settembre 2022

Suoni e suggestioni ad alta quota, per il Music Festival & Academy

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Cala il sipario sulla diciottesima edizione del Music Festival & Academy, manifestazione che porta i grandi interpreti della musica classica tra le suggestive località di Zermatt

(OMAIRE / Studio54) Zermatt Music Festival 2022 Olivier Maire 2022

Zermatt, nota località sciistica svizzera situata alle pendici del Cervino, vive bene anche d’estate. Quest’anno ha ospitato per la diciottesima volta, fra l’8 e il 18 settembre scorsi, il Music Festival & Academy, che coniuga musica e natura con la benedizione di un meteo che ha favorito la bella pratica di far precedere il concerto con una corroborante escursione accompagnata dalla visione della mirabile montagna (poco innevata).

Da qualche anno, il festival inaugura a Martigny, presso un luogo d’arte fra i più belli della Confederazione elvetica, la Fondation Pierre Gianadda. Gioia per l’orecchio che si sposa con la gioia dell’occhio, per la splendida mostra dalla collezione Szafran di opere del grande Cartier-Bresson affidate alla stessa fondazione, e, ulteriore cadeau alla vista del pubblico che ha riempito lo spazio d’ascolto del concerto, un Victor Hugo nudo di Rodin, opera prima di tre esemplari, acquisito dalla Fondation e presentato con orgoglio dal grande anfitrione della serata, un Leonard, fratello dello scomparso Pierre cui la Fondazione è dedicata, ottantasettenne in splendida forma.

Zermatt Music Festival & Academy. © Aline Fournier

Protagonista musicale il pianista tedesco Christian Zacharias, ospite per l’undicesima e, ahinoi, ultima volta in veste di solista, visto che l’evento si presenta come “Recital d’adieu”. Il programma di sala ci dice che Zacharias non è solo pianista e direttore d’orchestra, ma anche “penseur et narrateur”.

Scegliendo due pagine del repertorio pianistico meno frequentato, le Saisons di Ciaikovskij e la schuberiana Sonata-Fantasia op. 78, ne ha offerto una lettura nella quale il dominio tecnico della scrittura appariva volutamente celato in favore di uno sguardo più riflessivo, “pensato” appunto, cosa che consentiva all’ascoltatore attento e sensibile un incontro più profondo, si direbbe “completo”, con la musica. Letture che lasciano rammarico sull’impossibilità futura di continuare ad apprezzare la grande intelligenza interpretativa di Zacharias, il quale ha regalato due bis “italiani”, le beethoveniane Variazioni su un tema di Paisiello e una Sonata di Scarlatti.

Sempre nel nome dell’Italia, e di uno dei suoi interpreti più noti, è stato il concerto inaugurale a Zermatt. Fabio Biondi, direttore di Europa Galante, ensemble italiano di musica barocca tra i più apprezzati, è stato invitato a preparare una compagine di giovani musicisti, a loro volta istruiti dal prestigioso Scharoun Ensemble, in residenza al Festival, composto da membri dei Berliner Philharmoniker. Occasione rara per godersi piglio frizzante nelle esecuzioni e originalità del programma, quattro giganti del Settecento europeo.

Ad esempio l’ouverture Les Nations è saggio esemplare d’inventiva e verve ironica che rivela la genialità del suo autore, Georg Philipp Telemann, che s’ascolta ben poco, così come poco si conosce il boemo Jan Dismas Zelenka, autore affascinante e misterioso, la cui musica – per l’occasione le Lametationes pro die Mercurii Sancto –  è intrisa di suggestioni preromantiche e fu segnata dalla iattura di finire in parte bruciata nel bombardamento angloamericano di Dresda. Più noti l’Haendel della Suite dal Rodrigo e la bachiana Cantata Ich tabe genug, con due solisti, il baritono Christian Gerhaher e l’oboista Ana Gavilán Quero, il primo dei quali ritroviamo a breve.

Ma i concerti dell’Orchestra dell’Accademia, sempre diretta da Biondi, erano due, il pieno Settecento lasciando spazio nel secondo all’Ottocento del Concerto 23 per violino di Viotti, ottimo solista lo stesso direttore, con un’orchestra tuttavia apparsa ancora acerba per questo repertorio, e soprattutto la Settima Sinfonia di Beethoven, nella quale il maestro palermitano “collauda il prototipo” dei giovani componenti dell’orchestra che si fan guidare ora più ora meno negli stacchi di tempi e nelle scelte agogiche a volte un po’ azzardose. Una proposta comunque animata da vivace curiosità, non esibizione d’ellittica stravaganza.

RIFFELALP COLLINS

Per i concerti dei due giorni successivi si sale con il trenino ai 2222 metri di Riffelalp, dove, nell’intimità della Kapelle si consuma il rito di due concerti mattutini e uno pomeridiano. “Night and Day”, titolo programmatico del recital di Finghin Collins, ambasciatore della musica pianistica irlandese (in programma della sua terra Gerald Barry, Eric Sweeney, oltre al capostipite John Field), si dipana dall’Aubade di Chaminade alle Soirée lisztiane e debussiane, fino alle musiche notturne di Bartok, degli Schumann e di Chopin. Pianista dall’ottimo controllo della tastiera e di spiccata sensibilità formale, che ci piacerebbe riascoltare in Italia.

Musiche rare, come il ciclo liederistico Elegie dello svizzero Othmar Schoeck (1886-1957), ascoltato la mattina dopo. Musica storicamente “tardiva”, ma chi se ne infischia, quando riesce a rendere con gusto e forza espressiva la poesia romantica più alta, qui di Eichendorff. Ecco riapparire il baritono Gerhaher, che, nel pomeriggio, sempre a Riffelalp ci delizia con un sublime ciclo di liriche, la schubertiana Winterreise (Viaggio d’inverno). Sempre accompagnato dall’ottimo pianista Gerold Huber, Gerhaher trova qui meglio che in Schoeck, dove cede spesso ad accenti “parlanti”, una vocalità più consona alla propria tessitura.

Pubblico raffinato, ancorché adulto – serve un richiamo ai più giovani – a tutti i concerti, consensi sempre vivissimi. À la prochaine!

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