04 giugno 2014

28.V.2014 Incontro con Jean-Luc Nancy Accademia di Belle Arti, Napoli

 
Esiste un legame indissolubile tra corpo e opera. Le parole del filosofo del decostruzionismo e curatore, sul ruolo dell’arte nei meccanismi di coscienza del sé -

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Nei confronti del corpo, considerato dal punto di vista del soggetto o dell’oggetto, si prova un’attenzione tanto ancestrale quanto prolifica. La nozione di corporeità, come materia del rapporto con il mondo, coincide con quella di confine diffuso delle esperienze e delle sensazioni. Entità ruvida nelle religioni, sostanza finita dell’individuo cartesiano, sezione anatomica per la chirurgia plastica, dalla res extensa all’arto fantasma, nella storia dell’arte, il corpo è al centro del ritratto, rappresentazione del dialogo intimo tra l’uomo e sé stesso. 
Jean Fautrier, My Fair Lady, 1956. Musée des Beaux-Arts de Lyon. Foto: RMN Ojéda-Le Mage, Adagp 2009
Per Jean-Luc Nancy – ospite di un’attesissima e affollata conferenza, svoltasi mercoledì 28 maggio, all’Accademia di Belle Arti di Napoli – nei modi di riproduzione artistica della struttura fisica umana, si possono leggere le componenti di quei meccanismi di creazione di senso che orientano le culture. Una filosofia del soggetto che si è anche concretizzata nella mostra “L’altro ritratto”, curata dallo stesso filosofo e ospitata, nel 2013, al MART. 
Secondo il professore dell’Università di Strasburgo, tra i filosofi contemporanei più influenti ed erede della lezione decostruzionista di Derrida, “il corpo non è involucro ma atteggiamento, sviluppo dell’essere che, nelle forme dell’arte, diventa aspetto”, dall’etimologia latina di aspectus che indica l’atto di guardare ed essere guardato. Lo sguardo, infatti, è sempre relazionale, il soggetto che vede e che pensa, diventa oggetto visto e pensato. L’opera d’arte è un congegno dal funzionamento complesso, stabilizza questo moto circolare e svela l’esistenza del mistero, bloccando la visuale. 
Nell’arte, il corpo è consapevole perché è l’uno visto dall’altro, anche nell’inganno ottico della superficie. Proprio per questo, la lettura del ritratto è indicativa delle possibilità di formazione di conoscenza di una cultura. Per esempio, la statuaria greca individuava il modello della perfezione nella kalokagathìa, un’ideale fisico e sociale che si esprime nelle azioni e nell’aspetto degli eroi. 
Goya fu tra i primi a registrare un cambiamento di atteggiamento, i suoi corpi non erano più eroici ma de-figurati e instabili. Lo sguardo non era più esterno ma si immergeva nella curiosità, sulla superficie doveva venire alla luce ciò che è invisibile. 
Da questa tensione, si è generato un caos ottico, il panico della dispersione degli sguardi e la moltiplicazione simultanea dei punti di vista. In Fautrier, chiamato in causa dal filosofo francese, tutto il corpo è diventato occhio. L’osservazione è fuori portata, non chiarifica e apre un problema percettivo, oltre l’impressione colorata. Lo sguardo, così, perde identità.
Tale situazione di dispersione visiva, nell’epoca contemporanea, è diventata endemica. “Ci sono milioni di apparecchi che scavano nel vedere ma non c’è configurazione”, ha concluso Nancy, come se nell’epoca della visione globale del mondo, ogni sua immagine complessiva fosse scomposta in frammenti. Nella produzione artistica, il passaggio dalla teoria – dal verbo greco theoréo io guardo, osservo – ad altri termini e sensi, ha aperto la strada verso nuovi modi di fruizione e creazione. 
mario francesco simeone 
28 Maggio 2014
Incontro con Jean-Luc Nancy
Accademia di Belle Arti di Napoli 
Via Bellini 36 – 80138 Napoli
Info: www.accademiadinapoli.it

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