13 luglio 2004

Lucio Amelio, nuovo Terrae Motus, nuovo catalogo

 
Curato dagli attuali maggiorenti dell’arte partenopea –Achille Bonito Oliva ed Eduardo Cicelyn- che proprio grazie al lascito morale di questo operatore culturale possono ancora oggi mantenere Napoli tra le capitali europee del contemporaneo, è stato presentato un libro dedicato a Lucio Amelio...

di

Due circostanze, un solo protagonista, un unico volume: è il catalogo che una task force istituzionale ha affidato ai tipi di Skira per ricordare Lucio Amelio a dieci anni dalla scomparsa e, allo stesso tempo, per salutare il nuovo allestimento di “Terrae Motus” che parte il 22 luglio alla Reggia di Caserta. Tanto bella da ispirare una sorta di golosa e riverente curiosità, la monografia è curata da Achille Bonito Oliva e Eduardo Cicelyn, motori di quegli “Annali delle Arti” che probabilmente, non ci fosse mai stato Amelio, avrebbero potuto allestire ovunque, ma non in Campania.
Magnetico, istrionico, pragmatico, il gallerista che –secondo la vulgata- “portò a Napoli l’arte contemporanea” puntò dritto al cuore e al salotto buono di Partenope, insediandosi in uno spazio presto eletto a centro d’approdo e d’irradiazione della creatività internazionale, teatro di un’attività così intensa che la cronologia ragionata in appendice quasi fatica a seguire e che i contributi scritti sfiorano sinteticamente, affidandosi saggiamente all’icasticità delle immagini e, soprattutto, alle memorie del primo attore. Dopo l’ouverture di rito, infatti, a prendere la parola è lo stesso Amelio, negli “Appunti per un’autobiografia” purtroppo interrotti ex abrupto sul limitar del cruciale 1980, anno del mitico incontro tra Joseph Beuys ed Andy Warhol, ma anche del tragico sisma in Campania. Lucio Amelio
Asciutto lo stile, ma vive e palpitanti le emozioni trasfuse al lettore da una penna che, senza boria né falsa modestia, rievoca semplicemente ciò che è stato: i difficili esordi, la passione febbrile, la tenace, pionieristica e temeraria sfida all’indifferenza e allo scetticismo di una città che finisce poi col lasciarsi travolgere. La svolta arriva nel 1971: Beuys, fino a quel momento ostinatamente riluttante a valicare le Alpi, incontra Amelio ad Heidelberg ed è coup de foudre. Due mesi dopo, Piazza dei Martiri va in tilt: per tre giorni, un’ininterrotta processione ascende al primo piano di Palazzo Partanna per ammirare il ciclo completo sull’opera del tedesco. Da quel momento, è un climax di successi, firmati Cy Twombly, Kounellis, Christo, Boltansky, Rauschenberg, Paolini, Merz, Pistoletto, Haring, ma anche –più familiarmente- Paladino, Iodice, Tatafiore, Alfano, Longobardi. Tutto quanto passa per le mani eleganti di quest’impeccabile e acuto gentiluomo si trasforma in evento: le mostre, le iniziative editoriali, le feste e gli indimenticabili vernissage, finché, la sera del 23 novembre 1980, la terribile scossa sismica assesta un colpo mortale al Meridione.
Ispirato da Nino Longobardi, che da imberbe protégé è frattanto divenuto una promessa mantenuta cum laude, Amelio chiama a raccolta intorno a sé amici da ogni parte del mondo, per elaborare il lutto e lo shock nell’unico modo da lui concepibile: l’arte. Gli interpellati accorrono e, nel 1984, in una Villa Campolieto ancora decrepita vede la luce la prima edizione di “Terrae Motus” che, dopo due richiami ibidem, si assesta nella forma definitiva portata in trasferta a Parigi nel 1987 e, nel 1994, passata per legato testamentario alla Reggia di Caserta, instaurando così una sorta di legame ideale –sotto l’astro vanvitelliano– con la sua prima vetrina. Sessantacinque espositori, ottanta opere. Cifre pesanti, nomi da capogiro. Un autentico “Terrae Motus”, partorito da un vulcano chiamato Amelio.

anita pepe


“Terrae Motus. Omaggio a Lucio Amelio” ed. Skira, a cura di Achille Bonito Oliva ed Eduardo Cicelyn

[exibart]

8 Commenti

  1. Che Lucio Amelio sia stato un personaggio chiave nella storia dell’arte contemporanea a Napoli, è un fatto.
    Chi però si attacca al suo ricordo e spospirando dice che dopo di lui non c’è stato nient’altro, non è molto diverso da chi non accetta l’arte contemporanea perchè crede che l’ultima vera arte a Napoli sia stata quella della scuola di Posillipo.
    Stessa mentalità chiusa.
    A Napoli c’è Lia Rumma, Alfonso Artiaco, Raucci e Santamaria, la 404 arte contemporanea, la T293,la poco fuori città, Umberto Di Marino. I primi fanno da anni un lavoro eccezionale, gli altri un lavoro ottimo e di qualità.
    Chi non vuol vedere è sicuramente in cattiva fede. Non c’è peggior cieco di chi non vuol vedere !!!

  2. Ma, al posto di restare costantemente rivolti al passato per contemplare le onorevoli gesta della buonanima di Amelio, non sarebbe ora di cominciare a guardare in avanti e cercare di tirare fuori qualcosa di buono da ciò che si muove in città?

    Ospitare grandi mostre di gente che una volta ripreso l’aereo pensa prevalentemente ai cazzi suoi non credo che alla lunga ci aiuti tanto.

  3. Anche se Amelio avesse scoperto solo Longobardi, eccelso artista, bisognerebbe essergli riconoscente.
    Già, si parla tanto dei cinque della transavanguardia che giorno dopo giorno si vendono e riciclano con il 10% di opere eccelse e il resto per il mercato, ebbene lui si è ritagliato un posto all’ombra e dal suo studio escono creazioni vere.
    Con buona pace di AB Oliva e del suo modo di fare e di essere.

  4. come siamo bravi a commemorare….
    allora a napoli era il terremoto che ti faceva fare le mostre ora invece… sono
    i soldi … che lucio sognava e non aveva mai..
    lucio se ci sei batti un colpo.

  5. Scusatese approfitto di questo articolo per sottoporvi alcune domande che non riguardano Amelio:
    ” non trovate che l’arte contemporanea ormai ricicli se stessa? Mettendo da parte l’affermazione stupida che “tutto è stato fatto”, non credete che ci sia in giro pochissima sperimentazione “VERA”e che gli artisti sostanzialmente cerchino più che uno stile personale, un “maestro Contemporaneo”da emulare il cui stile (possibilmente trasgressivo) sia testato dal mercato o comunque catturi il favore del pubblico?
    Quanti Cattelan ci sono in giro (.. per quanto concerne il “concettuale”..?!) o per restare a Napoli, quanti Nino Longobardi conoscete? Per non parlare di Mendoza il cui “imitatissimo figurativo” è a sua volta uno “stile” molto in voga in Europa e nel Mondo da prima che L’artista Americano prendesse i pennelli in mano.
    E poi le tematiche delle Installazioni….,sempre le stesse! (diversamente dalla Video Arte che invece spesso spaccia per “messaggio criptico” la totale assenza di contenuti. In realtà sembra esserci una vera e propria proporzione: il fatto che un video venga considerato Arte è direttamente proporzionale alle capacità che ha di non dire niente.)
    Non credete che il mondo dell’arte attualmente sia, nella sua apparente complessità, facilmente classificabile in precisi “schemi stilistici di appartenenza”?
    Non credete che oggi gli Artisti, concentrino troppe energie nel raggiungere lo stile che meglio risponda a questi schemi ,dimenticandosi che forse è il momento di “proporre qualcosa” che sia più trasgressivo del “trasgressivo sistema dell’arte contemporanea”?
    Certo, è difficile orientarsi verso qualcosa che di base potrebbe non essere compreso o addirittura non considerato arte. Non appartiene al nostro tempo l’andare contro corrente, non conviene a nessuno, molto meglio mettersi nella “scia” di qualcuno.
    Ma poi, onestamente, le cose che l’arte Contemporanea propone Ci entusiasmano veramente,o Ci facciamo “convincere”dalla filosofia costruita “ad Arte”per farcela piacere..?
    Non credete che oggi molte,troppe persone fanno gli artisti (magari anche con successo) semplicemente perché nel mondo in cui viviamo quello di ARTISTA è diventato l’unico “mestiere”in cui non è richiesta alcuna specializzazione, formazione….bravura particolare ?
    Serve invece essere integrati, avere riscontri di audience,essere in vetrina sempre e comunque a prescindere dalle capacità di saper fare qualcosa o addirittura di comunicare qualcosa (… a questo ci pensano invece curatori,critici e galleristi).
    Concludendo, cari Artisti invece di fare i gregari dell’arte, perché non vi fermate un attimo a riflettere su… “se veramente avete qualcosa di INTERESSANTE da dire”?
    Con CHI ma soprattutto “COSA volete comunicare..?!”

    MA solo io mi pongo queste domande?

  6. Caro Danilo, sì, solo tu ti poni queste domande. Gli altri producono. Se poi la loro produzione sia meritevole e’ tutto da vedere. Non c’e’ peggior freno dell’insicurezza.
    Buon lavoro e buona fortuna.

  7. … e come dice Warburton riferendosi all’arte contemporanea (arrampicandosi sugli specchi o dicendo la pura verità) :”non c’è l’arte, ci sono le opere, nella loro unicità!” …. e quest’è!

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui