22 ottobre 2020

Il Centro Pecci tra nuove mostre e acquisizioni

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Al Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato le nuove mostre con "Protex!", Giorgio Andreotta Calò,  Elena Mazzi, Sara Tirell e Marcello Maloberti. Le parole di Cristiana Perrella, Direttrice del museo

Güneş Terkol bandiera preparatoria per il workshop del Centro Pecci, 2020. Courtesy l'artista e Centro Pecci

Al Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato il 24 ottobre inuagureranno le mostre “Protext! Quando il tessuto si fa manifesto”, a cura di Camilla Mozzato e Marta Papini (fino al 14 febbraio 2021) e “Litosfera. Un dialogo tra Produttivodi Giorgio Andreotta Calò e A Fragmented World di Elena Mazzi e Sara Tirelli“, a cura di Cristiana Perrella (fino al 7 febbraio 2021), a cui si aggiunge l’allestimento di Raid, l’opera di Marcello Maloberti recentemente acquisita dal museo (fino al 29 novembre 2020).

Opera di Elena Mazzi e Sara Tirelli, courtesy l’artista e Centro Pecci

Cristiana Perrella, Direttrice del Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, ci ha raccontato le mostre e come il museo sta affrontando il presente.

Quali sono le ragioni che vi hanno portato a realizzare queste nuove mostre? Che mostra è “Protext!”?

«”Protext!” è una mostra che parte da un elemento fortemente identitario per Prato, i tessuti, e lo declina secondo le istanze oggi più urgenti a livello globale, quelle legate alle proteste che stanno portando di nuovo le persone nelle strade. I tessuti sono da sempre un mezzo per veicolare messaggi politici e sociali. Basti pensare alle t-shirt, agli striscioni, alla pratica del quilting. Oggi che la necessità di intervenire dal basso su temi come la sostenibilità ambientale, la parità di genere, l’opposizione alla violenza razzista non è più rimandabile, sono molti gli artisti che utilizzano i tessuti per realizzare opere che hanno un contenuto militante. “Protext!” è una mostra che risponde perfettamente all’idea di museo che andiamo configurando: fortemente radicato ma capace di parlare alla scena internazionale, di entrarci in dialogo sui grandi temi del presente, attraverso il coinvolgimento di artisti italiani e internazionali che sappiano affrontarli con linguaggi innovativi.
È una mostra con molte opere realizzate appositamente e comunque con lavori tutti recenti e inediti in Italia. Nonostante le difficoltà del momento, abbiamo anche una serie di workshop legati alla mostra di cui uno online (Gunes Terkol con un’associazione di donne vittime di violenza, La Nara) e due in presenza: quello di About a Worker e quello di Canedicoda».

“Litosfera” e “Raid”?

«”Litosfera” e “Raid” presentano invece due nuove acquisizioni del museo: l’opera Produttivo di Giorgio Andreotta Calò e il video Raid di Marcello Maloberti. La prima è messa in dialogo con un lavoro di Elena Mazzi e Sara Tirelli, il video A Fragmented World, proponendo una riflessione sulla materia e le forze che hanno dato origine al nostro pianeta. Il video di Maloberti è il risultato di una performance realizzata dall’artista al Centro Pecci creando un rapporto tra le opere più famose della sua collezione e l’arte del passato. Un rapporto dialettico, non pacificato e per questo carico di energia».

Quel legame si può rintracciare tra le nuove mostre e la programmazione generale del Centro Pecci?

«Le mostre che aprono ben rappresentano l’impegno costante nella valorizzazione dell’arte italiana e, allo stesso tempo, il mantenimento di un forte carattere internazionale che vogliono definire la nostra programmazione.  Il museo vuole esprimere un’identità precisa, legata al carattere, alla vocazione, alle storie del suo territorio ma allo stesso tempo misurarsi con i temi più rilevanti del dibattito globale».

Come sta procedendo il rapporto con il pubblico nella particolare situazione attuale? 

«La presente situazione di crisi ci ha fatto scoprire un nuovo rapporto con il pubblico, soprattutto quello di prossimità. Dalla riapertura dopo il lockdown le presenze al museo sono aumentate. Le persone tornano più spesso o vengono per la prima volta. Credo che il ruolo dei musei e delle istituzioni culturali in genere sia ora più importante che mai. C’è bisogno di pensiero, di immaginazione, di socialità per superare questo momento e luoghi come i nostri, che, tra l’altro, per dimensioni e modalità di visita offrono una totale sicurezza, sono dei rifugi preziosi. Spero si possa continuare ad accogliere il pubblico, a condividere il nostro patrimonio, i nostri programmi, a offrire una prospettiva di vitalità, creatività che ora mi sembra indispensabile. Stiamo sempre lavorando molto con il digitale, rivolgendoci anche a chi non può venire fisicamente nei nostri spazi, ma ci stiamo impegnando moltissimo anche a mantenere un programma di mostre e, dove possibile, di eventi e incontri più vivo che mai».

Quali saranno i progetti futuri del museo?

«A dicembre inauguriamo una mostra di Simone Forti, a cura di Luca Lo Pinto con Elena Magini, che darà sul suo lavoro una prospettiva nuova e presentiamo un nuovo progetto partecipativo di Marinella SenatoreSoundrack. E per il 2021 abbiamo un programma molto intenso e aperto alla contaminazione tra  linguaggi e discipline, alla collaborazione con altre istituzioni, come il Centre d’Art Contemporain di Ginevra con cui abbiamo coprodotto la prima retrospettiva sul lavoro di Chiara Fumai, che presenteremo da noi a marzo,e il MAXXI, con cui realizziamo una doppia mostra personale di Cao Fei. Mai come ora lo scambio e il dialogo sono alla base del nostro programma.».

Opera di Giorgio Andreotta Calò, courtesy l’artista e Centro Pecci

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