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A Brescia, a Palazzo Monti, inaugura oggi, 15 febbraio, la personale di Serena Fineschi “Vogliamo parlare d’amore?”, a cura di Marina Dacci, nata dall’invito del collezionista Edoardo Monti.
Nello storico palazzo noto soprattutto per il suo programma di residenze internazionale, la mostra di Serena Fineschi presenta una ventina di opere, quasi tutte inedite, che insieme generano «una architettura sentimentale; una dichiarazione d’amore e di timore per la vita. […] Malinconie per l’assenza, dolori da privazione o da esclusione sono esorcizzate riattivando la memoria gestuale: performare gli eventi trascorsi è un modo per rimetterli al mondo, dare loro una forma. Si tratta spesso di tracce minimali, a volte impercettibili: gesti pregni di attenzione, che possono segnarci assai più di quelli urlati o della disattenzione che riempie il nostro tempo presente in un mondo consumato», ha spiegato la curatrice alla stampa.
Marina Dacci ci ha raccontato la mostra in anteprima.
Come è nata la mostra a Palazzo Monti?
«L’idea della mostra è nata più di un anno fa, a fine 2018, quando Edoardo Monti ha visto il progetto che Serena Fineschi aveva presentato per la “Vita Materiale”, una collettiva organizzata alla Fondazione Palazzo Magnani.
In seguito a questo invito Serena Fineschi ha deciso di proporre un progetto in cui si potessero interfacciare opere già realizzate e altre nuove, prodotte per l’occasione, fra queste un corpo di lavori realizzati con la creta prodotti a Faenza con l’aiuto della ceramista Aida Bertozzi».
Quali aspetti della ricerca di Serena Fineschi emergono maggiormente da questa mostra?
«La mostra è un passo importante nel lavoro di Serena Fineschi per due motivi: perché alle opere si accompagna una narrazione scritta che non è un commento ma una genesi rispetto alla produzione.
Secondo perché per la prima volta Serena ha sperimentato la creta come materiale vivo.
La sperimentazione incessante e mai definitiva di materiali sempre nuovi e, nonostante questo, la coerenza di un percorso che mette sempre al centro il corpo nel processo di lavoro ridefinendo continuamente il concetto di performatività.
L’esito è un interessante amalgama tra carne e spirito entrambi tesi alla ricerca della propria identità e del valore delle relazioni».
Quali opere saranno in mostra e come sarà articolato il percorso espositivo?
«Le opere presenti in mostra sono complessivamente ventuno, di cui solo quattro già prodotte.
Il percorso espositivo sviluppa in due grandi saloni e in una piccola anticamera: una sorta di prologo sull’attitudine dell’artista in questo progetto: abbandono e velata critica personale al modo in cui si consumano gli affetti.
Nella prima sala si agglutinano lavori che hanno a che fare con l’infanzia e mettono in campo le relazioni familiari e amicali portandoci dentro veri e propri “bozzoli mnemonici”. La seconda accoglie lavori più turbolenti, propri dell’adolescenza e dell’età adulta, confrontandosi soprattutto con il ruolo che il corpo intrattiene con la sessualità».
Uno dei nuclei di lavori realizzati per la mostra è in creta, materiale nuovo per l’artista. Che ruolo assume questo materiale nell’espressività dell’artista?
«Nel corpo nuovo di lavori prodotti espressamente per la mostra, Serena Fineschi reitera, in un contatto fisico con la creta, i movimenti teneri d’affetto e i momenti di smarrimento che l’hanno accompagnata nel tempo.
Piccoli segni nel quotidiano diventano impronte, vengono coagulati, congelati nella materia in forma di carezze, pizzicotti, abbracci, baci, massaggi, strette di mano, morsi, a volte in dialogo con oggetti che appartengono alla vita domestica».
Serena Fineschi
“Vogliamo parlare d’amore?”
A cura di Marina Dacci
Dal 15 febbraio al 12 marzo 2020
Palazzo Monti
Piazza Tebaldo Brusato 22, Brescia
Opening: 15 Febbraio 2020, dalle 18.00 alle 20.00
Orari di apertura al pubblico: tutti i giorni dalle 10.00 alle 18.00 su appuntamento preventivamente fissato al numero 3495460798
www.palazzomonti.org
mostre ed eventi

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