08 novembre 2002

exibinterviste la giovane arte – Marco di Giovanni

 
…E se degli acquedotti emersi dalla terra fossero degli insospettabili contenitori di meravigliose visioni?
Una chiacchierata con Marco Di Giovanni, un giovane e promettente artista che ormai da tempo ci affascina svelandoci l’esistenza di mondi luccicanti nel buio della terra…

di

Parlami della tua formazione, di come hai iniziato…
Dal punto di vista strettamente teorico alcuni esami del Dams mi sono serviti molto…principalmente mi interessavo di semiotica; per quanto riguarda i miei lavori, per quello che faccio, mi ha aiutato soprattutto il corso di Concetto Pozzati all’Accademia di Belle Arti di Bologna, oltre a lavorare come allestitore nelle varie gallerie private ed alla Galleria d’Arte Moderna di Bologna, dove lavoro dal 1998.

Quali artisti hanno inciso di più sul tuo percorso?
Gli artisti che ho conosciuto direttamente e con cui ho avuto modo di lavorare come allestitore sono quelli che più mi hanno influenzato, fare da assistente ad artisti quali Zorio, Merz, Kiefer, Boltanski, lavorare con loro, aiutarli nell’allestimento è stata per me senza dubbio una grande scuola. Tra i giovani artisti devo tanto a Flavio Favelli, lavorare con lui ha innescato in me delle riflessioni che fanno tutt’ora parte della mia ricerca, lui mi ha dato davvero molto, molto di più degli studi accademici e universitari.

Tu recuperi acquedotti e tubature coperte di ruggine e terra che proprio nell’usura recano i segni della propria storia. All’interno di queste strutture pensanti e ingombranti innesti, grazie a un gioco di lenti ottiche, delle visioni fantastiche, immateriali che contrastano con la rigidità di ciò in cui sono contenute. Come hai iniziato questo tipo di ricerca?
Ho iniziato recuperando dei pezzi e intervenendo su questi il meno possibile, assemblando più tubature o più pezzi di acquedotti, non li pulivo neanche.
Tutto è nato per puro caso… i miei primi lavori erano realizzati con vecchi strumenti agricoli montati alla rovescia in modo da farli diventare armi da guerra…un giorno andando in giro in macchina per delle stradine di campagna trovai dei vecchi acquedotti tirati fuori dal terreno, abbandonati in mezzo a dei campi allora d’istinto li ho caricati in macchina, erano in ghisa , puoi immaginare quanto sia stato faticoso spostarli …poi sono anche uscito fuori strada… e con parecchi milioni di danni… diciamo che è da allora che mi sono particolarmente legato a queste tubature ed è una ricerca che mi dà ancora molti stimoli.

Spiegami come intervieni tecnicamente su queste strutture?26101
Mi piace lavorare il ferro, uso la saldatura come segno e mi piace che sia visibile ma comunque cerco di intervenire sui miei pezzi il meno possibile, voglio preservare la loro memoria. Per la parte del lavoro relativa al gioco ottico, gli obbiettivi li costruisco io in maniera molto artigianale, inserisco diverse lenti di ingrandimento fissandole assieme ma al contrario in modo che invece di ingrandire rimpiccioliscano e ribaltino le immagini.
Mi piace tantissimo lavorare con questo tipo di ottiche perché ti danno una visione difficile, a cui l’occhio si deve abituare, le immagini sono mobili, quasi liquide, anche un po’ fastidiose, perché non sono mai perfettamente a fuoco, sembrano quasi galleggiare nelle strutture rigide, cementate e inamovibili che le contengono e che poi sono il loro esatto contrario. Ciò che lega questi due momenti contrastanti è una forma di lentezza della visione che esigo in chi fruisce i miei lavori.

Parlami della tua personale all’Interno&DUMDUM: i tuoi lavori sembravano ridisegnare gli spazi della galleria …quanto conta per te l’allestimento?Marco di Giovanni
L’allestimento è importante almeno quanto i miei lavori, è il lavoro stesso! Quando devo esporre in una galleria per me è fondamentale vedere gli spazi e progettare l’esposizione in funzione di questi, un mio pezzo lo vedo solo in funzione di un determinato spazio.
L’impressione che volevo ottenere all’Interno&DUMDUM era una sorta di pre-esistenza, come se tutto il palazzo fosse stato costruito su queste tubature “aliene” e questa galleria come dire un po’ “sotterranea” è risultata congeniale al fine di ottenere questo effetto. Lì per me è stata un’ottima sfida, uno spazio così articolato è di certo difficile da gestire ma adattissimo ai miei lavori, spesso per altre esposizioni sono costretto a costruirmi delle pareti finte di cartongesso per creare degli ambienti.

Considerando la tipologia dei tuoi lavori mi viene spontaneo chiederti quale sia il tuo rapporto con il mercato…
…è un rapporto terribile!…Ma c’è da dire che uno degli ultimi acquisti mi ha lasciato parecchio soddisfatto, non certo per il guadagno, ma l’orgoglio di averlo venduto al comune di Milano per il Museo del Presente. I lavori sono stati selezionati dall’ex direttore del Beaubourg e da Alessandra Mottola Molfino direttore generale del settore Cultura Musei e Mostre del Comune di Milano. Però penso di aver trovato un modo per aggirare il problema di questo difficile rapporto pur rispettando la logica dei miei lavori, ad esempio già l’opera destinata al Museo del Presente è costituita da un piccolo zainetto vecchio,sdrucito,che ho indossato per anni e guardando all’interno attraverso un occhiello si scorge un enorme spazio bianco. Da un piccolo oggetto si spazia in un ambiente che sembra immenso, immateriale, è l’inverso rispetto al lavoro coi tubi…ma la logica resta la stessa.

A cosa stai lavorando in questo periodo?
In ottobre ha inaugurato una rassegna chiamata Polyphonix a Parigi organizzata dal Beaubourg e dal Centro di Cultura Canadese, il curatore è Jean-Jacques Lebel. Io ho realizzato un’installazione al Centro di Cultura Canadese, esponendo con altri due artisti all’interno di uno stesso salone. Loro hanno realizzato delle videoinstallazioni, mentre la mia pur essendo una videoinstallazione ha sempre il solito scarto dato dal 26103fatto che io non ho neanche bisogno di corrente elettrica, quindi penso proprio che il mio lavoro da questo abbinamento venga esaltato. Poi sono in contatto con L’Arte e Ricambi di Verona, una galleria molto nuova dove hanno già esposto persone che stimo parecchio, è uno spazio grandissimo che mi crea anche un po’ di panico a pensarci…però lì sento di poter lavorar davvero bene, questa mostra sarà a cura di Alberto Zanchetta e con un testo critico di Alfredo Sigolo. Poi sono in contatto con la galleria di Vittoria Belvedere a Milano…

Di quali esposizione ti senti più soddisfatto?
La mia personale all’Interno&DUMDUM ha indubbiamente rappresentato per me un punto di arrivo e di maturazione, di cui sono pienamente soddisfatto perché come ti spiegavo lì ho potuto lavorare molto bene…
Un’altra a cui sono particolarmente legato è quella in cui ho esposto il primo tubo, era all’Archivio Zero Media Zanchetta ed è un monolocale…ancora adesso ripensando al modo in cui è stata realizzata mi commuovo… Alberto ed io abbiamo fatto tutto da soli… e poi l’idea di fare un ciclo di mostre all’interno di un monolocale senza finestre dove per altro Alberto vive…beh…viva Zanchetta!

Bio
Marco Di Giovanni è nato a Teramo il 18/05/1976, vive e lavora a Bologna.
Mostre Personali- 1999 Eierbaustelle (con Stefano Mandracchia), centro sociale “Unsicht Keller”, Berlino -2001 P.Terra, testo critico M.P.Mazzocchi, a cura di A.Zanchetta, Archivio Zero Media Zanchetta, Bologna -2002 int.TERRA testo critico di Walter Guadagnini, a cura di A.Zanchetta, Galleria Interno&DUMDUM, Bologna -2002 TERRA! a cura di M.P.Mazzocchi- 10.2! Milano.
Principali Collettive- 2001 Sistemi Analogici, a cura di A.Zanchetta, Otto Gallery, Bologna –2002 Beyond the edge, a cura di Silvia Evangelisti, Rocca Malatestiano di Montefiore Conca (Ri).
gallerie di riferimento Interno e Dum Dum, Bologna; Dieci.Due, Milano.

link correlati
Il Museo del Presente a Milano
Il sito di Polyphonix
articoli correlati
int.Terra, personale di Marco Di Giovanni all’Interno&DUMDUM Italiens de Paris, giovani artisti a Polyphonix 40

francesca pagliuca

Exibinterviste-la giovane arte è un progetto editoriale a cura di paola capata

[exibart]

16 Commenti

  1. Vederlo attraverso la lente, rinchiuso in un tubo, mezzo nudo, con un elmo da vikingo in testa, a suonare un corno da caccia: al di là di ogni interpretazione concettuale, un’arte che diverte anche. Un valore aggiunto per la contemporaneità. Il commento più bello ad una sua mostra? Di un’elegante signora, un po’ in là con gli anni che, allontanandosi, ha confidato al marito, non abbastanza sottovoce: “Mamma mia! Questa notte me lo sogno di sicuro. Garantito al limone!”

  2. Realizzare un’intervista non è compito facile. Realizzare un’intervista significa condurre una conversazione, far uscire parole e concetti che spesso non si vogliono o non si possono dire. Significa assumersi la responsabilità di parlare per conto di altri. Per concludere una sola intervista a volte ci vogliono mesi di incontri, cacce, revisioni e correzioni. Ed intervistare un giovane artista è compito ancora più difficile, perchè si entra in un territorio delicato ed in continuo mutamento.
    Ai collaboratori di questa rubrica, che in questi mesi hanno tutti dimostrato-nessuno escluso-passione, puntualità e professionalità va tutta la mia gratitudine e stima. Per aver cercato di dar voce e visibilità ai giovani artisti, per avermi chiesto alle 4 di notte di sostituire le immagini pubblicate, di aggiungere una mostra alla biografia o correggere in maniera impercettibile un testo.
    A tutti loro va un mio grazie e la mia soddisfazione per come questa rubrica sta andando avanti, con la speranza di far sempre di più e sempre meglio.

  3. In risposta al mio commento leggo: “Siamo spesso e purtroppo più penalizzati noi da lettori come te, caro Lorenzo… Devo dire che non capisco affatto il perchè. Ho sempre pensato che esprimere un parere e un giudizio fosse lecito e accettabile…. Non metto in dubbio che fare interviste sia una cosa delicata, che richiede tempo e non per ultimo tanto lavoro, ma credo giusto però che chi si trova a leggere un pezzo debba essere messo nelle condizioni di poter riflettere ed essere stimolato da qualcosa che lo incuriosisce. E in questa intervista, lo ribadisco sperando di non suscitare altri commenti e polemiche fuori luogo,non ho trovato davvero nulla di interessante(a parte il lavoro dell’artista, si intende). Questa rimane la mia consapevole ed onesta opinione.Con rispetto per quella degli altri…
    Lorenzo

  4. Esprimere la propria opinione non è soltanto lecito ma assolutamente necessario… come anche esprimere la propria e decisa delusione o, quando è necessario, la propria e decisa rabbia a chi disprezza innecessariamente – quando il disprezzo è infondato – la professionalità altrui!

  5. Gent.le Lorenzo, senza suscitare alcuna sterile polemica, la invito ad espormi, punto per punto, gli errori commessi dalla mia collaboratrice nel realizzare questa intervista. Vorrei commenti seri e motivati, per piacere. Chissà che da questi errori non si possa imparare. Grazie.

  6. Quando ho letto l’articolo pubblicato sul lavoro di marco, che conosco e stimo particolarmente, la cosa che mi ha colpito di più è stata la tranquillità e la disinvoltura con cui Marco ha risposto alle domande, io credo che saper mettere un artista a proprio agio e nel contempo ottenere, seppure con domande semplici, risposte organiche e ben espresse sia un talento proprio di pochi, francesca crescerà e formerà il suo spirito critico, anche confrontandosi con l’insolenza e la mediocrità dei molti.

  7. Caro direttore,
    è assolutamente vero che interventi negativi non penalizzano affatto il sito – e anche quando sono infondati – ma penalizzano i collaboratori, che oltre investirci tempo, passione e professionalità lo fanno anche gratis a servizio di tutti… mi sembra più che giustificato respingere decisamente calci negli stinchi, e tanto più a ciel sereno e dei concordi…

  8. Sarebbe carino che la stessa collaboratrice intervenisse per chiedere lumi, perkè se è vero che le critiche aiutano a maturare, è anche vero che bisogna pur affrontare gli evventuali problemi che si incontrano. mettere a disposizione dei lettori un servizio come “commenta la ntizia” deve essere uno strumento anche per i redattori (io facevo così). Sarebbe utile che fosse la stessa giornalista a chiedere le motivazioni di una critica negativa. Ma qui tutto tace, se non per l’intervento costruttivo di Paola Capata e dello sforzo di mediare del caro director!

  9. Sono daccordo anch’io che la persona che ha fatto l’intervista debba chiedere spiegazioni sul perchè di un commento negativo!
    e poi non la farei così tanto lunga: ho letto di commenti davvero peggiori e veramente offensivi!

  10. Caro Kranix sinceramente ciò che può aiutarmi a maturare sono i commenti seri e motivati. Ciò che in questi mesi mi sta aiutando è il confronto continuo che ho con gli altri collaboratori di exibart (i vari caporedattori e in particolre la professionalità di Paola Capata). I commenti sono importanti ma vanno presi con le pinze,molto spesso sono un modo per ferire le persone piuttosto che dei giudizi onesti sul loro lavoro. io sinceramnte penso di aver fatto un buon lavoro, per ora questo è il mio modo di condurre un’intervista (rigorosamente dal vivo…col rischio anche di porre domande semplici e apparentemente banali ma necessarie per stemperare l’atmosfera…ma mi piace così), aspetto suggerimenti più specifici da Loranzo (lascio anche la mia mail).

  11. Et voilà! Non dovevi rispondere a me Francesca, ma a Lorenzo. Cmq sia, un primo passo è stato fatto. (mi sembrava strano che la giornalista non intervenisse per prima! tutto qui). Una cosa sola mi permetto di evidenziare: si matura anche con i commenti “negativi” o che si considerano “non degni” di risposta. E cmq. non è una tragedia, anche perkè Lorenzo non è stato pesante, e tantomeno diretto. Sembrava più una critica sui generis. Ullalà…pure i latinismi sfodero adesso! ah ha ah..ciao ciao.

  12. concordo con te kranix sul fatto che nn mi sembrava una tragedia, era solo un commento, un’opinione libera. anche per questo reputavo nn necessario intervenire. sono felice di essermi chiarita con te in messenger.
    ps fidati e compra il cd dei sigur ros.
    ciao.

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