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Addio a Frediano Farsetti: morto il gallerista che ha scritto la storia del mercato dell’arte italiana
Personaggi
di redazione
«Ci vuole passione e un certo “pallino”, fortuna e visione, ci vuole amore per l’arte e senso degli affari». Così Frediano Farsetti amava descrivere il mestiere che ha definito la sua esistenza. È morto all’alba di oggi uno dei protagonisti del mercato dell’arte in Italia, un uomo ha saputo coniugare intuito e coraggio, visione e spregiudicatezza, portando la galleria di famiglia, sinonimo di autorevolezza e passione, alla ribalta internazionale. Con lui scompare il testimone di una trasformazione decisiva nell’ambito dell’arte, in Italia, da passione privata a fenomeno collettivo.
Nato nel 1934 in una piccola frazione alle porte di Firenze, Farsetti apparteneva a quella generazione che credeva nel futuro come orizzonte possibile. L’arte, per lui, rappresentava un campo di battaglia per la libertà creativa, una strada per l’espressione dell’intraprendenza. Trasferitosi a Prato nel 1952, seguendo il consiglio dell’amico Ottone Rosai – «Il nuovo collezionismo è a Prato, tutti i miei migliori clienti sono pratesi» -, trovò in quella città industriale e vivace il terreno fertile per un nuovo modello di galleria.
Nel 1955 aprì il suo primo laboratorio in via dei Cimatori, dove iniziò anche a lavorare il fratello Franco, scomparso nel 2022. Due anni più tardi inaugurò la sede di via Lanaioli, che divenne presto un centro culturale frequentato da artisti, scrittori e intellettuali, cuore pulsante di un collezionismo moderno e curioso. Da lì cominciò un’ascesa che avrebbe portato il nome Farsetti in tutta Italia: Cortina d’Ampezzo nel 1964, la Versilia nel 1969, Milano nel 1982, fino alla nuova sede di Prato, inaugurata nel 1991 accanto al Museo Pecci e progettata da Italo Gamberini: oltre 2metri metri quadrati di spazi espositivi, sale d’asta e caveau climatizzati, tra i più moderni d’Europa.
Farsetti fu un pioniere nel suo settore. Nel 1962 organizzò la prima asta d’arte moderna dell’Italia centrale ripresa dalle telecamere della RAI, mentre nel 1996 curò la più grande retrospettiva mai dedicata a Ottone Rosai, ospitata a Palazzo Reale a Milano e inaugurata dall’allora Presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro. In 70 anni di attività ha battuto oltre 200 aste, presentando più di 100mila opere, molte delle quali oggi nelle collezioni dei principali musei italiani e internazionali. Tra queste, la Battaglia di Ponte dell’Ammiraglio di Renato Guttuso, acquistata dagli Uffizi nel 2004. Negli ultimi anni aveva guardato con lo stesso spirito al futuro di Cortina d’Ampezzo, dove nel 2021 inaugurò la nuova sede Farsettiarte, nel complesso riqualificato dell’ex Funivia Pocol.
Il suo rapporto con gli artisti era diretto, quasi affettivo. Parlava di Rosai, de Pisis, Soffici o Morandi come di amici di lunga data, e i suoi scritti, sempre inseriti nei cataloghi della galleria, rimangono oggi una preziosa testimonianza di una stagione irripetibile dell’arte italiana del Novecento. Amava raccontare un episodio emblematico: durante la prima asta del 1962, un Taglio di Lucio Fontana rimase invenduto, accolto in sala da un brusio di disapprovazione. Un collezionista ironico offrì una lira «Solo per la cornice». Farsetti, con la sua tipica ironia toscana, ricordava: «Quella sprezzante offerta di una lira si è trasformata in un prolifico seme, che si è moltiplicato per milioni e milioni di volte».














