11 dicembre 2023

“Il problema dell’arte italiana? Quello di non avere un sistema”. In dialogo con il collezionista Renato Alpegiani

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Alla Fondazione Oelle Mediterraneo Antico ETS di Aci Castello a Catania, fino al 28 gennaio 2024, è in corso la mostra “ALL MY DREAMS, la collezione Renato Alpegiani” e “Compare spare” di Antonio Marras. Abbiamo intervistato il collezionista torinese per una ricognizione sulla situazione dell’arte e sullo stato del collezionismo

Anna Tusa, all my dreams 01, 2023

La Fondazione OELLE Mediterraneo Antico propone, per la seconda edizione, il progetto “Collezione in Fondazione”: un format circolare che coinvolge un collezionista, invitato a raccontare con le proprie opere e la propria storia, le ragioni di una collezione, dei suoi sviluppi etici ed estetici e della prorompente azione dell’arte. Renato Alpegiani ha accettato con entusiasmo l’invito a esporsi, a raccontarsi, in qualità di collezionista. Torinese, ricercatore infaticabile e frequentatore attento di gallerie e fiere internazionali, Alpegiani ha scandagliato, fin dai primi anni Ottanta, tutte quelle correnti nazionali e internazionali che hanno determinato una svolta nella concezione odierna dell’arte contemporanea. In mostra sono presenti oltre 50 le opere della sua collezione, da Paola Angelini a Stefano Arienti, Vanessa Beecroft, Nicolò Bruno, Zaza Calzia, Srijon Chowdhury, Jo Coda, Sylvie Fleury, Louis Fratino, Roberto Goffi, Roni Horn, Karen Kilimnik, Maria Lai, Bice Lazzari, Lalla Lussu, Jonathan Monk, Ruben Montini, Scott Myles, Catherine Opie, Mattia Ozzy B., Carol Rama, Rosanna Rossi, Matt Stokes, Annika Strom, Vibeke Tandberg, Sue Williams. Completa il percorso espositivo Antonio Marras con COMPARE SPARE (2021), stoffe recuperate, trovate, riprese da scartati e rifiuti e poi assemblate, ricamate, cucite come fossero strati di colori e materiali diversi, per una serie di 10 paraventi di dimensioni ambientali. In occasione dell’inaugurazione abbiamo intervistato Renato Alpegiani.

Quando è nato il tuo interesse per l’arte?

«La passione per l’arte contemporanea è nata alle scuole medie. Ero affascinato dai colori. L’insegnante mi incoraggiava dicendomi che avevo inventiva e capacità coloristiche innate».

Quando hai iniziato a collezionare? Con quale opera?

«Ho dedicato parecchio tempo alla preparazione, poiché visitando alla metà degli anni ’60 la GAM a Torino di fronte a due tele una di Twombly, e l’altra di Novelli, compresi di non avere sufficiente preparazione per quel tipo d’arte. Passarono anni, poi nel 1977 comprai due opere di Carol Rama».

Qual è stato fino a oggi l’incontro più significativo che hai fatto nel mondo dell’arte?

«Non uno, ma più incontri significativi: nel 1967 conobbi Fiamma Vigo proprietaria della Galleria Numero a Venezia. Reputo Fiamma Vigo “la mia maestra”. Nel 1979 Carol Rama, non basterebbe un libro per descrivere più di trenta anni di frequentazione. Nel 1991 Bruna Aikelin, Galleria Capricorno (Venezia), altro incontro fondamentale. Nel 2001 Maria Lai, pura essenza».

Anna Tusa, all my dreams 13, 2023

Quali sono gli artisti e le opere che più hanno influenzato il tuo percorso nella vita e nell’arte? Ci puoi descrivere qualche aneddoto?

«Dopo avere acquisito le due opere di Carol Rama e un piccolo disegno di Man Ray, nella Galleria di Giorgio Marin acquistai un Fiato d’artista di Manzoni. Ero felice del mio nuovo acquisto, però esibendolo alle persone a me care, le reazioni unanimi erano di derisione. Timoroso di avere fatto un incauto acquisto, lo riportai in galleria, in cambio ebbi un disegno di Fontana e uno di Novelli».

Perché è importante l’arte? Cosa ti ha dato e continua a darti l’arte?

«L’arte è stata una costante nella mia vita, spesso Carol Rama mi diceva “L’arte mi ha guarita”. Io non so se l’arte mi abbia guarito. Con certezza posso affermare che mi ha fatto vivere meglio. L’arte continua a darmi emozioni e incessante curiosità».

Quali sono le caratteristiche che deve avere un’opera d’arte per entrare nella tua collezione?

«Non rincorro caratteristiche speciali. È sempre l’impatto emotivo e coinvolgente che mi spinge ad acquisire un’opera. Non mi hanno fermato nemmeno dimensioni impossibili da installare nel mio appartamento, seppur grande».

Quali caratteristiche deve avere un curatore per collaborare con te?

«Laddove incontro sensibilità e amore per la creatività, non ci sono preclusioni».

Quali sono i nuclei principali della tua collezione? 

«Per convenzione mi dichiaro collezionista. Amo però definire i lavori acquisiti raccolta. Una raccolta di emozioni, poiché sono sempre le emozioni a guidarmi verso l’opera. Per rispondere alla tua domanda il nucleo di opere più numeroso è dedicato a Carol Rama».

Il lavoro delle artiste che spazio occupano all’interno della tua collezione?

«Dopo i primi acquisti capii che l’arte aveva la forza di fagocitarmi. Chiusi questa parentesi per circa dieci anni. Continuai a frequentare la scena artistica. Ricordo infatti la mostra a Milano a cura di Lea Vergine L’altra metà dell’avanguardia, che portò alla luce questo gap con l’arte maschile, mostrando finalmente l’arte femminile. La seconda trance della mia raccolta inizia nel 1990. C’era all’epoca un grande fermento, e non solo in America, riguardo alle artiste. Finalmente si prendevano la scena con una forza straordinaria. Di lì a poco la mostra Post Human, transitata a Rivoli, portò alla ribalta un numero considerevole di artiste, molte delle quali sono presenti nella mia raccolta».

Pensi che nell’arte ci sia bisogno di quote rosa?

«Mi auguro vivamente che nel mondo dell’arte e non solo, non esistano più preclusioni di nessun genere, tendenza o colore della pelle. Occupiamoci tutti perché vinca – con intelligenza, buon senso e armonia – la creatività. Sarà utopia, ma voglio crederci».

Anna Tusa, all my dreams 10, 2023

Quali sono i lavori in collezione a cui sei più affezionato?

«Non riesco a fare una classifica, come si potrebbe, sono scelte di e con passione. Ho anche opere di artisti che, con il tempo, hanno cessato l’attività artistica. Come potrei oggi ometterli? Alcuni sono in mostra sulle pareti di casa, altri sono nelle casse, non è cambiato nulla, e non cambierà nulla».

C’è un’opera che avresti voluto avere e che ti è sfuggita?

«Più di una, non sempre si può perseguire tutto. Quando un’opera, per svariate ragioni non ultime quella economica, non è più nel mio raggio d’azione dico: “Pazienza, se l’opera diverrà famosa potrò sempre vederla esposta nei musei”».

Qual è un artista di un recente passato con cui avresti voluto lavorare?

«Invece di avere rimpianti ho cercato di agire. Ci sono artisti che conosco soprattutto in Sardegna che hanno prodotto un buon corpus di lavoro e che, per svariati motivi, non tutti sono arrivati al grande pubblico. Con Efisio Carbone, Andrea Busto direttore del Museo MEF di Torino, abbiamo organizzato la mostra Reinas con opere di Maria Lai, Rosanna Rossi, Lalla Lussu e Zaza Calzia. Quest’anno nella Galleria Giovanni Bonelli di Milano, con lo stesso concept abbiamo inserito Cinque Res: Nivola, Sciola, Francello, Ottonello, Brundu».

Dove compri più frequentemente le opere della sua collezione, in galleria, in fiera, all’asta?

«Mi piace scoprire talenti e sostenere le gallerie che in prima persona investono economia. Succede di acquisire opere anche nelle fiere. All’asta non ho mai comprato nulla».

Come è cambiato il sistema dell’arte da quando hai cominciato a interessarti d’arte?

«Quando iniziai negli anni Novanta a interessarmi soprattutto individuando giovani, c’era ancora la possibilità di seguirne l’evoluzione, e vederne la crescita. E quando parlo di crescita non intendo quella economica. Con la fine degli anni Novanta, con le aste e i molti soldi entrati nel sistema, abbiamo assistito a una crescita dei prezzi incontrollata, e incontrollabile».

Cosa pensi del sistema dell’arte italiano? Qual è il suo stato di salute?

«Il sistema arte italiano forse difetta di non avere sistema. I nostri giovani a volte, seppur bravi, per avere successo devono espatriare».

A tuo avviso l’Italia ha peso nel panorama dell’arte contemporanea globale? 

«Certo, in Italia ci sono artisti di primaria importanza. I nostri artisti contemporanei non avendo un sistema sono maggiormente penalizzati rispetto ad artisti loro coetanei, sul mercato globale. La nostra incidenza sarà sempre inferiore».

Quali consigli daresti a un artista all’inizio della sua carriera?

«A un’artista all’inizio della sua carriera consiglierei di fare un’attenta valutazione della sua scelta: le motivazioni dovrebbero essere radicate e profonde, sapere che non sarà un percorso semplice, occorre molta volontà, disciplina ferrea, ottima preparazione. Un altro consiglio che mi sentirei di impartire, è di dimenticare la confort zone famigliare; possibilmente fare esperienze in scuole di alta professionalità straniere, soprattutto in zona anglosassone, dove poter studiare anche l’inglese».

E invece cosa consiglieresti a chi volesse oggi aprire una galleria d’arte?

«Leggendo la risposta precedente si potrebbe fare un copia incolla. Aggiungerei casomai la grande, grande passione per intraprendere il ruolo del gallerista, e una buona possibilità economica».

Anna Tusa, all my dreams 10, 2023

Qualche consiglio a chi oggi volesse cominciare una collezione d’arte contemporanea?

«Anche in questo caso per chi volesse iniziare una collezione, indubbiamente passione con tanta, tanta preparazione, malgrado gli errori siano inevitabili: anche con essi si cresce».

Cosa rappresenta per te la mostra in corso a Catania?

«Con piacere ed entusiasmo ho accettato l’invito a esporre alla Fondazione OELLE. Ho trovato energie positive e molta disponibilità nel preparare gli spazi al meglio per accogliere le opere. Per questo ringrazio la presidente Ornella Laneri, il direttore artistico Carmelo Nicosia, e un grazie a tutto lo staff. Premetto che non amo le autocelebrazioni. Sono però felice e ho sempre prestato volentieri le opere per le mostre, consapevole anche dei rischi che possono crearsi negli spostamenti delle stesse. Ho sempre ritenuto che il lavoro artistico si attiva quando è esposto al pubblico. In casa o nelle casse di un magazzino, anche un bellissimo lavoro non ha vita».

Cosa ti ha colpito della ricerca di Antonio Marras?

«Antonio è un vulcano e, come tale, approda con i suoi paraventi nella regione giusta. Mi sembra che Marras restituisca geografie della mente, belle le stoffe recuperate con le loro usure del tempo, quasi fossero una pelle umana che inevitabilmente va incontro a cambiamenti. Conosco Antonio, apprezzo la sua sensibilità, siamo nati entrambi sotto il segno dell’Acquario, segno d’aria con la testa sempre piena di fantasie. Antonio le ha canalizzate, creando moda, design, arte e altro ancora».

Tre richieste che faresti al Ministro della Cultura?

«Non ho competenze in merito, non è facile per me rispondere a questa domanda. Da raccoglitore d’arte non comprendo perché almeno in ambito europeo non si possa uniformare l’IVA. Pensando sempre ai giovani che intraprendono il lavoro creativo, tasserei i loro ricavi al di sopra dei ventimila euro annui. Inoltre, per evitare speculazioni, penso si potrebbero aumentare le tasse sulla rivendita di un lavoro artistico, se la vendita è effettuata prima degli otto anni dalla data dell’acquisto».

Un sogno ancora nel cassetto?

«Un sogno nel cassetto? Oddio, i sogni sono innumerevoli, non so nemmeno elencarli. Sarei felice di mantenere intatta la fascinazione che il mondo dell’arte, e l’arte mi hanno sempre donato».

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