16 agosto 2020

Pop Corn #19. Un american dream diverso per Brooklyn Prince in The Florida Project

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A Orlando, a pochi passi del parco divertimenti più famoso al mondo, un panorama molto diverso da quello per cui l’America è diventata famosa, in cui si snodano storie difficili e racconti drammatici

The Florida Project

The Florida Project racconta la quotidianità di Moonee (Brooklyn Prince), una bambina che vive con la madre Halley (Bria Vinaite) in un motel che vorrebbe riprendere i colori delle favole della vicina Disneyworld, ma che racchiude varie situazioni di disagio sociale. Il gestore, Bobby (Willem Dafoe), cerca di riparare ai danni della struttura fatiscente ed è un punto di riferimento per tutte le problematiche interne. Moonee vive con la madre disoccupata, ex tossica, senza speranza, senza strumenti, senza linee guida e con altri due bambini cerca di distrarsi facendo scherzi agli altri abitanti della struttura e qualche disastro. La madre, per recuperare denaro, riprende a prostituirsi e Bobby fa intervenire la polizia per tutelare la bambina in un finale drammatico e onirico.

Questo motel, dove capita che si imbatta erroneamente un qualche turista attratto dal prezzo basso o gabbato da un’organizzazione di viaggio mal riuscita, incarna uno di quei progetti sociali americani di recupero di persone senza lavoro o con condizioni bordeline, pur trovandosi molto vicini al noto parco divertimenti di Orlando. Bobby è infatti simbolicamente l’uomo che gestisce anche tutte queste famiglie, dato che la maggior parte sono composte da ragazze con figlie piccole.

Moonee è una bambina e, come tutti i suoi coetanei, dovrebbe incarnare il futuro. Il suo progetto di vita è nelle mani di una donna che vive alla giornata, senza lavoro, senza protezioni, senza punti di riferimento, senza prospettive. Per un periodo si avvalgono dell’amicizia di una donna, Ashley, che vive nella stessa struttura e ha un bimbo amico di Moonnee, ma quando questa scopre che Halley ha ripreso a prostituirsi nella stessa stanza in cui vive con la figlia, decide di troncare i rapporti.

La bambina passa le sue giornate inventandosi un intrattenimento di cui non dispone attraverso giocattoli, proprio a poche miglia di distanza dal più grande parco divertimenti del mondo. Ma la sua vita è fatta di privazioni, di assenze, di vuoti e di tentativi di attirare l’attenzione con scherzi anche pericolosi, che si ripercuotono sugli abitanti del complesso e tornano come un boomerang nella stanza che la bambina divide con la madre. Il ritratto di questo spaccato degli Stati Uniti, che purtroppo coinvolge una percentuale alta di popolazione che non ha accesso a supporti di nessun tipo, all’istruzione, ad aiuti, ad assistenza legale e nemmeno al sistema sanitario, è posto in una interessante posizione di confronto con la ricchezza del turismo che si reca a pochi chilometri di distanza per visitare un parco legato esclusivamente all’intrattenimento e noto in tutto il mondo. Oltretutto, questa narrazione si distacca totalmente da una modalità più spaccatamente melodrammatica e caritatevole, come spesso viene posta la figura del povero agli occhi dello spettatore dei film dell’industria hollywoodiana, perché la storia è posta in modo lineare e secco, spesso dal punto di vista della bambina.

Appare interessante notare come spesso le gravidanze indesiderate diventino un fardello sulle spalle delle mamme e come la facilità di fuga da parte delle figure maschili sia evidente, soprattutto nelle situazioni di reale disagio.

Pop Corn #19, Brooklyn Prince, The Florida Project, 2017, regia di Sean Baker

Per tutti gli altri Pop Corn, la rubrica di exibart dedicata ai grandi personaggi femminili della storia del cinema, potete cliccare qui.

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