07 marzo 2022

Brutal Casual è l’ode underground di Jacopo Benassi e Lady Maru

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Nichilista e beffardo, genuino e sbalorditivo, Brutal Casual è il progetto sinestetico di Jacopo Benassi e Lady Maru, tra performance, musicassette e fanzine, per una dichiarazione d'amore al DIY

“Brutal Casual” è un progetto nato un anno fa dall’incontro di due giganti della scena artistica underground, Jacopo Benassi e Lady Maru. Benassi è un fotografo le cui immagini in bianco e nero hanno raccontato e raccontano facce e corpi, con autoscatti e oggetti feticcio, cariche di un erotismo esplicito ma sottile, raccolti e pubblicati in una serie sterminata di pubblicazioni autoprodotte e che, nel 2021, sono culminate in un’importante mostra al Centro Pecci di Prato sotto l’egida di Cristiana Perrella, e nel catalogo FAGS edito da Nero. Lady Maru è un’icona della scena alternativa, producer strumentista e voce di alcuni degli esperimenti musicali tra i più spericolati, dal noise alla techno più ricercata, DJ tra Roma e Berlino della scena queer più disobbediente e maître à penser della scena artistica di Roma Est.

La combinazione singolare di questi due creativi ha dato vita a un lavoro difficile da incasellare ma, proprio per questo, imprescindibile. “Brutal Casual” è prima di tutto un’idea, manifesto di una filosofia scostante, di una wave nichilista e beffarda, «è quando scendi in pigiama a buttare la spazzatura e incontri qualcuno», per citare Jacopo Benassi.

Il progetto nasce con un album pubblicato con l’etichetta Industrial Complexx, nove tracce che volano dal punk all’elettronica con sprazzi di cupezza ma anche di geniale demenza. Da qui una performance sviluppata nell’ambito del progetto “prender-si cura” di Ilaria Mancia presso La Pelanda di Roma, che è un tributo all’art rock più genuino, una vera e propria giostra teatrale trainata dai magnifici pezzi dell’album e dalla bizzarra presenza scenica dei due artisti.

Durante il live, uno schermo sovrasta il palco e una macchina fotografica, manovrata da Benassi con un telecomando, scatta e proietta le immagini in diretta della performance. Macroscopiche nature morte e ciclopici tableaux vivants che ripetutamente sorprendono gli spettatori e che svelano le mille maschere, i vibratori e i dildo che suonano su chitarre prese ad accettate, trapani, tamburelli, pedali cavi e corpi nudi. Immagini improvvise che moltiplicano e rendono visibile ciò che il pubblico nel buio della performance non riuscirebbe a vedere, architetture brutali e ipnotiche sempre diverse.

L’ultima trasformazione è la fanzine, che viene autoprodotta dallo stesso Benassi e a cui viene allegato un mixtape della performance, per ogni performance una fanzine e una musicassetta ad hoc. Una vera dichiarazione d’amore al DIY e allo stesso tempo una celebrazione di tutto ciò che non è conforme e quindi unico, al queer più genuino, che non può essere mai ripetuto e classificato proprio perché casual, che non vuole compiacere perché della brutalità del gesto artistico si fa alfiere. Una produzione imperdibile, una performance sbalorditiva, una pubblicazione preziosa.

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