07 luglio 2012

Contrappunto Il capolavoro ritrovato

 
Circa un anno e mezzo fa veniva inaugurato il nuovo Albertinum di Dresda, dopo un restauro durato sei anni in seguito alla piena dell'Elba che nel 2002 ne aveva danneggiato i depositi. Oggi, oltre al nuovo museo concepito come "un'arca per le arti", una scoperta sensazionale è oramai ufficiale [di Flavio De Marco]

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Nonostante le numerose polemiche circa la sua definitiva attribuzione, quello che si annuncia come il capolavoro sconosciuto del pittore tedesco Caspar David Friedrich ha lasciato a bocca aperta l’intera scena della critica d’arte. Lo stupore deriva non tanto dalla qualità del dipinto, quanto piuttosto, trattandosi di un ritratto, da un genere non frequentato dall’artista. A questa anomalia se ne aggiunge un’altra, quella della persona ritratta, il celebre musicista italiano Gioacchino Rossini. Il dipinto in questione sembra essere concepito come una combinazione di natura morta e paesaggio, in cui il ritratto del musicista sembra fare da cerniera tra i due generi. Illustrando nelle righe che seguono la composizione del dipinto, ne riporteremo anche le posizioni critiche fino ad oggi più rilevanti.

Partiamo innanzi tutto dal titolo, piuttosto inconsueto per un ritratto in interno: Paesaggio con Ritratto. Secondo la tesi del Glendinning, questo titolo, evidenziando una priorità del paesaggio sul ritratto, potrebbe fare uso della figura del musicista italiano per sottolineare uno stato psicologico del pittore tedesco. Il dipinto difatti è datato 1835, anno in cui Friedrich viene colpito da infarto, vivendo già, a causa della malattia cerebrale che avanzava, piuttosto ritirato dalla società. Rossini è ritratto nella sua casa di Parigi, come ha evidenziato il Pinella attraverso l’analisi degli oggetti che si vedono alle spalle del compositore, anche lui, nell’anno di esecuzione del dipinto, da sei anni già lontano dalle scene. Fino alla sua scomparsa, nel 1968, il celebre compositore scriverà soltanto occasionalmente, uno Stabat Mater, la Petite Messe Solennelle, le Soirées Musicales, le Péchés de Veiellesse, tutte opere legate a commissioni provenienti da amici o all’intrattenimento domestico.

La casa di Rossini infatti, la cui celebrità continuava ad aumentare anche dopo il ritiro, rappresentava all’epoca il centro della mondanità parigina. Certo, quaranta opere in soli vent’anni è un bilancio sufficiente per lasciare le scene, ma questo sembra non essere il reale motivo di abbandono, anche a seguito del pesante fallimento della sua ultima opera, il Guglielmo Tell. La ragione, di cui forse Friedrich era a conoscenza, consisteva nel fatto che Rossini aveva capito che non c’era più spazio per la sua musica, che l’epoca dei castrati e del bel canto era definitivamente tramontata, e con essa la melodia di derivazione barocca, nella declinazione poi mozartiana, che l’italiano aveva portato alla massima espressione. Nel primo ventennio dell’Ottocento l’opera buffa lasciava definitivamente la ribalta per il nuovo dramma romantico, da una parte l’impegno civile di Verdi e dall’altra le cromie orchestrali di Wagner. Rossini ne è pienamente consapevole, e con etica esemplare non resta a confondere le carte sfruttando la sua fama, ma lascia spazio alle nuove idee, dedicandosi alla cucina e agli amici. Nel dipinto di Friedrich vediamo infatti in primo piano la famosa Insalata Rossini, a base di mostarda, limone, pepe, sale, olio d’oliva e tartufo, forse, secondo il Rottermann, indice di un desiderio da parte dell’artista tedesco di una leggerezza domestica raramente presente nella sua quotidianità. Ma la parte dominante del dipinto, e probabilmente anche quella più convincente sul piano espressivo, è il paesaggio che occupa più della metà della tela. Quello che salta subito all’occhio è la differenza del segno che Friedrich utilizza in questa parte del dipinto in relazione al resto della tela. Mentre nella rappresentazione del ritratto e dell’interno della casa l’artista adotta un registro segnico che potremmo definire realista, il paesaggio che vediamo attraverso la finestra è di natura opposta. La riflessione sul modello, nel caso specifico una marina, si spinge qui ad un’essenzialità compositiva senza precedenti, in cui la sintesi spaziale riduce mare e cielo a due strisce monocrome di tonalità differenti.

Ma com’è possibile che dalla finestra di una casa nel centro di Parigi si possa vedere il mare? E poi, perché la scelta di trattare queste due parti della tela in modo così discontinuo, come fossero dipinti da due autori diversi? L’interpretazione del Martelloni, noto per i suoi studi su Warburg e per il suo contributo all’iconologia, sembra quella più convincente. Il dipinto di Friedrich sarebbe un tentativo di riflessione sui generi della pittura, evidenziando come, tra questi, quello del paesaggio, sia in grado di esprimere, tenendo in margine la figura ritratta, uno stato emotivo dell’essere più profondo, in grado di sostituire alla descrizione psicologica un sentimento di natura più filosofica, che trova la sua origine nello sguardo sull’orizzonte.

Nota: Ci scusiamo con tutti i lettori in quanto a causa delle irrisolte controversie sull’autenticità del dipinto non siamo stati autorizzati alla pubblicazione dell’immagine.

*articolo pubblicato su Exibart.onpaper n. 78. Te lo sei perso? Abbonati!

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