14 luglio 2023

FOROF presenta il Secondo Episodio della Stagione Speciale FOROF Essenza

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L’INCONTRO, Reading di Silvia Giambrone a cura di Paola Ugolini. L’intervista a Silvia Giambrone sul progetto ideato per FOROF

FOROF, Silvia Giambrone, Reading L’INCONTRO

Il 15 giugno FOROF, polo culturale romano dedicato al dialogo tra archeologia e arte contemporanea, fondato dalla mecenate e imprenditrice Giovanna Caruso Fendi, ha ospitato il Secondo Episodio della Stagione Speciale FOROF Essenza: L’INCONTRO, Reading di Silvia Giambrone a cura di Paola Ugolini.

L’Episodio si lega al tema della libertà a cui è ispirata questa Stagione Speciale, tema efficacemente rappresentativo della storia di FOROF, che sorge all’interno del Palazzo del Gallo di Roccagiovine al di sopra dei resti della zona dell’abside orientale della Basilica Ulpia (II d.C.) nel Foro di Traiano, luogo dove avveniva la manumissio, atto pubblico che consentiva agli schiavi di acquisire la condizione di libertà.

FOROF Essenza, inaugurata lo scorso 5 maggio, connette, attraverso una sperimentazione culturale, l’arte della creazione di profumi con la storia dell’antica Roma e l’arte contemporanea. Per questo progetto Giovanna Caruso Fendi ha invitato Laura Bosetti Tonatto, tra le creatrici di profumi più conosciute a livello internazionale, a ideare un’essenza che rievocasse proprio la storia della Basilica Ulpia. La Stagione ha visto il coinvolgimento anche del giornalista e autore Andrea Purgatori che ha realizzato per FOROF il docufilmOptimus Princeps” con la regia di Lorenzo Scurati, dedicato all’imperatore Traiano e al racconto della manumissio.

FOROF, Silvia Giambrone, Mirror n. 24, 25 e 34, 2023, ottone, cera, acacia spinosa

Il Secondo Episodio del 15 giugno ha visto come protagonista Silvia Giambrone (Agrigento, 1981), le cui ricerche seguono un percorso articolato, spesso ancorato a tematiche di denuncia sociale dove trova spazio una disamina attenta dei meccanismi, spesso anomali e distorti, che regolano il dipanarsi dei rapporti interpersonali e degli equilibri politico-sociali. Un’analisi profonda e lenticolare è riservata alla condizione femminile: attraverso differenti linguaggi e modalità espressive l’artista trova modo, in maniera sempre originale e incisiva, di rappresentare dei paradossi che sono espressione del riaffiorare della dimensione dell’inconscio che svela conflitti interiori, talora irreparabili, soprattutto nelle donne.

Per FOROF Silvia Giambrone ha ideato L’INCONTRO, Reading curato da Paola Ugolini e ha messo in scena un’azione simbolica attraverso la lettura e l’interpretazione di alcuni brani tratti da Il libro dell’Incontro. Vittime e responsabili della lotta armata a confronto a cura di Guido Bertagna, Adolfo Ceretti, Claudia Mazzucato (Il Saggiatore, 2015).

Il libro racconta dell’incontro avvenuto, nell’arco di oltre sette anni, tra alcune vittime (e loro familiari) e alcuni responsabili della lotta armata che ha contrassegnato pesantemente la storia italiana degli anni Settanta e Ottanta del XX secolo e intende delineare una strada che fa capo alla cosiddetta “giustizia riparativa” che, riallacciandosi all’esempio del Sud  Africa post-apartheid, si fonda  sull’idea che la giustizia possa  essere concepita in una visione più ampia rispetto alla mera inflizione di una pena. Si tratta di una strada impervia ed estremamente complessa nella quale il confronto vorrebbe porsi come una delle possibilità per affrontare un passato drammatico.

FOROF, Silvia Giambrone, Reading L’INCONTRO

Gli incontri sono stati mediati dal padre gesuita Guido Bertagna, dal criminologo Adolfo Ceretti e dalla giurista Claudia Mazzuccato e si sono svolti nel rigoroso rispetto dei principi alla base dell’idea di giustizia riparativa, volontarietà, assoluta riservatezza, confidenzialità e gratuità.

«Il libro contiene dunque la sua promessa impegnativa (…) l’ascolto attento che mette da parte l’impulso a voler tutto chiaro e la tentazione del giudizio. «A patto», quindi, che il lettore acconsenta a lasciarci coinvolgere (non convincere) nella nostra avventura che pure gli si rivolge con una piccola, grande, speranza divenuta per noi un fatto tangibile e concreto: è possibile, nonostante tutto, cercare assieme la giustizia, ed è cercandola assieme che, forse, la si può almeno un poco avvicinare» (Il Libro dell’Incontro, p. 12).

L’articolazione del Reading è avvenuta in maniera assolutamente originale nell’attenta selezione dei brani e nella accurata scelta della successione delle testimonianze che l’artista ha voluto restituire all’anonimato, in modo che le esperienze singole di vissuta sofferenza e sofferto riesame del passato assumessero un valore di carattere universale. «Se devo spiegare perché ho ucciso, è come se uccidessi per la seconda volta. È un dramma: non c’è un perché» (Il Libro dell’Incontro, p. 80). «Io ho sparato a persone che non conoscevo. Ho accettato la logica della collettività e le sue regole. Perciò, se mi trovassi ora di fronte a una mia vittima non saprei cosa dire. Dovrei rileggere il volantino di rivendicazione. È assurdo, lo so, ma è così» (Il Libro dell’Incontro, p. 81).

Silvia Giambrone ha raccontato e interpretato questi incontri con estrema efficacia espressiva, calibrando attentamente i toni, intercalando la lettura con pause funzionali a enfatizzare alcuni passaggi significativi, quasi in un perfetto ritmo musicale che ha fatto emergere tutte le laceranti disarmonie interiori dei protagonisti, siano essi vittime o fautori degli atti terroristici, facendo ricorso a sue innate qualità drammaturgiche che hanno reso l’azione particolarmente toccante e incisiva, vissuta dalla platea presente con autentica intensità.

FOROF, Silvia Giambrone, Cutlery, 2016, posate d’argento, catene di acciaio ancorate a parete

Il tema portato in scena dall’artista appare particolarmente coerente rispetto alla storia della Basilica Ulpia, luogo dove avveniva la manumissio, e in relazione alla Stagione Speciale FOROF Essenza ispirata al tema della libertà. Silvia Giambrone ha incisivamente sottolineato l’infrazione del principio fondamentale acquisito dall’umanità ad avere diritto alla eguaglianza. Gli atti terroristici presuppongono, infatti, l’idea di una gerarchia tra gli esseri umani: «(…) non possedevamo l’idea dell’intangibilità della vita umana, e invece pensavamo che ci fossero vite che contano, altre che contano meno e altre che non contano affatto» (Il Libro dell’incontro, p. 367).

A ricordare quanto sia tuttora vivo il problema dei frangenti socio-politici che hanno segnato l’Italia tra gli anni Settanta e Ottanta dello scorso secolo, il 9 giugno interviene la celebrazione del Giorno della Memoria, dedicato alle vittime del terrorismo interno e internazionale. Proprio in occasione della ricorrenza di quest’anno il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha sottolineato: «La democrazia della nostra Repubblica si nutre di tolleranza, di pazienza, di confronto, di rispetto. È una strada che a taluno appare lunga e faticosa ma è l’unica di progresso della convivenza. L’unica capace di ottenere e mantenere nel tempo pace, serenità, benessere, diritti a tutti i cittadini».

L’attualità dell’argomento è dimostrata anche da recenti opere cinematografiche: il regista Marco Bellocchio ha sentito la necessità di tornare sul tema del rapimento di Aldo Moro, affrontato già nella magistrale pellicola Buongiorno notte del 2003, in Esterno notte del 2022 oggetto, quest’anno, di numerosi riconoscimenti sia al David di Donatello che ai Nastri d’Argento. Il video del Reading è visibile negli ambienti di FOROF siti al piano strada. Il percorso espositivo continua al piano ipogeo dove nelle prime sale sono esposte alcune opere di Silvia Giambrone: Cutlery, Mirror n.34 prodotto per FOROF, Mirror n.24 e 25 e il video Traum.

Contestualmente nell’area archeologica del piano ipogeo, dove è proiettato il docufilm Optimus Princeps” di Andrea Purgatori, si snoda il percorso olfattivo che conduce il pubblico alla scoperta dell’essenza creata da Laura Bosetti Tonatto per FOROF attraverso i quattro passaggi creativi che compongono la fragranza. La mostra resterà aperta al pubblico fino al 23 luglio 2023.

FOROF, nato da un’importante intuizione di Giovanna Caruso Fendi, si conferma come polo culturale di estremo interesse rappresentando a Roma una realtà d’avanguardia che attraverso il dialogo permanente e continuativo tra archeologia e arte contemporanea propone temi di estrema attualità declinati attraverso diverse forme espressive e creative.

FOROF, Giovanna Caruso Fendi, Silvia Giambrone e Paola Ugolini

L’intervista a Silvia Giambrone consente di cogliere con puntualità importanti aspetti dell’originale e articolato progetto ideato per FOROF.

Il Reading L’INCONTRO affronta un tema fondamentale: il rapporto tra libertà e schiavitù. Nell’introduzione hai sottolineato come la questione della libertà sia affollata di “fantasmi”: fantasmi che ci coinvolgono a livello personale ma fantasmi che riguardano anche la storia e la vita di un intero Paese.

L’incontro tra protagonisti di atti terroristici e familiari delle vittime, di cui si parla in questo libro, restituisce una possibilità di un reale cambiamento di prospettiva attraverso il quale affrontare questi fantasmi?

Silvia Giambrone: Assolutamente. Sono quei fantasmi a ricordarci il nostro debito con il reale, con quella parte di realtà sommersa che per diverse ragioni tendiamo a rimuovere e che invece costituisce quel mistero insondabile che è la nostra vita, la nostra essenza. L’incontro con l’altro è la possibilità di vedere nei suoi occhi il proprio vuoto esistenziale, quella mancanza di empatia, di reciprocità, di fratellanza e sorellanza che ci ha indotti a fare scelte che si rivelano inautentiche e che richiedono riflessioni profonde e innescano crisi feconde.

Hai parlato di un concetto estremamente importante. Accanto alla necessità di una “deposizione delle armi” è stato manifestata, da parte di alcuni terroristi, l’urgenza della “deposizione del linguaggio”. In che modo questo significativo passaggio coinvolgente un radicale ripensamento e, in taluni casi, un rinnegamento vero e proprio dell’ideologia che ha generato iniziative dense di violenza, si presenta come un’azione che può realmente contribuire al processo di riappacificazione interiore da parte dei familiari delle vittime?

Silvia GiambroneQuesto naturalmente andrebbe chiesto ai protagonisti di questa vicenda dei quali io non posso essere portavoce, ma la mia interpretazione del testo che ne raccoglie le testimonianze si muove nella direzione della redenzione, parola antica e assolutamente rimossa se non addirittura fraintesa dal vocabolario contemporaneo. Non credo che l’ideologia in assoluto vada condannata, credo che questa esprimesse una volontà di giustizia che fosse necessario incanalare, ascoltare e che mettesse bene a fuoco, almeno differenzialmente, il rapporto tra ordine e disordine in una società in cui la tensione dialettica era una attitudine intellettuale ma anche una urgenza civile orientata alla correzione di importanti squilibri sociali. Oggi le cose sono inevitabilmente diverse e temo che oggi le ideologie non siano tramontate, come si crede comunemente, ma che siano travestite e che siano di più difficile individuazione. Ho l’impressione che le narrazioni politiche tramontate all’ombra della rivoluzione tecnologica e che hanno visto nelle BR una estremizzazione, servissero comunque come luoghi dove poter radicarsi e crescere nelle relazioni, nella quali coltivare la propria identità pagando naturalmente il prezzo che era necessario pagare nel momento in cui le ambizioni in gioco travalicavano il rispetto di base per la vita e allora quello è diventato terrorismo, il terrore di alcuni contro altri. Non sono certa però che oggi l’aderenza ad una vita improntata al tecnoconsumismo sia meno ideologica, credo piuttosto si tratti di una forma di ideologia completamente interiorizzata fino a diventare forse una forma di paradossale e antinomica vita religiosa che ingeneri l’illusione di non avere bisogno di relazioni comunitarie ma piuttosto di soddisfazioni individuali che rischiano anch’esse di degenerare in forme terroristiche, non più però il terrore di alcuni contro altri, piuttosto quello della solitudine, il terrore di ognuno/a contro se stesso/a. Non sto demonizzando il presente anche perché non ho nessuna nostalgia del passato e sono ottimista rispetto al futuro, ma credo che sia importante parlare dell’ideologia come di qualcosa che non vada demonizzata né esaltata, e che vada piuttosto considerata come un habitus che si è trasformato e si trasformerà ancora.

 A questo proposito da poco ho letto il piccolo saggio di Giovanna Melandri “Come ripartire” e l’autrice parla di economia d’impatto, di cui non sapevo niente e che invito i lettori ad approfondire, perché vi si scoprirà la possibilità di una redenzione che non riguarda solo il singolo o il capitale, bensì l’intero modo di misurare il valore trattandosi di un modello economico non più estrattivo ma generativo che misura non solo i profitti ma insieme anche l’impatto (positivo e negativo) che quei profitti impongono, nella verità radicale e non solo nella pigra e comoda illusione di un guadagno immediato che nel lungo periodo si rivela tossico. La redenzione ha implicazioni vaste e tentacolari e passa per l’assunzione della responsabilità nei confronti dell’altro/a che sia un uomo, una donna, una comunità o un intero pianeta e offre la possibilità di concepire una comunità globale con un fine ultimo comune come quello appunto di salvare questo pianeta che come dice Bertolt Brecht «È il nostro solo rifugio, e questo è fatto così».

FOROF, Silvia Giambrone, Reading L’INCONTRO

Nelle tue letture è stata messa in evidenza un’idea estremamente importante legata al concetto della “simmetria della violenza”. I protagonisti della lotta armata, intendendo contrastare la violenza a loro avviso legata alle azioni dello Stato, si sono incanalati in un percorso nel quale parte fondante ha avuto proprio la violenza stessa, creando una conseguente, illogica specularità di sistemi.

Il riconosciuto fallimento del programma ideologico e politico da parte di molti esponenti di gruppi terroristici ritieni possa realmente rivestire un ruolo centrale all’interno della cosiddetta “giustizia riparativa”?

Silvia Giambrone: Non sono sicura che la violenza nella sua simmetria fosse illogica, piuttosto che fosse esattamente, esclusivamente logica e la logica, sulle questioni che riguardano il potere e le relazioni è inevitabilmente insufficiente. È la lezione radicale di Carla Lonzi, quella che supera il dualismo dialettico in funzione di una differenza che sveli anche i più sofisticati e sottili meccanismi di potere interni alle relazioni, dalle più semplici, ammesso che esistano relazioni semplici, alle più complesse, intendendo per più complesse quelle che prevedono una scacchiera più ampia e quindi con un maggior numero di agenti. Credo che la giustizia riparativa riconosca a livello paradigmatico qualcosa di essenziale che tendiamo a dimenticare, che è accettabile solo con grande fatica e grande sacrificio e che tuttavia è urgente comprendere, oggi più che mai in una società globale nella quale le tensioni si moltiplicano, ovvero che anche chi ferisce viene ferito dalla ferita che lui/lei stesso/a infligge. Diceva Elias Canetti: è un miracolo che il mondo non si sia ancora completamente annientato.

Se questo non è accaduto è perché, come direbbe Girard, Satana scaccia Satana, e perché colui che commette la violenza, proprio nel momento in cui la esercita, rinuncia alla propria umanità e quindi alla propria pace e con essa alla propria vita. Simone Weil parla del sollecitare il bene in chi commette il male nel saggio “La persona e il sacro” e affronta la questione del castigo come possibilità di risollecitare in chi commette il male la domanda primaria e innocente che affligge anche chi ha soltanto ricevuto il male: perché mi viene fatto del male?

La giustizia riparativa, nel distinguere chi è riuscito a ritrovare dentro di sé questa domanda fondamentale da chi non lo ha fatto e nel mettere a confronto chi ha inflitto una ferita e chi la ha subita, offre una prospettiva di pace. La pace, come tante altre condizioni è contagiosa e come tutti i fenomeni di contagio può diventare ‘cultura’, perché questo avvenga è innanzitutto necessario l’incontro.

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