10 marzo 2006

Forza Ottocento

 
Sabato 11 marzo a Milano riapre la Galleria d’arte moderna. Tra l’epopea proletaria di Pellizza da Volpedo, gli stucchi ritrovati, le nobildonne di Hayez. Finalmente una sistematizzazione e una giusta valorizzazione per un terreno per alcuni versi ancora vergine. Una festa della bellezza con antiquari, galleristi e musei. Fasti e riscoperte. Perché l’Ottocento non è solo quello francese...

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Prima di tutto occorre celebrare il ritorno dell’Ebe del Canova, che volando sul piedistallo, ha recuperato la sua bianca bellezza dopo la bomba che nel 1993 colpì il PAC con effetti disastrosi (per intenderci l’evento da cui Cattelan ha preso i calcinacci per Lullaby Paris). Tra i ritrovati colori pastello delle sale,i meravigliosi stucchi in stile impero e i nuovi acquisti dei cartoni di Andrea Appiani, finalmente la città di Milano vede realizzarsi almeno uno dei grandi progetti per il riallineamento della sua proposta museale: il Museo dell’Ottocento.
Dopo anni di restauro -e di orari di apertura praticamente impossibili- apre al pubblico Villa Belgiojoso Bonaparte, quella che fino a pochi anni fa era Villa Reale, sede della Galleria d’arte moderna cittadina, uno dei musei più ricchi e importanti della penisola. Il nuovo allestimento lascia a bocca aperta: un percorso non forzatamente cronologico che talvolta accosta arditamente opere prodotte a quasi 50 anni di distanza. Ma se il contrasto sconcerta, va dritto al cuore.
Buona la resa della splendida infilata di sculture di Medardo Rosso, ma anche la piccola e intima camera dedicata al Piccio: una sorprendente religiosità che vibra e sfuma oltre il reale. A parte le aree destinate ai nostrani divisionisti con il celebrato Quarto Stato di Pellizza da Volpedo e le magie rarefatte di Segantini e Previati, merita attenzione lo splendido Gli ultimi giorni di Morbelli. Ma non è tutto: la struttura è davvero ampiamente corazzata: al terzo piano permane la collezione Grassi nella veste voluta da Ignazio Gardella nel 1956, dove per gli irriducibili dell’impressionismo si offrono un’assortita serie di Toulouse-Lautrec, un Van Gogh, un Gaugin, ma anche splendidi lavori di Fattori, Lega, De Nittis e Boldini. Ce n’è abbastanza da soddisfare anche i più incontentabili.
Giovanni Segantini, Le due madri,1889
Sembra insomma che ci siano le basi per porre fine all’arrogante dominio francese in tema di Ottocento; pare finalmente possibile immaginare un’arte italiana cui venga restituita la giusta dignità. L’occasione è ghiotta e da più parti vi è grande attesa: molti hanno intravisto in questa nuova istituzione la possibilità di sbloccare un settore che è rimasto per molti versi troppo a lungo stagnante. Il mercato artistico dell’Ottocento pecca infatti da un lato dell’assenza di un collezionismo giovane in grado di rinnovare le esigenze del settore, e dall’altro, in maniera ancora più grave, dell’assenza di attenzione critica di livello: pochi i cataloghi ragionati, pochi i nomi studiati, pochi gli italiani conosciuti fuori dalla penisola. Davvero stranamente però, a questo disinteresse di critica e di mercato fa da contrappeso una grande attenzione da parte del pubblico, che richiamato a suon di impressionismi affolla le mostre. La necessità di un occhio critico istituzionale che si faccia garante in Italia come all’estero del nostro Ottocento è stato finora sostenuta in maniera meritoria, ma discontinua, da alcune mostre sparse per la penisola, ma questo non era sufficiente. Pressato dalle goldiniane mostre bresciane, sintomo comunque anch’esse di un ritrovato interesse verso il periodo, il nostro Ottocento va appiattendosi su linee francofile, che benché lecite non gli rendono appieno giustizia.
In questo senso la città può porsi come punto d’osservazione privilegiato. Da un lato imperi, barricate e industrie sono passati e spesso nati in questa città, facendola divenire per tutto il secolo XIX uno dei motori propulsivi d’Europa dal punto di vista culturale, dall’altro le corpose collezioni private e le ricche raccolte pubbliche aspettano ancora di venire alla luce.
Innocenzo Fraccaroli, Achille ferito, 1842
L’impegno richiesto è collettivo. Particolarmente interessante appare la proposta di alcuni galleristi specializzati in oggetti d’arte dell’epoca e antiquari, che per l’occasione esporranno i loro pezzi più belli nelle vetrine, in modo da creare un itinerario cittadino.
In questo clima da patriottismo risorgimentale non resta che incrociare le dita.

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alberto osenga


Villa Belgiojoso Bonaparte | Museo dell’Ottocento
Via Palestro 16 (MM1 Palestro) – 20121 Milano
Info: tel. 0276340809 – fax +39 0277809761
http://www.villabelgiojosobonaparte.it
Apertura al pubblico: sabato 11 marzo 2006 dalle 9h30-24h00
Dal 12 marzo in poi:9h30-13h00;14h30-17h30 chiuso il lunedì
Ingresso gratuito


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