14 luglio 2021

Quando la pop culture incontra la filosofia: intervista a Giada Biaggi

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Philosophy and the City ha portato una ventata di novità nel panorama della comicità italiana. Giada Biaggi, l'autrice, si racconta in questa intervista

Giada Biaggi

Abbiamo incontrato Giada Biaggi in occasione di un’open mic al BASE di Milano e abbiamo parlato con lei di molte cose. La stand up comedy, infatti, è solo uno dei tanti progetti a cui Biaggi sta lavorando. Giada Biaggi è una podcast host, giornalista e autrice che ha scalato la classifica dei podcast italiani su Spotify con “Philosophy and the City“, un podcast diverso, tranchant ed estremamente brillante, che porta sul tavolo un aspetto della filosofia ancora inesplorato, almeno in Italia. Giada è in grado di costruire immaginari fuori dagli schemi aprendo le porte a una creatività libera e umoristica che mancava del tutto nel panorama nostrano.

“Philosophy and the city”, il podcast ideato da te, è un progetto diverso. Da cosa è nato? 

Questo progetto è stato una sintesi dialettica alla Hegel della mia vita; volevo dar vita a un qualcosa che fosse intellettuale, divertente e erotico al contempo. Per me realizzarlo è stato una grande seduta di psicoanalisi per fare un po’ il punto su me stessa – viviamo in tempi troppo omologati e sentivo l’urgenza di fare un qualcosa di hype in ambito culturale. Sentivo che avevo qualcosa da dire, che in Italia non era stato ancora lessicalizzato; che la mia vita se pur da bianca, borghese e privilegiata poteva essere utile a qualcun*; con il mio podcast Philosophy & The City voglio dire soprattutto alle donne che non c’è contraddizione tra spendere 200 Euro dal parrucchiere al mese e leggere Heidegger mentre aspetti che i tuoi capelli si decolorino, tra ascoltare una canzone di Paris Hilton e avere al contempo come idolo Virginia Woolf – che non c’è femminismo che non contempli la complessità più sottile, oltre alla diversità apparente. Philosophy & the City rispecchia al 100% il mio immaginario sospeso tra musica Indie, velleità da Lolita, filosofia, cinema d’Essai e substrato pop-queer.

Il concept del tuo podcast nasce anche dalla tua passione per la filosofia. Cos’hai studiato e come ti sei avvicinata al mondo della scrittura? 

Per gran parte della mia vita, almeno fino ai 25 anni, ho pensato che ci fosse una dicotomia tra l’essere bionda e l’essere intelligente – forse perché da teenager facevo la modella, mentre imperava il berlusconismo. Mi sono laureata con 110 e lode in filosofia, ho fatto (addirittura) un dottorato; ma sentivo che per la società c’era un qualcosa di sbagliato se associato a un aspetto mediaticamente considerato da frivola. Fin da subito ho iniziato a ironizzare su questo aspetto della mia vita con le mie amiche e i miei amici, ma il tutto generava in me un malsano senso di colpa, invece che sdrammatizzare la questione. Stand-up comedian americane quali Katherine Ryan e Catherine Cohen, serie tv come Fleabag e svariate sedute di psicoterapia mi hanno aperto con il tempo a un nuovo tipo di narrazione del mio Io, a oggi rivelatosi salvifico.

Quali podcast consigli a chi ancora non ne ascolta? Quali sono i tuoi preferiti?

Tra quegli italiani consiglio “Nuda e Cruda” di Giada Arena e “Troie Radicali” di Tea Hacic; mentre tra quelli stranieri “My Dad Wrote a Porno”  – un podcast britannico ospitato da Jamie Morton, James Cooper e Alice Levine. Ogni episodio presenta Morton che legge un nuovo capitolo di un romanzo erotico amatoriale, intitolato “Belinda Blinked”, scritto da suo padre da giovane con uno pseudonimo; spero che un giorno in Italia raggiungeremo vette di ironia così sottili e che smetteremo di ridere per le differenze Milano / Roma perché come diceva Nanni Moretti: Non siamo (più) in un film di Alberto Sordi! Purtroppo Spotify Italia sta investendo per i suoi originali su progetti cheap a livello di contenuto in base ai follower degli host e non la qualità di ciò che hanno da dire; non accorgendosi della rivoluzione (femminista) che sta attraversando il mondo dell’audio e della contro-cultura di genere italiana.

 

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Trovi che il format del podcast si adatti alle esigenze del lettore/ascoltatore del futuro? Cosa ne pensi? 

Sì, penso che il mondo dell’audio sia immersivo e funzioni. Mi sembra un bel modo per tornare al contenuto. Il sistema dei media è in continuo divenire; vedremo, credo che la cosa più importante però, almeno per me, sia avere una visione autoriale del mondo – che diventi un libro, una canzone, una serie tv… poco importa alla fine! 

Passando dalla storia di Miuccia Prada fino alla tua passione per Lana del Rey, Philosophy and the City spazia su molti aspetti dell’ambito culturale contemporaneo. Tu scrivi di moda e di arte – ma anche di molto altro. Come riesci a conciliare queste due dimensioni?

Si; adesso sto progressivamente lasciando il giornalismo per dedicarmi solo alla fiction o cose più specificatamente autoriali. Più che una fashionista; mi definisco un’esteta – anche la mia stessa comicità lo è molto; adoro dare vita a immaginari complessi e la scrittura è il mezzo più veloce per farlo. E quello a me più congeniale 

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Ho scritto un libro che uscirà questo inverno e sto lavorando a una serie TV; sognando in grande vorrei essere la Phoebe Waller-Bridge italiana e portare anche qui una comicità femminista, estetica e engagé!

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