23 dicembre 2020

“Il festival che non ci sarà”: la raccolta fondi di Zero e Hearts & Science

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Attraverso la vendita dei biglietti "Il festival che non ci sarà" raccoglie fondi per sostenere artisti e altri festival e invita a riflettere sul destino dell'arte oggi. Andrea Amichetti, ideatore e direttore artistico, ci ha spiegato il progetto

© Il festival che non ci sarà, 2020

C’è tempo fino al 31 per acquistare i biglietti de Il festival che non ci sarà (per un pubblico che non ci andrà, la cui data di “non-svolgimento” è il fantomatico 32 dicembre 2020, da mezzanotte alle sei del mattino.

Si tratta di un’iniziativa ideata e curata da Zero e Hearts & Science per «rappresentare le diverse realtà che compongono il multiforme mondo dell’arte, che oggi esistono – o meglio resistono – nelle principali città italiane e che si trovano tutte in uno stato di profonda difficoltà» ha spiegato l’organizzazione. «Accanto alla componente solidaristica e di sensibilizzazione, inoltre, “Il festival che non ci sarà” vuole invitare a riflettere sui destini verosimili dell’arte oggi».

Il pubblico potrà acquistare i biglietti del festival, a 10 euro, e sostenere le realtà partecipanti: «I biglietti acquistabili saranno sia digitali che fisici: quello cartaceo sarà un biglietto d’artista in edizione limitata e arriverà a casa ai primi 500 acquirenti, coerentemente con un’ipotetica capienza fisica massima della location dove non si terrà l’evento, in una logica del sold-out contemporanea e anti-storica – la cui esistenza parallela ed effimera è atta a sensibilizzare all’urgenza e alla necessità del ritorno a un consumo fisico delle arti», ha proseguito l’organizzazione.

Fronte del biglietto del festival © Il festival che non ci sarà, 2020

“Il festival che non ci sarà”: il progetto

«Nato dall’intenzione di dare uno spazio simbolico a gran parte di quelle realtà, associazioni e artist* che dall’inizio della pandemia non è più stato possibile vedere all’opera o è stato possibile goderne ma solo in maniera virtuale, il festival percorre tutte le manifestazioni artistiche e creative, dalla musica al cinema, passando per le arti figurative e la performance. L’appuntamento vuole essere corale e rappresentare le diverse realtà che compongono il multiforme mondo dell’arte, che oggi esistono – o meglio resistono – nelle principali città italiane e che si trovano tutte in uno stato di profonda difficoltà», si legge nel comunicato stampa».

Tra i festival e gli artisti partecipanti troviamo MiaMi, Milano Film Festival, Attraversamenti Multipli, Crack Festival, Electropark, Express Festival, Frac, Funzilla Fest, Gaeta Jazz, Handmade, Here I Stay, Indierocket, JazzMi, Linececk, Live Arts Week, Live Cinema Festival, LOST, Manifesto, More Festival, No Glucose, Novara jazz, Nu, Oltre Festival, Ombre Lunghe, Open House Roma, Polifonic, Rome Psych Fest, Santarcangelo Festival, Seeyousound, Short Theatre, Sprint, FOG, JazzMi, Linecheck, Seeyousound.

Come acquistare i biglietti e supportare l’iniziativa

«I fondi solidali proverranno dalla vendita dei biglietti d’artista, acquistabili su EventBrite al prezzo unitario di 10 euro. Il ricavato, al netto delle spese, sarà equamente distribuito a festival, enti e associazioni partecipanti. I biglietti – in vendita sulla piattaforma EventBrite e sul sito dedicato zero.eu/it/il-festival-che-non-ci-sara/ fino al 31 dicembre – saranno, per lo spettatore, l’unica traccia fisica del festival, con la doppia valenza di memoria di un passato prossimo condiviso con il mondo intero e di augurio di tornare al più presto a una rinnovata normalità».

Intervista ad Andrea Amichetti, ideatore e direttore artistico de “Il Festival che non ci sarà”

Come sono nati la collaborazione tra Zero e Hearts & Science e l’idea del “festival che non c’è”?

«Si tratta di una collaborazione nata in maniera spontanea; dalla necessità di fare qualcosa che avesse sia un impatto commerciale che editoriale su questo 2020 in città. Hearts & Science, e la collaborazione con molti partner media insieme a noi, ha permesso di dar vita alla campagna di cartellonistica LED che avete vista sparsa per Milano e Zero ha fornito il cóte editoriale e concettuale a questa iniziativa – che come una luce alla fine del tunnel vuole (ri)svegliare il perimetro urbano e i suoi abitanti un po’ assopiti». 

© Il festival che non ci sarà, 2020

 

Come avete selezionato i festival invitati a “partecipare” all’iniziativa e tra cui andranno distribuiti i fondi raccolti?

«Zero, il giornale che ho fondato ormai quasi 25 anni fa, ha da sempre un rapporto capillare con il mondo dei festival sia in veste di pubblico (sì, ci piace ballare) che in veste di media-partner. Più che una door selection nei confronti dei festival, si è trattato di una volontà quasi emotiva di voler radunare i nostri amici e di dividere con loro i proventi della vendita di questo Festival, dandogli visibilità e un concreto sostegno economico in questo momento di difficoltà».

© Il festival che non ci sarà, 2020
Quale sarà il ruolo del “pubblico che non ci andrà” e che cosa potrà vedere “concretamente”?

«Il pubblico che non ci andrà si configura come “l’originale assente”; in una sorta di paradosso il suo ruolo sarà proprio quello di non venire: del resto quando gli ricapita? Scherzi a parte il ruolo del pubblico è quello di fare un’operazione di beneficienza en travesti e di fare una protesta silenziosa. E concretamente non potrà vedere nulla; che poi vabbè secondo i filosofi il nulla è sempre qualcosa – ma questa è un’altra questione (ride)».

 

© Il festival che non ci sarà, 2020
Nel comunicato stampa si legge che “il festival che non ci sarà” vuole “invitare a riflettere sui destini verosimili dell’arte oggi”. Quale è il vostro punto di vista?

«Da osservatori privilegiati quali siamo con il nostro giornale posso dire che tra i futuri verosimili del sistema ci sono l’arte pubblica, il rapporto con le comunità di produzione locali e lo sviluppo dello streaming; entrambi sono palliativi – ma credo che nel 2021 bisognerà pensare a questi due nuovi pilastri in maniera meno emergenziale e più progettuale».

© Il festival che non ci sarà, 2020

 

 

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