17 luglio 2021

Omaggio ad Angelica Savinio, al Palazzo delle Esposizioni di Roma

di

Tra parole e ricordi, al Palazzo delle Esposizioni di Roma si ripercorre la storia personale e professionale di Angelica Savinio, grande gallerista romana, recentemente scomparsa

Angelica Savinio Palazzo Esposizioni
Angelica Savinio alla mostra “American Supermarket”, Galleria Il Segno, Roma marzo 1965, Foto Alfio di Bella - Archivio Galleria Il Segno, Roma

È un’impresa che appare titanica, quella messa in cantiere dall’Azienda Speciale Palaexpo con la collaborazione di Fondazione Quadriennale di Roma: un progetto di ricerca titolato “Mostre a Roma 1970-1989”, curato da Daniela Lancioni. Consiste nella ricerca dei dati e dei documenti relativi alle mostre che si sono tenute a Roma nell’arco degli anni Settanta e Ottanta, messi a disposizione sul sito del Palazzo delle Esposizioni, a titolo gratuito per studiosi, studenti e amatori. Il primo a essere completato, grazie alla donazione dell’archivio da parte delle eredi, è proprio quello della gallerista Angelica Savinio, recentemente scomparsa (marzo 2020).

Angelica Savinio, il Segno, l’arte: le voci al Palazzo delle Esposizioni

Così, la giornata del 7 luglio, è stata l’occasione per dar vita a una doppia iniziativa: inaugurare la messa on line del progetto che, col tempo, andrà sempre più perfezionandosi; omaggiare Angelica Savinio. Attraverso le parole della stessa Angelica, ritrovate tra gli innumerevoli fogli all’indomani della sua morte, nonché delle stesse figlie, è stata data lettura delle calorose testimonianze profuse da un fitto gruppo di persone che, nel corso dei decenni, a vario titolo hanno avuto contatti con lei. Non solo artisti, critici, storici dell’arte, scrittori, ma anche amiche, più o meno di vecchia data, conoscenti, nipoti e, soprattutto loro, le figlie, Enrica e Francesca. A dar voce a questa intima carrellata di teneri ricordi, sono stati gli attori Milly Cultrera e Filippo Tirabassi, accompagnati dalle improvvisazioni musicali di Luca Chiaraluce.

Testimonianze che hanno, quindi, tracciato un ritratto non solo pubblico e professionale, ma anche intimo e privato, di una delle protagoniste, per un lungo arco di tempo, del panorama artistico-culturale di Roma. Nel 2014 aveva, infatti, festeggiato i 50 anni di attività della sua galleria Il Segno, fondata nel 1957 da Carla Panicali e da Bruno Herlitzka e da lei guidata dal 1964 a via di Capo le Case 4. E, sempre nello stesso anno, c’è stato il passaggio di testimone della guida “mirabile” – come la stessa Angelica affermava in un suo scritto – della galleria nelle mani di Francesca Antonini. Da qui, anche la nuova denominazione dello spazio espositivo: non più Il Segno, bensì Galleria Francesca Antonini.

Gli inizi furono avvertiti da Angelica Savinio come «Una forzatura – come scritto dalla stessa Angelica – quasi imposta dai proprietari della galleria Marlborough di Roma [appunto Il Segno], che avevano deciso di dedicarsi esclusivamente alla galleria internazionale italo-americana Marlborough». E, seppure i primi anni furono difficilissimi, l’aiuto di molti artisti, amici pittori, come Piero Dorazio (col quale inaugurò la sua prima mostra), Achille Perilli, Toti Scialoja, Gastone Novelli, Ninì Santoro e il fratello Ruggero Savinio, che misero a disposizione le loro opere, per le mostre della galleria, contribuì a costruire quello che sarebbe stato il suo lavoro per 50 anni. Anni che hanno visto susseguirsi le mostre di Giuseppe Capogrossi, Alberto Burri, Giulio Turcato, Fausto Melotti, Osvaldo Licini, Jean Dubuffet, Hans Richter, Max Ernst, solo per citare alcuni artisti che sono passati per Il Segno (tutti elencati nell’originale mostra “50 ANNI DELLA GALLERIA IL SEGNO”, 2014).

Un dado di zucchero…

Così, attraverso queste brevi narrazioni, molte acquedottistiche, lentamente è costruito il profilo di una donna che si recava in galleria con la bicicletta, passando prima dal tipografo per delineare gli ultimi ritocchi a un catalogo di mostra, in compagnia del suo cane; con un sempre pronto ampio sorriso; nonna premurosa, che amava trascorrere i mesi estivi nella casa del padre Alberto Savinio, da lui stesso descritta come «Un dado di zucchero…la mia sposa bianca …a un solo piano posata per terra come un granchio bianco sulla sabbia», la casa Poveromo – Versilia, Toscana su progetto di Enrico Galassi (Ravenna, 1907 – Pisa, 1980), che ha pensato la casa nel rispetto della natura circostante, con una forma aperta e continua che si inserisce nello spazio del bosco. Casa dove si svolgeva l’atteso ricevimento estivo e dove tutti sapevano di trovarla, nel primo pomeriggio, seduta al centro della terrazza. Una donna ben attenta alla formalità, intesa come civile convivere, e all’etichetta: guai ad avere i gomiti sul tavolo durante i pasti. Ma pronta a mettersi in gioco, nascondendo della carne immangiabile all’interno di un tovagliolo.

Elencare tutti coloro che attraverso i personali ricordi hanno tracciato il suo profilo, da Gregorio Botta a Alessandra Giovannoni, da Luisa Laureati Briganti a Luisa Trucchi, e così via, sarebbe lungo e noioso, ma è stata di sicuro impatto, anche emotivo, la chiusura lasciata al racconto di Ester Coen e alla mostra, recentemente conclusasi, di Alberto Savinio al Palazzo Altemps, che non ha potuto vedere, ma di cui sarebbe stata sicuramente orgogliosa. Nonché il sincero saluto delle figlie Enrica e Francesca.

A ricordare Angelica Savinio le testimonianze di: Enrica e Francesca Antonini, Giuseppe Appella, Margherita Belardetti, Silvia Bignardi Angelotti, Umberto Bignardi, Gregorio Botta, Emanuela Canali, Silvia Carandini, Nicoletta Cardano, Giorgio Chierici, Giovanna De Feo, Massimo Di Carlo, Alessandra Giovannoni, Luisa Laureati Briganti, Gloria Manghetti, Maurizio Pierfranceschi, Ludovico Pratesi, Marina Premoli, Ruggero Savinio, Nicola Selva Bonino, Alessandro Tinterri, Nina Tirabassi, Lorenza Trucchi.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui