21 giugno 2021

‘Rincontrarsi a Venezia’, il progetto inaugurale di Spazio Berlendis

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Ha inaugurato sabato 5 giugno il nuovo spazio espositivo a Venezia, commissionato da Emanuela Fadalti e Matilde Cadenti, titolari della galleria Marignana Arte

Lo Spazio Berlendis dall'esterno, Venezia, ph Silvia Longhi

Nasce a Venezia, nel sestiere di Cannaregio, Spazio Berlendis, nuovo fulcro per le arti nella scena culturale della città lagunare. L’accurato intervento di recupero dell’antica falegnameria dello Squero Fassi, uno degli squeri più antichi di Venezia, è stato avviato nel 2019 con lo scopo di dare nuova vita a un luogo storico della città e creare uno spazio di cui la città era mancante. Infatti, il restauro, nel rispetto della struttura, conferisce al luogo una forte matrice contemporanea: lo spazio è dotato di caratteristiche tecnico-impiantistiche e un’ampia superficie espositiva che lo rendono un caso unico nel panorama veneziano. Il  coraggioso progetto lancia un chiaro segnale di ripresa nel particolare momento storico che stiamo vivendo, offrendo un luogo dove ci si può “rincontrare” con gli altri, attraverso l’arte in tutte le sue molteplici forme d’espressione.

Rincontrarsi a Venezia, Installation view, 2021, Spazio Berlendis, Venezia, ph Silvia Longhi

In concomitanza con la Biennale di Architettura e le celebrazioni per i 1600 anni dalla fondazione della città, le curatrici Emanuela Fadalti e Matilde Cadenti hanno inaugurato lo spazio con una mostra dal titolo “Rincontrarsi a Venezia”, a sottolineare l’impegno nei confronti della città, da sempre luogo di incontro tra diverse culture. Il primo incontro è dunque quello con le otto gallerie veneziane (Alberta Pane, Beatrice Burati Anderson Art Space & Gallery, Caterina Tognon, La Galleria di Dorothea Van der Koelen, Ikona, Marignana Arte, Galleria Michela Rizzo, Victoria Miro) che hanno accolto l’invito a collaborare all’esposizione, presentando ognuna un artista di fama internazionale che utilizza diverse forme espressive: Francesco Candeloro, Maurizio Donzelli, Maurizio Pellegrin, Fabrizio Plessi, Ferdinando Scianna, João Vilhena, Francesca Woodman, Toots Zynsky. 

Rincontrarsi a Venezia, Installation view, 2021, Spazio Berlendis, Venezia, ph Silvia Longhi

Nel testo che accompagna la mostra, il filosofo Jonathan Molinari rintraccia il filo che lega le opere in mostra, gli artisti, questo luogo e questo tempo nel tema del ritorno dell’opera di Monteverdi Il Ritorno di Ulisse composta proprio a Venezia nel 1640. «Quello di Ulisse con Telemaco – scrive – è uno dei rincontri più belli e commoventi della storia della letteratura mondiale. Ad animarlo è questa forza dell’impossibilità che si realizza. Si confida e spera che l’impossibile si realizzi, che ritrovarsi sia possibile, pur sapendo che nel fondo del rincontro agisce una dialettica tragica e spietata: quella tra il tempo e la sorte». Le opere in mostra, dunque, propongono riflessioni diverse sul tema del ritorno e del rincontro: dalla serie Splash di Fabrizio Plessi, in cui l’acqua fa da protagonista come flusso di vita e memoria all’opera di Maurizio Pellegrin, in cui l’artista ridispone e riorganizza oggetti che si rincontrano con un nuovo significato, ad ancora le opere di Zynsky, in cui l’artista stessa manipola la materia nel divenire del tempo. Le fotografie di Scianna, invece, eternizzano il tempo ed è l’osservatore, sempre in trasformazione, a incontrare un’immagine fissa; nella serie Mirrors di Donzelli la relazione tra opera e spettatore assume un ruolo centrale, in quanto il fruitore rincontra la propria immagine nello specchio e, osservandola, trasforma la realtà. Sullo stesso tema riflette anche Candeloro: la sua opera ci ricorda come l’incontro è sempre una reintepretazione di ciò che il singolo ha davanti, ma anche come, in un’epoca in cui le relazioni sono sempre più frammentate, l’arte permette di connettersi con l’altro. Infine, un’ultima tematica legata all’incontro è quella del corpo, elemento attraverso cui passa il desiderio, condizione necessaria per il rincontro. Lo si nota nelle opere di Joao Vilhena L’amour des corps, in cui dai corpi rappresentati scaturisce la tensione e il desiderio dell’incontro, creando nell’osservatore uno stato di tensione; infine nei Self-deceit 2/5//7 e in Caryatid di Francesca Woodman, il corpo è il luogo d’incontro con  la propria natura e l’ambiente che li circonda.

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