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tenta di decifrare l’opera di João Louro (Lisbona, 1963). Mentre si osserva la profonda
oscurità del colore deposto uniformemente sulla tela e chiuso sotto una lastra
di plexiglas, si è invitati a leggere i testi stampati nella fascia inferiore
del dipinto.
La percezione è quella di essersi imbattuti nelle didascalie
illustrative delle immagini ma, al di fuori di quella riflessa, non ve n’è
alcun’altra. Quando poi si realizza che i passi riportati sono i dialoghi tra
Dolmancé e Eugènie tratti dalla Philosophie dans le boudoir ou Les
instituteurs immoraux
del marchese de Sade, l’effetto di straniazione è totale. Questa sensazione
rappresenta la modalità di coinvolgimento che Louro persegue attraverso le sue
operazioni di rielaborazione visiva.
Il carattere e la forma di questi lavori è determinato
proprio dalla presenza della parola che, in questo caso, a dispetto di un’ordinaria
funzione di semplificazione nell’interpretazione del significato, crea uno
smarrimento, rimandando ad altri e inattesi significati.
La forza espressiva delle parole sembra essere
determinante nella contrapposizione con l’omogeneità del gesto pittorico e il
disorientamento dell’osservatore non cessa certo davanti all’altra serie in
esposizione: cinque tele di colori e dimensioni diverse, disposte secondo uno
schema coordinato. Qui il rapporto dell’osservatore con la superficie non è
interdetto dalla presenza della lastra in plexiglas, e la superficie della tela
appare nuda e segnata dall’azione ripetitiva del pennello secondo direzioni
uniformi, orizzontali o verticali.
A quest’impianto grafico della disposizione si contrappone
di nuovo il testo, che qui diviene strettamente didascalico. Non più trattata
come parte integrante della tela, la descrizione trova posto in un cartello
separato su cui campeggia il titolo della serie, ripreso esattamente dalla più
diffusa impostazione editoriale delle didascalie: Clockwise from above.
Di nuovo, però, il testo si fa duro, come un pugno in
faccia per l’osservatore, che si trova a leggere crudeli descrizioni che paiono
tratte dalla più cinica delle cronache nere. Il lavoro dell’artista prende
infatti spunto dall’interpretazione del reale che, rivisitato attraverso
un’angolazione critica, si fa arte concettuale, esperienza visiva, citazione
letteraria.
Elementi metabolizzati da Louro anche attraverso la sua
formazione, prima in architettura all’Università di Lisbona e poi nella ricerca
pittorica all’Istituto de Arte Visuiais Ar.Co. Un coacervo d’insegnamenti che
lo ha spinto a dedicarsi alle più diverse forme di espressione visiva –
pittura, scultura, fotografia, video – e che lo ha visto protagonista di
esposizioni in vari musei portoghesi.
Louro alla Nuova Pesa
Louro alla 51. Biennale di Venezia
alessandro iazeolla
mostra visitata il 18 giugno 2010
dal 27 maggio al 10 ottobre 2010
João Louro –
My Dark Places
a cura di Luca Massimo Barbero
MACRo – Museo d’Arte Contemporanea di Roma
Via Reggio
Emilia, 54 (zona Nomentana-Porta Pia) – 00198 Roma
Orario: da
martedì a domenica ore 10-19
Ingresso:
intero € 4,50; ridotto € 3,50
Catalogo
Electa
Info: tel. +39 06671070400; fax +39 068554090; info@incontriinternazionalidarte.it; www.macro.roma.museum
[exibart]
mostre ed eventi

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Fax: 06/89280543
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