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03
aprile 2009
fino al 24.V.2009 L’arte della pubblicità Roma, Villa Torlonia
roma
’20-’40: anni fervidi per le grandi avanguardie, con cubismo, metafisica, razionalismi di matrice tedesca e futurismo. I manifesti pubblicitari dell’epoca pescano da tutto questo. Facendo proprio un linguaggio e un immaginario fatti d’irriverenza, ironia, giochi formali e linguistici...
Cartellonisti come Federico Seneca traggono dal Futurismo il tono giocoso, le scritte dalle prospettive ardite, le linee sinuose ed essenziali, che danno luogo a quelle che Leo Longanesi descrive come “oscene capocchie di fiammifero”. Sono gli omini della pastina glutinata Buitoni: su sfondi neri adimensionali campeggia la testa liscia e stilizzata di un neonato, o un cuoco impettito e leggiadro, gonfio e arioso come un palloncino all’elio.
“Dobbiamo violentemente costringere il pubblico a fermarsi agli angoli delle strade in contemplazione di un avviso murale irresistibile”: così enuncia Fortunato Depero nel Manifesto dell’Arte Pubblicitaria Futurista del 1931, senza mezzi termini e con toni forti, alla Marinetti, che ricordano il Manifesto del 1909. Il tutto animato da una moderna consapevolezza: quella dell’avvento del mercato di massa, della necessità di spingere il prodotto oltre il materiale e di far leva sull’immagine che da esso si sprigiona, per sorprendere e far breccia nei passanti. Ma, ancor più, la consapevolezza della necessità di guadagnare nuovi spazi all’arte; e perché non le strade e i muri sotto gli occhi di tutti?
Per continuare ad aver spazio e visibilità, gli artisti comprendono di dover scendere dal piedistallo e degnarsi di progettare il cartellone di un amaro o l’insegna di un negozio. Ci aveva già pensato il Liberty con il suo decorativismo; gli artisti italiani degli anni ’20-’40 ci mettono in più l’ironia, la sagacia, la sperimentazione.
Sempre in linea con l’immaginario futurista, con i miti del movimento e della velocità affermatisi in quegli anni, ispirati dall’innovazione tecnologica e da un sentore di guerra, artisti come Ratalanga, Seneca, Dudovich, Di Lazzaro, Martinati si dedicano ai manifesti di corse automobilistiche, di crociere aeree e di traversate transoceaniche; altri alla carta preferiscono il metallo, con esiti quali la lineare e affilata Vittoria dell’Aria.
La dominante cartellonistica non preclude la presenza della scultura. Si ha dunque la possibilità di vedere in mostra bronzi come la Ballerina Volante di Thayat che, come un modernissimo mercurio, taglia il vento, surfando su un guscio di tartaruga. Dello stesso autore è anche l’essenziale Vir o Dux, che condivide la fonte d’ispirazione con il celebre Profilo continuo di Renato Bertelli. Troviamo pure un giovane Lucio Fontana, non ancora tagliatore di tele, ma che già sembra accennare agli sviluppi futuri con il limpidissimo manifesto Italia Consulich: un lucido fondo nero graficamente squarciato dal segno netto di una nave stilizzata.
Dai manifesti spiccano marchi tuttora esistenti. E viene da domandarsi, con un po’ di straniamento, quale fosse nel 1928 la percezione di una Fiat il cui acronimo si erge come un arco di trionfo in mezzo al sole infuocato, o che come una spirale si avvita verso l’alto, spianando la strada a una lussuosa limousine.
“Dobbiamo violentemente costringere il pubblico a fermarsi agli angoli delle strade in contemplazione di un avviso murale irresistibile”: così enuncia Fortunato Depero nel Manifesto dell’Arte Pubblicitaria Futurista del 1931, senza mezzi termini e con toni forti, alla Marinetti, che ricordano il Manifesto del 1909. Il tutto animato da una moderna consapevolezza: quella dell’avvento del mercato di massa, della necessità di spingere il prodotto oltre il materiale e di far leva sull’immagine che da esso si sprigiona, per sorprendere e far breccia nei passanti. Ma, ancor più, la consapevolezza della necessità di guadagnare nuovi spazi all’arte; e perché non le strade e i muri sotto gli occhi di tutti?
Per continuare ad aver spazio e visibilità, gli artisti comprendono di dover scendere dal piedistallo e degnarsi di progettare il cartellone di un amaro o l’insegna di un negozio. Ci aveva già pensato il Liberty con il suo decorativismo; gli artisti italiani degli anni ’20-’40 ci mettono in più l’ironia, la sagacia, la sperimentazione.
Sempre in linea con l’immaginario futurista, con i miti del movimento e della velocità affermatisi in quegli anni, ispirati dall’innovazione tecnologica e da un sentore di guerra, artisti come Ratalanga, Seneca, Dudovich, Di Lazzaro, Martinati si dedicano ai manifesti di corse automobilistiche, di crociere aeree e di traversate transoceaniche; altri alla carta preferiscono il metallo, con esiti quali la lineare e affilata Vittoria dell’Aria.
La dominante cartellonistica non preclude la presenza della scultura. Si ha dunque la possibilità di vedere in mostra bronzi come la Ballerina Volante di Thayat che, come un modernissimo mercurio, taglia il vento, surfando su un guscio di tartaruga. Dello stesso autore è anche l’essenziale Vir o Dux, che condivide la fonte d’ispirazione con il celebre Profilo continuo di Renato Bertelli. Troviamo pure un giovane Lucio Fontana, non ancora tagliatore di tele, ma che già sembra accennare agli sviluppi futuri con il limpidissimo manifesto Italia Consulich: un lucido fondo nero graficamente squarciato dal segno netto di una nave stilizzata.
Dai manifesti spiccano marchi tuttora esistenti. E viene da domandarsi, con un po’ di straniamento, quale fosse nel 1928 la percezione di una Fiat il cui acronimo si erge come un arco di trionfo in mezzo al sole infuocato, o che come una spirale si avvita verso l’alto, spianando la strada a una lussuosa limousine.
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a cura di Anna Villari
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Via Nomentana, 70 (zona Porta Pia) – 00161 Roma
Orario: da martedì a domenica ore 9-19
Ingresso: intero € 9/7; ridotto € 5,50/5
Catalogo Silvana Editoriale
Info: tel. +39 060608; villeparchistorici@comune.roma.it; www.museivillatorlonia.it
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