28 settembre 2006

fino al 27.X.2006 Mario Merz / Wolfgang Laib Roma, Accademia Tedesca

 
Storia di un legame profondo. E di una mostra a due, per ricordare un amico scomparso. Solo due opere, per Merz e Laib. Per una riflessione sulle forze ineffabili, che muovono la natura e la storia…

di

Più che il consueto faccia a faccia, questa volta si tratta di un dialogo. Un incontro discreto, sul filo di un tema comune.
Ragionava intorno alla natura Mario Merz (Milano, 1925 – Milano, 2003), ragiona intorno alla natura anche Wolfgang Laib (Metzinger, 1950): entrambi partendo da incipit diversi, entrambi trovando soluzioni che non vorremmo definire né discordanti, né complementari. A vincere –su tutto– è l’accostamento silenzioso, l’andirivieni dello sguardo dall’installazione di sapore epico del primo, all’intervento delicato del secondo. Come se l’artista tedesco avesse preferito ritagliarsi una presenza minima -ma comunque significativa– per lasciare la parete migliore all’opera del collega scomparso.
Un gesto rispettoso, questo, senza retorica, piuttosto motivato da un senso di dolente, sincera nostalgia. Perché i due in effetti s’erano già incontrati e conosciuti, a Documenta, nel 1982 e in quel frangente Merz aveva accolto uno dei barattoli di polline di Laib all’interno della propria installazione. Così, è stato proprio l’artista tedesco ad indicare al curatore Ludovico Pratesi, l’amico ormai morto come compagno scelto per il consueto ciclo a due Soltanto un quadro al massimo, ospitato in Accademia Tedesca.
Nuovamente –proprio come a Kassel- Wolfgang Laib ha scelto di utilizzare il polline di nocciolo: due montagnole gemelle, alte poco più di cinque centimetri, collocate su una mensola. Un intervento misurato, intriso d’un afflato elegiaco. La natura di Laib è un mosaico di tasselli preziosi: polline come polvere d’oro, miele o latte come sublimi materie prime; c’è Mario Merz - Quando le piante invaderanno il mondo qualcosa d’ineffabile in questo procedimento di pacata addizione, qualcosa che ha tanto a che fare con l’opus alchemico (esatto nelle dosi, nelle proporzioni e nelle geometrie), quanto con un senso di sincero, indicibile, incanto.
Quando le piante invaderanno il mondo (1975) è l’opera di Mario Merz, scelta dalla figlia Beatrice per questa mostra: segno possente del maestro dell’Arte Povera, costruito sulla rigida direttrice diagonale del tubo al neon. La luce candida, fredda, rischiara la tela nera, scopre le spirali rosse, la progressione dei numeri segnati in bianco, come un’esile costruzione, su una lavagna. È quasi un crescendo, drammatico. In basso alcuni rami di edera sembrano tracciare una circonferenza, altri guadagnano spazio sul pavimento, altri ancora s’arrampicano, voraci. C’è solo bisogno di tempo, arriveranno fino in cima. E non è casuale, naturalmente, la scelta di questo sempreverde, simbolo di un attaccamento spasmodico, di un abbraccio talmente forte ed inestricabile, da rivelarsi mortale.

articoli correlati
Marisa merz e Rebecca Horn, duetto a Villa Massimo
inaugura la Fondazione Merz

mariacristina bastante
mostra vista il 20 settembre 2006


Soltanto un quadro al massimo – Mario Merz / Wolfgang Laib
a cura di Ludovico Pratesi e Joachim Blüher,
Accademia Tedesca Roma Villa Massimo, Largo di Villa Massimo 1-2 (Piazza Bologna), 00161 Roma
Lun.-Gio. ore 9.00-13.00 e 14.00-17.00, Ven. ore 9.00-13.00 – Ingresso libero – tel. 06-442593 40 / fricke@villamassimo.de


[exibart]

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui